Cane e gatto
Cane e gatto: due mondi a confronto
Cari lettori interessati oggi parliamo dei gatti e della convivenza con i nostri amici cani.
Ho raggiunto per voi al telefono la Dott.ssa Sonia Campa – consulente per la relazione uomo-gatto e istruttore cinofilo -per rivolgerle alcune domande che spesso ricevo in consulenza.
Grazie Dottoressa per aver accettato questa intervista; andiamo subito al dunque- cosa dovrebbe valutare un proprietario di cane che decide di convivere anche con un gatto?
Grazie a te Luigi per l’opportunità. Il primo passo da compiere è sicuramente darsi delle aspettative realistiche. I social e certe trasmissioni televisive ci stanno abituando a vedere sempre e solo il lato buffo o “puccioso” delle convivenze tra specie ma non dovremmo dimenticare, invece, che in questo caso stiamo mettendo a contatto due individui che, potenzialmente, sono in un rapporto di preda/predatore. In altre parole, non è così scontato che la convivenza vada necessariamente per il verso giusto semplicemente perché noi lo desideriamo, anche il cane (e il gatto) avranno da dire la loro in questo.
Gli aspetti da valutare diventano allora molteplici: qual è il carattere del cane? Fiducioso e amichevole o tende a rifuggire le novità? Che età ha e quali sono le caratteristiche della sua razza? Come si comporta in casa? Condivide volentieri gli spazi o ce ne sono alcuni che difende? È possessivo riguardo le sue cose? Come si esprime nel farlo? È un cane frenetico o sa anche trovare momenti di tranquillità? Anche valutare il passato del cane ha una sua profonda importanza: cani con pregressi conflittuali con i gatti potrebbero fare più fatica a stringere relazioni serene. Allo stesso modo, cani che abbiano un passato addestrativo orientato alla caccia (magari con uccisione) o alla rincorsa – anche di fantocci – potrebbero avere molta difficoltà a vedere nel nuovo arrivato un partner con cui stringere un legame di natura sociale.
Infine, un ruolo fondamentale è svolto dalla qualità della relazione tra il cane e il resto del gruppo famiglia. Senz’altro, un cane bene integrato, accolto, che partecipa attivamente alla vita familiare, ha più risorse per creare un legame con un gatto rispetto ad un cane relegato in un giardino, annoiato e con pochi legami sociali al di fuori di chi gli porta da mangiare e, ogni tanto, gli lancia una pallina da rincorrere.
In ogni caso, è sempre possibile (e io direi raccomandabile) chiedere la consulenza di un educatore cinofilo che, pur senza avere la palla di cristallo né dare certezze riguardo la convivenza, sarà in grado di stabilire se il cane presenta o meno dei tratti di problematicità per l’inserimento di un nuovo individuo nel gruppo famiglia, in modo da fare una valutazione più possibile realistica.
Non dimentichiamo, inoltre, che la convivenza riguarda due parti: bisogna avere la stessa cura anche nel valutare cosa ne penserebbe un gatto di una convivenza con il cane di casa, in quel gruppo famiglia e in quel contesto specifico. Come dico sempre, le adozioni di qualunque specie non sono dei nostri diritti inalienabili ma scelte da farsi con la consapevolezza che esse richiedono dei requisiti da soddisfare perché tutti possano stare davvero bene: se questi requisiti non ci sono o ci sono solo parzialmente o fanno gli interessi solo di una parte, sta a noi la responsabilità e il potere di prendere decisioni sensate.
In che modo bisognerebbe curare l’inserimento di un gatto all’interno di una sistemica familiare in cui è già presente un cane?
Questa sì che è una domanda difficile! Non perché sia complicato inserire ma perché non credo esista una risposta sufficientemente generica che vada bene per tutti. Le dinamiche di ogni inserimento dipendono da chi sono i soggetti coinvolti (cane, gatto e familiari umani, grandi e piccini), dal luogo in cui vivono, da come intendono organizzare gli spazi e le routine quotidiane e, come già detto, dalle relazioni pre-esistenti in famiglia. Perché, alla fine, quello che si va a riorganizzare è un sistema ed è il sistema, con le sue specifiche caratteristiche, che va compreso e guidato.
Posso dire, comunque, che quel che accomuna tutte le esperienze è il bisogno di agire tenendo sempre a mente che le parti coinvolte, oltre ai familiari umani, sono due e ciascuna presenta le proprie esigenze: da una parte abbiamo l’individuo-cane che, con tutte le sue caratteristiche note, andrà guidato nel crearsi un’idea allargata della sua famiglia – ecco perché la relazione e la fiducia nei confronti del nucleo umano giocano un ruolo tanto importante -; dall’altra abbiamo un individuo-gatto che da subito dovrà essere messo nelle condizioni di sentirsi sicuro e a suo agio, malgrado la presenza di un cane che, in maniera innata, può suscitare inizialmente diffidenze e paure. È necessario lavorare su entrambi i fronti, contemporaneamente.
