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Categoria

Dall’Italia e dal Mondo

Matthias Canapini
CulturaIn primo pianoNotizie fuori confine

Matthias Canapini e il volto dell’altro

scritto da L'Interessante

Matthias Canapini

Esiste un posto che non è un luogo, in cui la meta é il viaggio e partite è sempre una scoperta.

Si chiama Il volto dell’altro ed è un progetto di Matthias Canapini, un giovane reporter di origini marchigiane che con una macchina fotografica tra le mani ed un taccuino in tasca, racconta le storie dimenticate del mondo.

Nata nel 2015, fra le pieghe di uno spiccato interesse sociale, l’idea si presenta come una narrazione itinerante, realizzata marciando il mondo via terra, attraverso l’utilizzo di modici treni o autobus. I suoi resoconti, udibili anche mediante video scannerizzazioni, poi caricate su un canale youtube, sono alla portata sia di adulti che di bambini.

I viaggi di Matthias

Dall’ Italia al Vietnam, il fotografo e scrittore ventitreenne, scivola fra le strade di tantissime realtà difficili: racconta delle mine antiuomo in Bosnia e dei campi sfollati in Siria; delle proteste di Gezi Park in Turchia e  i meccanismi delle adozioni in Kosovo.

La realizzazione dell’iniziativa è stata possibile grazie ad una raccolta fondi, effettuata con il metodo del crowdfunding, un microfinanziamento dal basso che ha mobilitato il sogno di Matthias sulle sponde più alte del disagio mondiale. Il viaggio, cominciato il 10 gennaio dello scorso anno, oltre che a raccontare, mira a creare contatti con le associazioni che lavorano sui vari territori, al fine di spalleggiarsi reciprocamente.

Matthias è cresciuto viaggiando in Europa insieme alla sua famiglia, già all’età di cinque  anni cominciarono le prime scorribande in macchina, fino alla punta estrema della Scozia e lungo le campagne della Normandia. Lo spirito di quelle escursioni era all’insegna dell’essenziale: si partiva con prime necessità, qualche coperta e un po’ di cibo. “Spesso dormivo nel baule, assieme alle scatolette di tonno e il sacco a pelo”, racconta.

All’età di quindici anni ha cominciato a leggere Terzani e tutti i libri sui generis che gli capitava di incontrare, questo tipo di narrazione – per sua stessa ammissione- lo influenzò parecchio, ma riconduce l’inizio della vera svolta al dicembre di tre anni fa.

 Durante un pranzo di Natale, in un discorso sorto dal nulla, si cominciò a discutere della Bosnia ed Erzegovina. “Mio zio mi disse: quella guerra mi fece talmente schifo che spegnevo la tv pur di non guardare. È stato un attimo…ho sentito qualcosa dentro”, dice.

Quello stesso inverno, abbandonò l’università e con uno zaino in spalla cominciò il suo vagabondaggio, per scoprire di più su quella guerra di cui non conosceva niente e che era avvenuta alle porte di casa. Quest’esperienza gli ha insegnato che gli piace viaggiare ma, al tempo stesso, adora sensibilizzare la dimensione culturale del suo Paese. Secondo Matthias, il compito di un reporter non è solo quello di scattare foto, immortalando sguardi o sensazioni. Preferisce organizzare eventi con le persone che incontra, essere la matrice stessa dello scambio, imballare scatoloni, sporcarsi le mani. La scelta, anche se non sempre si rivela facile, di creare dei ponti materiali con le associazioni, la fece durante il viaggio in Siria: in questa occasione, infatti, sentì l’esigenza di sollecitare una raccolta di cibo, vestiti e giochi a sostegno dei profughi Siriani, e da lì non si è più fermato.

Nel libro verso est, in cui racconta tutti i dettagli e le dinamiche da cosmopolita curioso, Matthias scrive che preferisce viaggiare usando l’istinto, senza sfogliare alcuna guida che gli dica dove trovare l’ostello più economico o la tipologia dei mezzi da usare per spendere di meno.

“Preferisco non avere   iphone con me, mi piace comunicare con la gente del posto, anche a gesti, farmi consigliare, camminare e sudare per raggiungere un angolo dove poter riposare. Per questo motivo ho un vecchio cellulare Nokia, utile per stappare le birre ma non di certo per trovare scorciatoie.”

