Kissenger.
Di Michela Salzillo
Lontano dagli occhi, vicino alle labbra!
Stando alle ultime iperattività scientifiche verrebbe da crederci, ma le sensazioni non sono mai state figlie dell’inconfutabile aritmetica, forse è per questo che quando Emma Yann Zhang, studentessa asiatica impegnata alla City University di Londra, ha presentato al pubblico la sua ultima creazione, qualcuno ha storto il naso con non poco vigore. Si tratta di un dispositivo particolarissimo nel suo genere che si accrediterebbe, con presunzione giustificata, il merito di ridurre le distanze fra i baci nostalgici di labbra lontane. Di fronte al Kissenger– è questo il nome che definisce il gadget tecnologico dalle vibrazioni sensibili- la vasta gamma di emoticon e video chat appare già un cumulo di abitudini in disuso. Ma come funziona realmente il prototipo recentemente realizzato? Qual è la vera attendibilità dell’ invenzione?
Kissenger: il bacio in una protesi e le perplessità dei tradizionalisti
Presentato in Cina, nell’ambito del “ Love and Sex with Robots Conference”, Kissenger è stato definito sin da subito un ibrido molto interessante, a metà fra un gadget tecnologico e un sex toys. Il dispositivo, che non è ancora in vendita, funziona come una qualsiasi app di messaggistica ed è compatibile con il sistema operativo iOS. È già noto però che se l’inventiva dovesse diventare commerciabile, qualcosa nel progetto di conformazione attuale andrebbe senz’altro modificato. L’apparecchiatura, infatti, sintetizza la sua funzionalità attraverso l’uscita minijack, quella riservata alle cuffie per meglio intenderci, che non è però presente in tutti i telefoni cellulari di ultima generazione, come nel caso del modello neonato nella famiglia degli iPhone. Si tratta di un marchingegno in silicone che andrebbe installato sul telefonino come se fosse una familiare cover: è, più banalmente, un grosso tasto-cuscinetto, posto sulla superficie di una serie di minuscoli sensori che, secondo quanto dimostrato all’ evento sussual- futuristico, serve a registrare le pressioni delle labbra, riprodotte sul terminale gemello del baciato lontano. C’è da dire che la giovane ricercatrice asiatica, pur caldeggiando in maniera entusiasta il prodotto, ha mantenuto un’ obiettiva onestà, ammettendo senza troppe ritrosie che il sistema non è in grado di restituire totalmente l’effetto del bacio; un limite ben contrastato dal qualificato staff che la spalleggia, il quale non ha tardato a promette la riduzione fino ai minimi termini delle lacune sensoriali, in modo da ottenere un’ ottimizzazione che sia quanto più veritiera possibile.
Intraprendenze di questo tipo sono delle ottime curiosità con cui giocare, ma a volte lasciano anche un po’ perplessi, specie quando ad essere intaccato è l’ambito dei rapporti umani. Nonostante siamo sempre più conformi a un’ epoca che tende a digitalizzare pure le emozioni; che si sente emancipata lontano dai citofoni che suonano e dalle lettere scritte a penna, sentir parlare di baci tecnologici fa un po’ strano anche ai nerd più incalliti. La paura forse è che ci si abitui ancora di più a certe ostilità, in fondo dimostriamo spesso di non conoscere il senso della misura, ed il problema, se proprio bisogna ipotizzarne uno, è proprio questo: straripare fuori dall’equilibrio, abusare, rendere un’ opportunità l’ unica possibilità. È chiaro, infatti, che il danno non sta in invenzioni di questo tipo, che se considerate con estrema leggerezza possono essere anche utili, ma nella valorizzazione sbagliata che il nostro modus operandi, sbagliato in troppi casi, attribuisce loro.