Di Christian Coduto
Dario Gay risponde alle domande de “L’interessante”
L’avviso di videochiamata tramite Skype non è nemmeno partito che già mi ritrovo, sullo schermo, la faccia di Dario che sorride. Mi saluta con la mano ripetutamente. “Allora Christian, chiedimi tutto quello che vuoi” esordisce. L’atteggiamento di apertura, di socievolezza è talmente evidente che, una volta tanto, è l’intervistato a mettere a suo agio l’intervistatore. Mentre gli faccio vedere con la web tutti i suoi cd e vinili che ho nella mia collezione, lo vedo ringraziare con gli occhi.
Chi è Dario Gay?
Dario Gay è un eterno ragazzino, alla ricerca delle cose belle nella musica e nell’amore. E’ vero: ora sono leggermente disincantato, un pochino disilluso, ma non ho mai perso l’entusiasmo e il desiderio di rimettermi in gioco, attraverso le mie canzoni e gli eventi della vita.
Quando hai capito che la musica avrebbe avuto un ruolo predominante nella tua vita?
Mah, sin da bambino! Ho dei ricordi leggermente sfumati di me che, piccolissimo, ascoltavo le canzoni di Rita Pavone (talvolta cantate da mia mamma). Mi ricordo che volevo imitare Rita. Il mio sogno era quello di stare su un palcoscenico: prendevo degli oggetti, un pacchetto di sigarette di mio papà, un bicchiere … e li usavo a mo’ di microfono. La musica mi ha sempre emozionato, mi ha continuamente toccato nel profondo. L’amore per la musica l’ho ereditato sicuramente dai miei genitori; loro non hanno mai inciso brani, ma ne hanno sempre ascoltati tantissimi.
Insomma, Dario era un cantante già prima di diventarlo ufficialmente. Un misto di teatralità e ingenua fantasia che addolcisce il cuore …
- Dopo tanta gavetta esce il tuo primo album, dal titolo assolutamente geniale “Nella vita di un artista c’è sempre un disco che ha per titolo il suo nome”. Tutti i brani sono scritti da te, in collaborazione di un big del calibro di Enrico Ruggeri …
Mi ricordo benissimo come andò: stavamo facendo una riunione per decidere il titolo del lavoro. Ognuno diceva la propria. Silvio Crippa, il mio produttore (nonché quello di Enrico Ruggeri) disse “Chiamiamolo Dario Gai. In fondo, nella vita di un artista c’è sempre un disco che ha per titolo il suo nome”. Fu proprio Enrico, presente alla riunione, ad avere l’illuminazione. L’idea mi piacque all’istante perché era molto originale, ironica. La maggior parte dei brani li ho scritti a quattro mani con Enrico. Fu un grande onore, per me, lavorare accanto ad un cantautore che stimo, un’esperienza sicuramente costruttiva, emozionante. Negli anni, io e lui abbiamo continuato a collaborare, ma ridurlo al semplice lavoro sarebbe ingiusto: c’è un rapporto umano molto bello, fraterno direi. Anche se non ci vediamo sempre, per impegni lavorativi, c’è un bellissimo affetto che ci lega. Di quel disco vorrei sottolineare anche gli splendidi arrangiamenti di Michele Santoro, la presenza di Dino D’Autorio, il sax di Amedeo Bianchi, i Calliope ai fiati, Golino alla batteria … davvero un disco di serie A.
Nel 1990 arriva il tuo primo Sanremo con “Noi che non diciamo mai mai”, che si comporta benissimo nelle classifiche di vendita. Che ricordi hai di quell’esperienza? Tu dai l’impressione di essere una persona riservata, come ti sei ritrovato nel caos festivaliero?
Avevo già partecipato al Festivalbar, ma Sanremo è tutta un’altra cosa, ovviamente. Quando seppi di essere entrato nel cast ufficiale, la mia gioia fu alle stelle! Durante le serate del Festival ero affascinato e molto confuso: mi ritrovai di fronte ad artisti del calibro di Liza Minnelli, Tina Turner, Leo Sayer (con cui strinsi una bella amicizia), Milva, Mango, i Pooh, Dee Dee Bridgewater, Ray Charles! Io mi presentai sul palco subito dopo la performance di Rod Stewart. Ero terrorizzato. Lo confidai a Johnny Dorelli: me lo ricordo con molto affetto. Mi mise a mio agio, cercò di tranquillizzarmi. Quell’anno, tra i giovani in gara, c’era anche suo figlio. Forse, proprio per questo motivo, ebbe degli atteggiamenti paterni con tutti noi.