Secondo la sua filosofia di conoscenza e integrazione culturale, relazionarsi con le persone del posto è la base per conoscere davvero un luogo. Verso est non è solo un libro di viaggio, ma anche da viaggio: in poco tempo si assaporano gusti esotici, passando dalla Turchia all’Armenia. Intraprendendo questa esplorazione totale, Matthias ha imparato a sentirsi parte integrante del mondo, cosa di certo non facile per la naturale tendenza dell’ uomo ad elaborare giudizi e creare differenze. Per un ragazzo giovane come lui è complicato non perdere fiducia nell’umanità, eppure difende con tutto sé stesso l’idea che se anche un pugno di persone riesce a tenere testa allo schifo della nostra società, vuol dire che c’è ancora qualcosa di recuperabile. Il coraggio, secondo lui, non è andare in Siria a fare fotografie, ma avere la forza di seguire la propria strada, qualunque essa sia. Oltre le definizioni, Canapini vive il presente senza ruoli né aspettative, con la sola certezza di voler continuare a crescere negli occhi degli altri, un ragazzo che con semplice curiosità sta tentando di raccontare il mondo, provando a ritornare alle origini, passando per la natura e il rapporto con gli altri

Michela Salzillo

Matthias Canapini e il volto dell’altro was last modified: aprile 8th, 2016 by L'Interessante
8 aprile 2016 0 commenti
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Da Baffone
Dall'Italia e dal MondoIn primo pianoIndovina dove andiamo a cena

Da Baffone: prendiamoci del tempo

scritto da Roberta Magliocca

Da baffone

Cosa mi aspetto da questa serata? Ecco, è decisamente questa la domanda che bisogna farsi davanti allo specchio prima di uscire di casa la sera, che sia un’uscita con gli amici, con il proprio partner o con la famiglia. Farsi questa domanda e – in base alla risposta – scegliere il posto giusto dove le aspettative non vengano disattese.

E se per caso, questa risposta è formata dalle parole: accoglienza, qualità, buon cibo, prodotti di prima scelta e volutamente nostrani, cordialità e tranquillità, beh, non sbaglierete andando da Baffone.

La storia. Sito da sempre in Via Ferrante, nel cuore di Caserta, il locale vanta quasi quarant’anni di attività a dimostrazione del fatto che, quando si sceglie un percorso e si sceglie di farlo bene, non ci sono crisi di sorta, nessuna scusa che tenga: la professionalità e la qualità si ripagano con la fiducia. Si perché, la maggior parte della clientela che – soprattutto nei fine settimana – si reca da Baffone, è formata da habituè, persone che da anni ed anni non rinunciano all’appuntamento settimanale con uno dei panini più buoni della Campania (se non addirittura il migliore). La tradizione iniziata negli anni ‘70 dal baffone per eccellenza Alberto Fabrocile, oggi – e già da molti anni – è in mano al figlio Armando che tiene alto il nome del locale, ampliando la scelta del menù ma non allontanandosi mai dall’ingrediente principale che ha fatto di questo locale un porto sicuro per chi non rinuncia al buon cibo: la qualità.

I panini. Differenziandosi dalle tantissime – troppe – paninoteche che aprono (e tanto velocemente chiudono) in città, la rosetta è la regina indiscussa del baffone. Gli ingredienti sapientemente scelti dal titolare, vengono consigliati in abbinamenti studiati e mai buttati lì a caso, pur lasciando agli avventori la possibilità di comporre il proprio panino a proprio gusto. La croccantezza del pane, la freschezza degli alimenti, il giusto condimento, fanno del panino di Baffone, un’esperienza da voler ripetere.

Le bruschette. Da quella classica e immancabile al pomodoro, per poi perdersi nelle mille opportunità di scleta: provola e malanzane a funghetto, mozzarella di bufala e funghi trifolati, cipolla, formaggio e pomodoro e tante altre che vi allontaneranno dall’idea classica di bruschetta per farvene conoscere un’altra, innovativa e gustosa.