Quali errori non commettere?
Nella mia esperienza di consulente vedo che l’errore commesso più diffusamente, anche per semplice buona fede, è di forzare il cane ed il gatto ad interagire, o troppo presto o troppo da vicino. Ognuno di loro ha i propri tempi. Anche urlare, sgridare o agitarsi quando le interazioni si vivacizzano può essere un errore perché esaspera gli animali e, spesso, aumenta le tensioni. Al contrario, bisogna sforzarsi di far regnare sempre un clima di serenità e calma, soprattutto se cane e gatto stanno interagendo per le prime volte.
Un’altra raccomandazione ricorrente è di non sottovalutare mai i segnali di tensione tra i due, fossero anche zampate o esposizione di denti: spesso si tende a pensare (errore diffuso anche negli inserimenti tra gatti) che dopo qualche scaramuccia i due troveranno spontaneamente “il loro equilibrio”. Qualcuno si illude ancora che valga la storia del capobranco che “deve farsi valere” e delle gerarchie da lasciar instaurare a suon di minacce reciproche. Il tutto si traduce in un “lasciar fare” che, invece, rappresenta una scommessa molto rischiosa, giacché possono innescarsi dinamiche destinate solo a peggiorare. Ancora una volta, mi sento di ribadire che ogni inserimento fa storia a sé perché gli individui coinvolti sono diversi, quindi è illusorio ricalcare o appellarsi ad esperienze passate, sperando di ottenere gli stessi risultati. In caso di difficoltà o incertezza, il consiglio è sempre di chiedere l’intervento di un esperto.
Nella sua opinione ritiene sia più facile un inserimento di un cucciolo o di un adulto?
Fermo restando che una valutazione attenta delle caratteristiche del cane va fatta in entrambi i casi, dal punto di vista del gatto è sicuramente più semplice familiarizzare con un cane estraneo a 2-3 mesi di età, anziché da adulto. Il gattino, infatti, presenta naturalmente una maggiore flessibilità ad accogliere le novità, una predisposizione legata alle fasi di sviluppo che è massima in questo periodo della vita e, soprattutto sul piano sociale, tende a ridursi a man mano che il micio cresce. Un’unica accortezza: non sempre un gattino tanto piccolo ed inesperto è in grado di gestire le attenzioni, benché benevoli, di un cane molto più grande di lui, soprattutto se eccedono in “entusiasmo”: un po’ di saggia supervisione per verificare che il micino non venga trattato con troppa rudezza, spaventato o ferito non farà male.
Cambiando specie, invece, cosa ci dice della gravidanza in presenza di un gatto?
I gatti rappresentano una squisita compagnia per le donne in gravidanza. Apprezzano i suoi ritmi rallentati, entrano in relazione con il pancione che cresce dedicandogli fusa e sonnellini e, in definitiva, si allineano allo stato emotivo della mamma, fatto di attesa ma anche di accesa meraviglia e infinita pazienza. Semmai, il vero problema di oggi è difendere le mamme, già rese comprensibilmente impressionabili per il loro stato, dalla cattiva informazione riguardo la convivenza con i gatti. Dai sanitari ai parenti, dagli psicologi agli amici, ogni mamma è destinata ad incontrare uno stuolo di persone meticolosamente disinformate che la metterà in guardia dalla toxoplasmosi, additando i gatti di famiglia come responsabili di un sicuro contagio ed esortandole a sbarazzarsene prima possibile. La toxoplasmosi esiste ed è inequivocabilmente pericolosa ma, fra tutti i vettori noti e molteplici (si pensi agli insaccati, alle verdure mal lavate, alla carne poco cotta, all’igiene superficiale, ecc.), i gatti rappresentano i più improbabili, soprattutto quelli familiari, seguiti di norma sul piano medico e sanitario. Anche in questo caso, per sciogliere ogni dubbio sulla migliore condotta da seguire, piuttosto che affidarsi al parere da bar di conoscenti e passanti (e di fronte a certi temi specialistici, anche l’opinione di un pediatra o di un’ostetrica lo diventa!), io consiglio sempre di interpellare l’esperto per antonomasia in zoonosi, colui che di queste cose davvero “ne sa” perché è il suo lavoro, ovvero il medico veterinario: anche con una semplice telefonata sarà sicuramente in grado di illustrare ad una mamma in gravidanza quali norme igieniche seguire per godere appieno la convivenza con i mici di famiglia in sicurezza e libertà.
Grazie mille Dott.ssa Campa per le preziose ed esaustive risposte.
Cane e gatto sono due mondi a confronto estremamente fascinosi. Non interpretabili con lo stesso dizionario. Non sovrapponibili. Vi è venuta voglia ugualmente di prendere un gatto che faccia compagnia al vostro cane? Bene, telefono alla mano per avere il beneplacito dell’esperto.
Luigi Sacchettino