Tra le altre cose, quel Festival fu l’unico che si tenne al Palafiori. Un’esperienza unica.
L’anno successivo fai il bis sanremese con “Sorelle d’Italia”. Un arrangiamento quasi epico (dei violini meravigliosi) e molta ironia amara nel testo. Affronti il tema del transessualismo. La Rai bigotta trema …
Nel 1991 mi presentai a Sanremo con questo brano sicuramente molto avanti, troppo avanti. Forse, se l’avessi presentato oggi, non avrebbe suscitato tutto quel clamore … o forse sì, perché i benpensanti esistono ancora … in realtà, avrei dovuto portare la canzone “Commedia a soggetto”, ma con la RCA decidemmo di portare “Sorelle d’Italia” proprio perché di rottura, diverso, unico. Tra le altre cose, a distanza di anni, quando faccio dei live è uno dei pezzi che il pubblico conosce di più … è una delle mie bandiere di riconoscimento, pur non essendo la mia preferita. L’arrangiamento venne studiato da me, Danilo Baiocchi e Alberto Radius. In particolar modo io pensai ai movimenti di violini, le chitarre … però io non sono un trascrittore di musica, sono un autodidatta, quindi Danilo mi diede una grande mano: lui trascrisse in musica quello che gli dicevo. Di questa canzone, mi piace molto quell’inizio brechtiano che poi sfocia nel rock vero e proprio. C’è anche una citazione di “Garota de Ipanema” … la cosa più divertente fu che nessuno, a Sanremo, si accorse che il brano fosse cantato quasi nella sua interezza. Era una canzone non inedita, la mia, seppure camuffata da citazione, appunto. Nel 2010 è stata riproposta da me e dalla Banda Osiris, che hanno fatto un lavoro eccelso, rendendola un vero e proprio gioiello.
Esce “Non solo amore”, il tuo secondo cd. All’epoca, però, sei ancora Dario Gai … “Non solo amore” si distingue per i testi molto poetici. Su tutti, quella meraviglia di “Commedia a soggetto” che chiude in maniera teatrale l’album …
Sì, all’epoca i produttori della BMG Ariola non volevano assolutamente che il mio cognome terminasse con la y. Non volevano che si potesse pensare che io fossi gay … questo creò in me tante paure: erano anni in cui non si tendeva ancora a dichiararsi. Io avevo i miei problemi di accettazione, in più avevo intorno persone che mi bloccavano…mi sentivo sempre colpevole. Non è stata una bella sensazione. In aggiunta a ciò, non mi piaceva il fatto che il mio cognome originario venisse storpiato. Anche graficamente, è molto più bello. Però ero un ragazzino, ero sperduto, ingenuo, pauroso … stavo lì ed ubbidivo.
Lo vedo dallo sguardo: è un periodo della sua vita per lui lontano, ma che gli riporta alla mente momenti di dolore. Il non poter essere se stesso, l’imposizione degli altri, il dover mentire … avrebbero demoralizzato chiunque. Forse e ripeto forse, la sua forza interiore è anche il risultato di ciò che è stato e che (per fortuna) non è più.
I testi poetici di cui parli sono opera mia, in alcuni casi in collaborazione con Enrico Ruggeri. “Commedia a soggetto” è un testo di cui vado estremamente fiero: è una visione poetica della vita, del nostro passaggio su questa terra. Talvolta siamo protagonisti, altre volte comprimari, comparse, è un gioco che cambia in continuazione, si evolve. Però rimane sempre una commedia, perché nella realtà noi vaghiamo nell’universo di vita in vita; oggi siamo uomini, domani saremo donne, una volta figli, un’altra volta padri. Non la canto da molto tempo, credo che sia arrivato il momento di reinterpretarla.
Parallelamente alla tua attività di cantante, intraprendi la carriera di autore per artisti del calibro di Milva, O.R.O., Viola Valentino. Com’è scrivere per gli altri? Immedesimarsi nella vita, nei sentimenti altrui richiede tanta sensibilità …
Vorrei chiarire una cosa: l’unica esperienza di scrittura per un altro artista è stata quella per gli O.R.O.; Enrico Ruggeri mi chiamò per scrivere un testo proprio da affidare loro: “Rose rosse e caffè”. Negli altri casi, invece, ho semplicemente scritto delle canzoni per me che, in un secondo momento, ho proposto ad alcuni cantanti. Brani estremamente personali, tra le altre cose: “Benvenuto” (poi incisa da Viola Valentino) per esempio, è dedicata all’amore più grande della mia vita. Per ironia della sorte, io non l’ho mai cantata, ma la versione di Viola mi è piaciuta molto.