Da Baffone l’attesa è un’opportunità

E’ un mondo veloce il nostro, soprattutto il mondo del 2000. Un mondo che ci vuole sempre per tempo, in anticipo e mai in ritardo. Un mondo che ci vuole super tecnologici, alla moda, in perfetto stile con tutto ciò che ci ruota intorno. Ecco perché, prenderci una pausa, evitare di correre anche nei momenti di svago e tempo libero, dovrebbero essere un monito da non dimenticare. Da tripadvisor, accanto all’eccellenza della cucina e ai buoni giudizi sul servizio, spuntano momenti di attesa non sempre graditi. Aspettare non è mai piaciuto a nessuno, ammettiamolo. Ma se questa stessa attesa fosse un’opportunità? Come la mancanza del wifi del resto, altro tratto positivamente distintivo del Baffone. Lasciamo a casa tablet e cellulari, dimentichiamoci della fretta, del “tutto e subito”. Prendiamoci del tempo per noi, per i nostri cari, per le nostre serate. Da Baffone, soffermiamoci a guardare la cucina, rigorosamente a vista. Proviamo a vedere oltre. Sostituiamo il pensiero di una lentezza che non accettiamo, con l’assoluto buon umore che ci viene dall’ idea che delle persone in quel momento si stiano prendendo cura di noi, delle nostre serate, del nostro tempo libero, affinchè un momento condiviso con tranquillità ed armonia insieme alle persone che amiamo, si possa fissare nella mente come un ricordo positivo. Di quelli che racconteremo in futuro.

Da Baffone: prendiamoci del tempo was last modified: aprile 2nd, 2016 by Roberta Magliocca
2 aprile 2016 0 commenti
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Pasquetta
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Pasquetta: lo sapete che…?

scritto da L'Interessante

È il giorno che scandisce il via dal tutto, in qualunque direzione porti, il lunedì di Pasquetta è un’occasione per sgusciare fuori dalle case e le tavole imbandite.

 Anche con la pioggia nei capelli, il casatiello sullo stomaco e il profumo delle uova di cioccolato ancora nelle narici, è l’occasione di aggregazione – familiare o di comitiva –  che crea una rima di concetto col verbo partire.

Una consuetudine, al contrario di quanto si possa credere, che risulta allettante anche per i più pigri: non importa se esiste un percorso previsto o se si insegue una meta indefinita fino all’ultima indecisione, quello che conta è: bisogna andare.

  Una tradizione tutta festaiola, dunque, che nasconde nella radice della sua celebrazione un’eco di tipo religioso: conosciuto anche come lunedì dell’angelo, infatti, indicherebbe l’episodio evangelico in cui si narra l’annuncio di resurrezione alle tre  donne che, recatosi nel luogo di sepoltura del Cristo, per imbalsamarne il corpo con olii aromatici, appresero di una tomba completamente vuota.

Si tratta di una data che però non appare definita sul calendario liturgico, tanto da non essere considerata un precetto, sia nell’antico che nel moderno rituale cattolico.

Tuttavia, sembra esserci una vecchia similitudine fra l’idea di trasformare questa ricorrenza in un pic-nic fuori porta ed il ricordo dei discepoli di Emmaus, i quali – secondo il testo biblico – lo stesso giorno della resurrezione, ricevettero sul cammino verso Gerusalemme l’apparizione di Gesù Cristo.

È in questo lungo peregrinare degli adepti che si è insinuato il paragone con la giornata all’aperto, nata come usanza culturale molti anni dopo e che ancora oggi resta una gradevole abitudine per molti.

Come spesso accade alle festività italiane, anche questa giornata si propone in una duplice  interpretazione: sia clericale, che civile. Da un punto di vista laico, viene vista come un prolungamento della domenica, una effettiva proposta che fu realizzata dallo Stato posteriormente al dopoguerra; un’estensione del tempo festivo che aveva riguardato già altre date ricorrenti, come il 26 Dicembre ed il lunedì di pentecoste.

Pasquetta, lo sapevi che…?

Il termine Pasquetta, non ha lo stesso significato in tutta Italia, a tal proposito è curioso notare come le lingue regionali   intersecandosi con quelle nazionali creano curiose diversificazioni sintattiche: la Pasquêta, per i genovesi e i bergamaschi, ricorre il 6 gennaio, mentre Paschixedda per i sardi corrisponde al Natale, quindi si festeggia il 25 dicembre.

Qualunque scelta abbiate fatto, ovunque vi troviate ad accoglierla, il tempo dei ripensamenti è scaduto. Zaino in spalla, scarpe comode e via: pronti, partenza, Pasquetta.

