Cane
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati nel precedente articolo abbiamo parlato di quanto i nostri cani sappiano capirci e leggerci.
Questo ha generato in me un dubbio: siamo in grado di fare qualcosa di analogo? E quando pensiamo di saperlo fare, quanto siamo anche solo lontanamente vicini alla realtà?
Nello studio di una risposta soddisfacente, come in una strana coincidenza, ho trovato nel web lo scritto di un mio maestro e collega, Attilio Miconi. Lo condivido con voi.
“Lettera di un cane:
«Cari umani perché vi ostinate di credere di poter “pensare” da cani?
Ho la necessità di comunicarvi o ricordarvi che faccio parte di un’altra specie: sono un cane.
Inoltre, come cane ho la sensazione che alcuni umani vivano la loro vita tra narcisismo e bassa autostima verso se stessi. Consapevoli di non riuscire a sapere cosa pensa un’altra persona di loro e non potendolo prevedere vivono l’eterna frustrazione di non poter controllarla da una parte o di non essere adeguati dall’altra.
Per questi due modelli umani è difficile vivere senza prevedere il comportamento che potrà assumere l’altro in una relazione o a una richiesta. Così noi cani, senza le sovrastrutture umane, sembriamo essere diventati i candidati per essere osservati, giudicati, classificati e con soggetti comportamenti prevedibili (meglio se paradossali: tanto buoni o tanto cattivi; tanta guardia o tanto amore; e così via)
I cani sono avviliti nel sentirvi nel vostro bluff di quelli che possono tutto. Non vi sembra un tantino antropocentrico arrogarvi il diritto di saper pensare anche da cani? Forse perché avete difficoltà nel riconoscervi tra umani perché il vostro modello sociale lo avete fatto diventare una schifezza individualista: pensare di cosa pensa l’altro è lo sport nazionale?
Smontate le vostre incertezze comunicative tra umani senza cercare in noi cani la vostra sete di controllo e previsione comportamentale solo perché la ritenete più facile.
Smettetela di metterci di fronte a un salto, un ostacolo, una comunicazione tra di noi senza alternative … per poi anticipare al mondo come ci comporteremo affrontando quel salto, quell’ostacolo quella comunicazione che ci avete imposto.
Ci inducete ad assumere un determinato comportamento per poter dire a voi stessi e a tutto il vostro mondo: “avete visto come sono bravo: penso da cane!”.
Questo modo di agire non significa pensare da cani, significa semplicemente indurre il cane a re-agire quando messo in un vicolo senza vie d’uscita, o con l’unica via d’uscita rimasta a disposizione!
Sapete è triste che voi crediate di “sapere” tutto quello che passa nella testa di noi cani perché avete deciso che “pensare” da cani al nostro posto possa garantirvi il controllo del pensiero e la predizione dell’azione di un altro essere vivente.
Tu che sei sicuro di pensare da cane, sei altrettanto sicuro di sapere cosa pensa di te il tuo compagno/a, il tuo amico/a, Il tuo collega? eppure loro sono della tua stessa specie…”
Pensare da cani.
Ho sentito pregnante la parte in cui si parla della difficoltà di provare a capire anche solo cosa sta pensando un nostro simile umano. Immaginarsi di sapere ciò che pensa- e prova- un cane.
Il condizionale sarebbe d’obbligo. Le ipotesi pure.
Io continuo a pensare che avremmo bisogno di più psicoterapeuti.
Per il benessere dei cani, noi umani dovremmo essere meno invischianti.