Quando io e Marcello de Toffoli scrivemmo “Libero”, ci accorgemmo che la canzone sarebbe stata adatta alle corde di Milva, che stavo producendo in quel periodo. La ascoltò e mi propose di duettare insieme a lei. Milva ha inciso anche un’altra mia canzone che non è mai uscita. Quel brano l’ho scritto inizialmente per me, poi l’ho registrata in duetto con Wladimir Luxuria, l’ha incisa Milva, l’ha provinata Renato Zero, l’ha provinata Riccardo Fogli, ma anche Rita Pavone … è piaciuta a molti, ha un karma molto particolare, eppure non si è ancora deciso di farla uscire. Rita ha registrato delle mie canzoni che non sono mai uscite: “Capita”, per esempio, l’ho incisa con Aida Cooper, ma ne esiste una versione con Rita Pavone. In compenso, però, abbiamo scritto insieme “Sono fatti miei” e “Un film in anteprima” per il suo ultimo album “Masters”.
E’ bellissimo risentire il suono delle parole che hai scritto, reinterpretate con la sensibilità di un altro artista.
Sui social rispondi sempre con molta gentilezza alle domande dei tuoi fan. Recentemente, hai postato delle foto deliziose con Rita Pavone, con la quale sei legato da una profondissima amicizia …
Mi piace molto interagire con i fan. Da un po’ ho scoperto anche Instagram. Su facebook ci sto spesso. Sì, rispondo con gentilezza, anche se mi è capitato di avere degli attacchi da parte di qualcuno al quale, evidentemente, non ero simpatico. Usando diversi fake (falsi profili N.d.R.) mi ha offeso ripetutamente. Persone così, vengono prontamente bloccate. Sia chiaro: una critica sana, una considerazione pulita la rispetto. Le offese gratuite no.
Con Rita c’è un’amicizia meravigliosa, che nasce nel 1976 … ero piccolino, andavo a scuola … ero un suo grande fan e lo sono tuttora. Sono riuscito a conoscerla, figurati che mi accolse in casa sua. E’ una persona deliziosa, buona, si lega tantissimo agli altri. E’ un rapporto che è cresciuto negli anni, si è consolidato. Adoro questa donna e lei adora me!
Ad un certo punto, anche artisticamente Gai diventa finalmente Gay … che cosa è successo?
Successe che, chiusi i rapporti con le multinazionali, iniziai a collaborare con case discografiche più piccole, produzioni indipendenti. Decisi di riprendere in mano la situazione: mi riappropriai della mia y. Il mio cognome, tra le altre cose, si pronuncia come si scrive.
Ammetto però che, nonostante avessi effettuato questo cambiamento nel cognome, non ero ancora pronto per dichiararmi al grande pubblico. Era il 1994. In privato, ovviamente, era tutta un’altra cosa. Ma fu un primo passo in avanti, senza ombra di dubbio.
Nel 2005 esce “Io ti sposerò” un brano bellissimo, in cui affronti un argomento molto delicato …
Un’idea mia e dello straordinario Rosario di Bella, che ha prodotto questo disco. All’epoca ha destato molti problemi, perché è una canzone d’amore dedicata ad un uomo da parte di un altro uomo e in cui si manifesta la voglia di sposarsi … una cosa impensabile in quel contesto storico. Venni attaccato perché, al posto della parola matrimonio alcuni volevano che io usassi il termine Pacs … ma la canzone è poesia, quella parola non mi sarebbe sembrata adatta.
A distanza di tempo, comunque, io il marito non l’ho ancora trovato. Prima o poi arriverà (scoppia a ridere). Nel 2005 ero fidanzato con Marco, il protagonista della canzone. Meno male che non c’era la possibilità di sposarci, perché altrimenti adesso avrei avuto dei casini per il divorzio (ridacchia).
Ed ecco, quindi, “Ognuno ha tanta storia”. Un doppio cd e dvd con collaborazioni prestigiose. Come hai scelto gli artisti presenti nel cofanetto?
E’ un album che ha segnato il mio ritorno alla musica, dopo un piccolo periodo di silenzio. Tutti gli artisti che ho scelto hanno dei punti in comune con la mia vita. Ognuno di loro ha una grande storia da raccontare: Milva, Enrico Ruggeri, Rita Pavone, ma anche io, pur non essendo sempre suoi giornali o target dei mass media ho qualcosa da raccontare agli altri, magari la mia è una storia leggermente più nascosta, ma ricca di emozioni. Di sicuro, in questo cd mancano due nomi: la prima è Mia Martini, che avrei cercato sicuramente di coinvolgere nell’album. Era una grande amica. La seconda è invece Gabriella Ferri; non la conoscevo personalmente, ma per lei avrei percorso mari e monti.