Michela Salzillo

 

Pasquetta: lo sapete che…? was last modified: marzo 28th, 2016 by L'Interessante
28 marzo 2016 0 commenti
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Reggia di Caserta Juvecaserta
Dall'Italia e dal MondoIn primo pianoViaggi Interessanti

Una passeggiata a Caserta – LE FOTO

scritto da Roberta Magliocca

Nessuna città dovrebbe essere tanto grande che un uomo una mattina non possa uscirne camminando.
[Cyril Connolly]

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Una passeggiata a Caserta – LE FOTO was last modified: marzo 27th, 2016 by Roberta Magliocca
27 marzo 2016 0 commenti
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Uovo
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Uovo di Pasqua: tra sacro e profano

scritto da L'Interessante

Uovo

Che si tratti di bambini o di adulti con residui da infante nostalgico, nessuno è disposto a negarsi un simile peccato di gola: di ogni dimensione, a latte o fondente, decorato o tradizionale, l’ uovo di cioccolato è la sorpresa che tutti si aspettano.

Divenuto nel tempo simbolo primo della festività religiosa, meglio intesa come ricorrenza celebrativa la resurrezione di Gesù Cristo, ha avuto tratti simbolici sin dai tempi più antichi.

 L’uovo, che propone una leggera similitudine con un sasso privo di vita, è stato più volte associato  al sepolcro. Gli oggetti contenuti nel guscio, inoltre, simboleggerebbero una nuova vita pronta ad imporsi su ciò che sembrava tratto dalla fine.

 È in quest’ottica quindi che trova accoglimento l’idea simbolica di resurrezione.

Secondo alcune credenze pagane, invece, il cielo e la terra erano visti come due emisferi separati ma relazionanti che, nella loro univoca comunicazione, creavano un disegno circolare a forma di uovo.

Per gli egizi rappresentava addirittura il fulcro dei quattro elementi dell’universo, un punto d’appoggio per l’acqua, l’aria la terra ed il fuoco.

Nella tradizione della cultura persiana era diffuso lo scambio di uova di gallina, un rito correlato con l’arrivo della stagione primaverile, il cui avvento veniva inteso come buon auspicio di fertilità.

È di origini medievale la diffusione delle uova decorate, all’epoca venivano donate in regalo alla servitù, ma tutt’oggi risultano molto in voga fra le alternative artigianali legate alla produzione del cioccolato pasquale.

È ingegno dell’età di mezzo anche la creazione di uova artificiali: la fabbricazione ed il relativo rivestimento venivano realizzati con materiali costosi e di prima scelta quali argento, platino ed oro. Sembra superfluo dire che una produzione del genere poteva essere presa in considerazione soltanto dalle aristocrazie del tempo.

A tal proposito pare che fu Edoardo I, re d’Inghilterra dal 1272 al 1307, uno fra i primi a commissionare la creazione di circa 450 uova rivestite d’oro da donare in occasione della Pasqua.

La ricca tradizione dell’uovo decorato è però dovuta all’orafo Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro III di Russia il compito di realizzare una composizione per la zarina Maria; fu in quell’ occasione che venne creato il primo uovo artificiale passato alla storia con il nome del suo stesso inventore.  Facilmente riconoscibile grazie alla sua particolare struttura: di colore bianco con smalto opaco, era formato da un sistema di matrioske russe che all’interno racchiudeva un tuorlo d’oro.

Insomma, qualsiasi sia il significato che preferite, qualunque utilizzo ne facciate: chi è senza uova di Pasqua, scagli la prima sorpresa!

Michela Salzillo

Uovo di Pasqua: tra sacro e profano was last modified: marzo 27th, 2016 by L'Interessante
27 marzo 2016 0 commenti
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Uova di Pasqua
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Uova di Pasqua ai bambini in ospedale

scritto da L'Interessante

Uova di Pasqua ai bambini in ospedale

Uova di Pasqua ai bambini in ospedale

Parte dal centro commerciale Campania la due giornate di solidarietà per i bambini del pediatrico.

Dirigenti e dipendenti dell’ipermercato Carrefour ,nella giornata di ieri e di oggi, hanno visitato i reparti di pediatria degli ospedali di Marcianise e Caserta. A Marcianise giovedì, i dirigenti del Carrefour, capitanati dal direttore Francesco Falcone hanno alla presenza dei medici Roberto Liguiri, Annalisa Funari e Mariella Tartaglione hanno donato ai bambini degenti un uovo di Pasqua di cinque chili, pieno di sorprese. Ieri mattina all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, la delegazione del Carrefour, con i medici del reparto di Pediatria, con il direttore Pasquale Femiano, hanno donato ad ogni bambino ricoverato un uovo di Pasqua con sorpresa. Due iniziative piene di sensibilità che hanno reso la Pasqua speciale per questi bambini meno fortunati.

Uova di Pasqua ai bambini in ospedale was last modified: marzo 31st, 2016 by L'Interessante
26 marzo 2016 0 commenti
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Ora
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Ora legale:tutta colpa di Benjamin Franklin

scritto da L'Interessante

Ora legale

È la notte delle lancette accelerate in avanti, quella fra Sabato 26 e domenica 27 Marzo.

Un’amara abitudine, specie per i pigri, che segnerà l’inizio di una grave frattura nella relazione con Morfeo, almeno fino al ritorno dell’ora solare.

Se neppure l’idea della bella stagione vi consola, sappiate che c’è un capro espiatorio a cui potrete fare ricorso quando domani mattina vi peserà persino sbadigliare.

 La colpa è tutta di Benjamin Frankilin!

 Per gran parte della sua esistenza, l’uomo ha distribuito le proprie attività quotidiane in direzione del movimento solare: gli occhi si aprivano all’alba e il sonno coincideva con il tramonto.

Un vezzo che impediva, però, lo scandire pieno delle giornate, comportando un conseguente spreco di luce. Con l’arrivo della società industriale e la nascita dell’orologio, si preferì l’identificazione in un orario che fosse convenzionale e condiviso al tempo stesso; rinunciando così ad una diretta cordialità col ciclo naturale.

È il 1784 quando Benjamin Franklin, scienziato statunitense, a cui è attribuita l’invenzione del parafulmine e delle lenti bifocali, pubblicò sul journal de Paris l’innovativo sistema cronologico, definito dai posteri ora legale.

La popolazione degli Stati Uniti venne invitata, mediante un pubblico annuncio, a spostare in avanti le lancette dell’orologio non appena fosse esplosa l’estate, questo – parola di luminare- avrebbe garantito il godimento di giornate più lunghe.

 Ma si sa, le grandi idee hanno bisogno di maturare per essere riconosciute geniali, una regola a cui neanche questo caso fa eccezione.

La proposta, infatti, non raggiunse la credibilità desiderata, almeno non subito: fu nel 1907, grazie a William Willet che  il British summer Time trovò accoglimento, complice l’esigenza di un risparmio energetico dettato dallo scoppio della Grande Guerra.

Umo slancio verso il futuro che fu in poco tempo emulato da altri paesi europei: fra questi anche l’Italia, dove il nuovo orario rimase in vigore fino al 1920, per poi essere riproposto come soluzione definitiva nel 1966, anno in cui tutta l’Europa adottò il sistema.

Ora legale: ma si risparmia davvero?

Secondo i dati ufficiali della statistica resa nota dalla società che gestisce la rete elettrica nazionale, l’ora legale genererebbe risparmi in materia di consumo parecchio elevati.

 Si stima una diminuzione dello spreco pari a circa 580 milioni di kilowattora, quantitativo corrispondente al fabbisogno medio annuo di oltre 200 mila famiglie.

Ciò non avrebbe però lo stesso effetto in tutto il territorio, poiché d’inverno in Scozia il sole sorge quasi un’ora dopo che a Londra e la conversione dell’orario avrebbe l’effetto di eliminare ogni tipo di risparmio energetico. È proprio questo il motivo che ha convinto la Russia ad abbandonare del tutto questa soluzione.

Il provvedimento del 2011, sottoscritto dall’allora presidente Medvedev, che sanciva,365 giorni l’anno, la fissazione del tempo sull’ora legale, fu un idillio durato poco più di tre stagioni invernali, quando ci si accorse che il sole non sorgeva prima delle dieci. Tutto questo dimostra che anche per il risparmio è necessario adottare la via di mezzo. Del resto l’idea di un equilibrio ci aiuta, forse, ad accettare con meno asprezza che domani anche i ritardatari cronici saranno in anticipo di un ‘ora.