Con tutti gli artisti presenti nel cd, comunque, avevo già collaborato in precedenza, solo con la Banda Osiris e la Sunshine Gospel Choir non era ancora successo. Anche con loro mi sono divertito tantissimo.
Mi piacerebbe incidere nuovi duetti, in futuro.
Il tuo ultimo progetto discografico è “Ufficialmente Liberi Tutti”, disponibile su itunes. Cosa ci racconti di questo bel progetto?
In realtà è il penultimo. Ho liberato tutti i brani che avevo lasciato nel cassetto. Canzoni inedite, versioni alternative di altri brani e così via. Mi è sembrata una bella idea … coloro che lo hanno acquistato lo hanno gradito tantissimo. A questo cd è seguito “Il colore delle parole d’amore”. E’ un album misto perché contiene due brani classici brasiliani, “Su una stella cadrai” in portoghese, un brano in francese che è l’anteprima di un album che spero esca entro la fine dell’anno … sulla copertina c’è un quadro di Celso Coppio, un pittore brasiliano. Il progetto è stato creato per uno spettacolo multimediale, proprio in tandem con Celso. A gennaio c’è stata l’anteprima in Italia. A novembre andrò in Brasile per due performance, poi farò un live da solo. Il disco verrà distribuito lì. In Italia è possibile acquistarlo tramite iTunes o anche su richiesta.
Musica e cinema vanno di pari passo. Qual è il film della tua vita e perché?
Il film della mia vita è, appunto, il mio: quello che si deve ancora finire di girare (ride). Non posso, però, non citare “Lezioni di piano” di Jane Champion, un film meraviglioso, poetico, in cui mi ritrovo completamente. A questo aggiungo “Ghost” … qualcuno, forse sorriderà, ma è una pellicola che mi commuove. Mi riporta alla mente una storia d’amore che ho vissuto, bellissima, durata sette anni, fino al giorno della morte del mio compagno, nel 1996. Ero molto giovane, troppo giovane … se devo essere sincero, è un dolore che non ho mai davvero superato. Ho amato ancora nella mia vita, certo, però l’amore quello totale, ti tocca una volta sola. Io e lui ci siamo incontrati nelle vite precedenti e ci incontreremo ancora nelle prossime vite …
Sensibilità. Ne ha tanta, da vendere. Si è confidato con me, svelando uno dei suoi cassetti più intimi, di quelli chiusi con mille lucchetti. La sua voce, così calma e profonda, aggiunge ulteriore emozione a ciò che sta raccontando.
Domanda multipla: ultimo cd acquistato, ultimo libro letto, ultimo spettacolo teatrale al quale hai assistito.
Ultimo cd: una raccolta di Charles Aznavour, una platinum collection. Per me lui è un monumento … non a caso, ho anche interpretato una cover di un suo brano, “Comm Ils Disent” (“Quel che si dice” N.d.R.). Ultimo libro letto: “Sono stato più cattivo” di Enrico Ruggeri, un’autobiografia molto bella. C’è un capitolo dedicato a me. Ultimo spettacolo teatrale: “The bodyguard”, il musical con Karima. I musical mi piacciono molto, questo è stato piuttosto carino, con un bell’allestimento e bravi cantanti.
Cosa dobbiamo attenderci da Dario Gay per questo 2017?
Innanzitutto terminare il cd in francese di cui ti parlavo prima, dobbiamo masterizzarlo. A novembre andrò in Brasile e, al ritorno, avrò un mesetto per organizzare il lancio del disco in Francia. Non ho alcuna intenzione di abbandonare la mia lingua: ho già iniziato ad incidere dei brani in italiano, con l’ausilio dell’arrangiatore romano Luigi Montagna. Partiremo sicuramente con un singolo ed un bel video.
E adesso omaggiamo Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta
“Dario, ti vuoi dare una mossa?” Risposta “Ci provo da una vita, ma stavolta una mossa me la do sul serio”
Oppure “Dario, cos’è per te l’amore?” Risposta “L’amore sono il mio cane ed il mio gatto, oltre naturalmente a mia mamma!”
Un’anima meravigliosa, da studiare e da conoscere, non solo attraverso le sue canzoni, ma (per chi ha la fortuna di conoscerlo dal vivo) anche attraverso la sua quotidianità. “Ognuno ha tanta storia” … sì, è vero. E la tua, Dario, è tutta da rivelare e da scoprire …