Michela Salzillo

Ora legale:tutta colpa di Benjamin Franklin was last modified: marzo 27th, 2016 by L'Interessante
26 marzo 2016 0 commenti
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OCCCA
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

OCCCA: il dietro le quinte dei ristoranti!

scritto da Roberta Magliocca

OCCCA

Facebook è un’accozzaglia di idee, citazioni, canzoni e foto. Pensieri riflessivi si alternano a riflessioni sarcastiche su questo o quell’argomento, invettive alla nostra classe dirigente non mancano mai. C’è poi chi, con uno stile ironico e con una grafica sottile e leggera, riesce a fare emergere una realtà che in Italia dilaga a macchia d’olio: il mondo della ristorazione. Senza denunce, senza critiche, la pagina facebook OCCCA racconta il dietro le quinte di un universo che gli avventori dei ristoranti conoscono solo superficialmente. Abbiamo fatto due chiacchiere con l’ideatore, in un’intervista che vi proponiamo invitandovi a seguire le avventure di OCCCA su Facebook.

OCCCA dixit

Ciao ragazzi, grazie di aver accettato il nostro invito a farvi intervistare. Da quale esigenza nasce OCCCA, da quale necessità nasce la volontà di far conoscere ciò che accade dietro le quinte di un ristorante?

Il tutto nasce, nome compreso da una chiacchierata con un collega cameriere, mentre lavoravamo entrambi nel solito posto di passaggio dal quale a breve ci saremmo licenziati entrambi. Si parlava di come non esistesse un SINDACATO del nostro settore e di come nemmeno per certi versi potesse esistere. Entrambi viviamo a Terni, città dell’acciaieria dove il lavoro, quello classico da operaio è vissuto con tutti i suoi criteri: tredicesima, quattordicesima, lotte sindacali, diritti, doveri. Cose pressochè inesistenti nella ristorazione. Nella ristorazione vige più roba tipo patti, strette di mano, promesse. Stipendi pattuiti ad una cifra dove spesso è sottointeso che il contratto è di un tipo e il resto fuori busta. Ma entrambi siamo sempre stati dalla parte anche del ristoratore, e ci rendevamo conto che la quadratura del cerchio deve arrivare da altre forme, non certo quella di un’associazione di categoria. Venne così in testa l’idea di un’ordine massonico, cazzeggiavamo sul come i camerieri fossero dei templari, spesso che camminano in coppia, e sempre scherzando venne fuori il nome di OCCCA Ordine dei Camerieri e Cuochi alla Carta. Li è partita l’idea, un po’ di difendere la categoria in toto, un po’ di far conoscere la categoria. Il cameriere è diventato l’elemento principale, un po’ perchè è comunque l’elemento con cui il cliente (ma anche la cucina) si interfaccia di più, ma soprattutto perchè è anche quella meno omaggiata. Cuochi, pasticceri, barman, tutti ormai hanno il loro momento di gloria. E c’è da dire che anche trasmissioni come Masterchef riescono a comunicare anche il retroscena del mondo della cucina. Ma della sala non si occupa nessuno. Probabilmente perchè quello del cameriere non può essere un BRAND. Un cuoco può essere sponsor di coltelli, padelle, patatine. Un barman di shaker e alcoolici, un pasticcere di attrezzature varie ma un cameriere di che può essere sponsor? Che programma potrebbero mai inventare sulla figura del cameriere? E a casa che gliene frega di emulare un cameriere? Un conto preparare alla propria morosa un piatto di Cracco, ma servirlo come Giuseppe Palmieri a chi interessa? (sempre che sappiano chi è Giuseppe Palmieri!)

La vostra ironia, le immagini che raffigurano animali intenti al lavoro del cameriere, piuttosto che del cuoco o del ristoratore, sbaglio o intendono lanciare una velata denuncia allo sfruttamento che, soprattutto al Sud Italia, dilaga senza rispetto alcuno?

Onestamente no. Anzi, di come nel Sud Italia vengano così sottopagati l’ho scoperto proprio con OCCCA. A esser sincero non vedo un enorme differenza di metodo. Mi spiego meglio, il problema della scarsa retribuzione, o meglio, della giusta retribuzione, colpisce in egual modo tutto lo stivale. Nel sud italia c’è probabilmente un tenore di vita più basso rispetto al nord e la forbice da loro tende al ribasso, ma ho letto di altrettante discrepanze anche al Nord. Un cameriere è innanzitutto un dipendente, che fa un lavoro. Lavorare per 70 ore a settimane per 900 come per 600 euro al mese è sbagliato a prescindere. Poi se i primi sono del Trentino e i secondi stanno in Sicilia, quella differenza di 300 euro peserà di più certamente ai secondi ma non cambia la sostanza dei fatti.

Dietro OCCCA chi c’è?

Marco Natali è ideatore, grafico e admin della pagina. Merito delle illustrazioni invece è tutto di Alfonso Amarante, senza le cui opere probabilmente, OCCCA sarebbe rimasto un progetto nel cassetto. Alfonso lavora a tempo pieno in acciaieria, ma ha anche un diploma presso lo IED come illustratore che cerco di sfruttare al meglio. IO, Marco, invece lavoro da 12 anni nella ristorazione. Ho fatto cameriere, pizzaiolo, gelataio, barman e una volta anche il cuoco (mini esperienza). Di base però mi sento cameriere. Ho lavorato sia in trattorie, come in discoteche, in piccoli ristoranti di qualità o in rinomati stellati michelin come in grandi ristoranti da 300 coperti a sera durante le stagioni estive. Ho un bel background a cui attingere per le occcate di partenza.

Chi scrive fa la cameriera da dieci anni, fidanzata con un ragazo che fa il cameriere da ben 14 anni. Quindi questo mondo lo conosciamo bene. Ma per i nostri lettori, quali sono le differenze tra il mondo di chi è nel campo della ristorazione e quello di altri lavori?

La differenza tra chi lavora nel mondo della ristorazione e chi fa un lavoro a contatto con il pubblico è in parte simile, per tutto quello che riguarda l’elemento CLIENTE. Mi è capitato di vedere condividere OCCCATE da amiche commesse e vedere come certi messaggi fossero valide anche per loro. Poi c’è l’aspetto dell’aldiqua. E li si apre un mondo che è difficile spiegare per chi non c’è stato dentro. Il mondo della cucina è connotato di tante sfaccettature. L’aspetto umano, psicologico è quello che più di tutti non viene compreso al di fuori. Abbiamo voluto creare 8 personaggi in OCCCA proprio per dare voce a quelle anime, anime che conosciamo un po’ tutti noi che lavoriamo nei ristoranti. Chi leggendo l’occcata “Il lavapiatti è la portinaia del ristorante” non ha sorriso e pensato inevitabilmente a qualche collega? Perchè è inevitabile che quella componente della brigata diventi per esempio la spugna di tanti discorsi, di tante chiacchiere. In una brigata di almeno più di 15 persone si creano intrecci, storie, complotti, affari, roba da farci non un film, ma una serie tv a più stagioni. Che in effetti sarebbe un sogno da realizzare.

Grazie ragazzi!

Roberta Magliocca

OCCCA: il dietro le quinte dei ristoranti! was last modified: marzo 26th, 2016 by Roberta Magliocca
26 marzo 2016 1 commento
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Spagna
AttualitàIn primo pianoNotizie fuori confineParliamone

Spagna: “la strage degli studenti”

scritto da Roberta Magliocca

Spagna: vittime italiane

Le notizie che nessuno mai vorrebbe leggere. L’hanno definita “la strage degli studenti” e, purtroppo, rispecchia esattamente ciò che è successo a Terragogna. 

Sull’autobus che è uscito fuori strada, viaggiavano 57 studenti Erasmus, tutti di nazionalità diverse tra loro, nessuno spagnolo. Le vittime sono – al momento – 13, tra le quali 7 sarebbero italiane. Il condizionale è d’obbligo vista la mancata conferma ufficiale, nonostante la notizia arrivi dalla Farnesina.

Spagna: la strage degli studenti

Tra i feriti 3 sono quelli “molto gravi”, nove quelli “gravi” e 22 i “non gravi”. Anche tra i feriti, 5 sarebbero quelli italiani.

I ragazzi – di età compresa tra i 22 e i 29 anni – stavano rientrando da Valencia dove si erano recati per ammirare il famosissimo spettacolo del Festival dei fuochi d’artificio di Las Fallas. 

Si parla di “errore umano”. L’incidente, avvenuto alle 6 del mattino, sarebbe stato la conseguenza di un colpo di sonno dell’autista, di 47 anni, ferito in maniera lieve e risultato negativo al test alcolemico e tossicologico. 

 

Spagna: “la strage degli studenti” was last modified: marzo 31st, 2016 by Roberta Magliocca
21 marzo 2016 0 commenti
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San Lorenzello
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San Lorenzello, natura beneventana

scritto da Roberta Magliocca

San Lorenzello

Ecco cosa siamo, nient’altro che dei piccoli dinosauri. E la nostra pazzia prima o poi sarà la causa della nostra fine. Ecco cosa Giorgio Faletti pensava della razza umana. E forse non aveva tutti i torti. Forse davvero noi saremo la causa della stessa nostra rovina. Ma per i dinosauri non credo sia tutto finito. Fino a quando ci sarà qualcosa – che sia esso un film, un libro, un luogo – che ne evocherà la storia e la maestosità, i dinosauri difficilmente si estingueranno. Lo testimonia il Parco dei Dinosauri, situato sulle sponde del torrente Titerno. Si tratta di un parco artificiale con riproduzioni di dinosauri ed altri animali preistorici basate sui modelli estrapolati da vari documentari scientifici. Siamo a San Lorenzello, in provincia di Benevento, Campania.

San Lorenzello, il fascino senza tempo a due passi da noi

 

Un po’ di storia. Il primo centro abitato sorto a San Lorenzello, risale all’anno 864 d.C., dopo che la Valle Telesina fu invasa dai Saraceni. Dal 1151 al 1806, fu possedimento dei Normanni Sanframondo, prima, dei duchi di Maddaloni legati al Regno di Napoli, poi. San Lorenzello diviene provincia di Benevento solo con la nascita del Regno d’Italia. A causa della banda capeggiata da Cosimo Giordano, questo piccolo paesino conobbe – nell’arco del XIX secolo – il fenomeno del brigantaggio, che sconvolse le sue terre.

Natura e ambiente. Incantevoli e caratteristici a San Lorenzello, sono i boschi, dove è possibile trovare alberi di cerro, quercia, faggio e carpino. Il sottobosco è ricco di erbe aromatiche e medicinali che permettono la produzione del liquore Nirvana. Passeggiate ecologiche ed escursioni si organizzano tutto l’anno e sono agevolate da bellissime aree attrezzate, come quelle di Pineta Monterbano, Pineta San Sebastiano e Macchia Diavolo. Salendo verso la vicina Faicchio, è possibile visitare la Fontana delle Menne, una grotta naturale ricca di stalattiti e stalagmiti a forma di mammelle.

Cosa vedere? Presto detto. San Lorenzello è ricca di chiese, ognuna delle quali ha almeno una caratteristica che vale la pena visitare. La Chiesa del Carmine, ad esempio, al suo interno conserva un’icona raffigurante la Madonna del Carmine e l’effige di San Lorenzo, patrono del Paese. Il Convento dei Carmelitani è, oggi, divenuto il Museo della Ceramica, dove è possibile visitare esposizioni di vasi, mattonelle, sculture, acquasantiere e pezzi vari del ‘700 della scuola giustiniana. In stile romantico, invece, è la Chiesa di Lorenzo Martire, a 3 navate e con ben 14 cappelle, quasi interamente ricostruita nel 1756. Famosa per il campanile e la cupola ottagonale impreziosita da maioliche colorate, è la Chiesa di Maria SS. Della Sanità o della Congregazione del XVII secolo. Ma, oltre le chiese, c’è di più. Interessantissime sono le fornaci, dette anche cottarane, antichi forni che venivano utilizzati dai maestri della ceramica per le loro produzioni artistiche.

Camminando e visitando, viene una gran fame. Niente paura, siamo in Italia, siamo al Sud, siamo in uno dei luoghi dove il prodotto tipico, genuino e a Km zero la fa da padrona. Da sgranocchiare anche camminando, giusto per ingannare lo stomaco, sono ideali i m’scuott, meglio conosciuti come taralli di San Lorenzello. Come già accennato prima, è famosa la produzione del liquore Nirvana, ma anche del limoncello e del nocillo. Per non parlare poi dell’olio laurentino, prodotto nei frantoi locali ed esclusivamente da ulivi del luogo.

Appuntamenti da non perdere. Ultimo weekend di ogni mese: “MercAntico”. Fiera dell’antiquariato e dei prodotti tipici locali che si svolge all’interno delle tipiche botteghe artigianali. Settembre: “Regioni d’Italia”. Rassegna nazionale della ceramica artistica e tradizionale. Novembre: “Andar per frantoi”. Visite guidate ai frantoi di San Lorenzello. Dicembre: “Natale a San Lorenzello”. Concorsi artistici, rappresentazioni teatrali e concerti vari.

Musica, cibo e tanto, tantissimo da vedere. Cosa state aspettando?

 

Roberta Magliocca

San Lorenzello, natura beneventana was last modified: marzo 20th, 2016 by Roberta Magliocca
20 marzo 2016 0 commenti
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