Ares.
Di Christian Coduto
Il mondo del teatro è ricco di magia. E’ innegabile. C’è un fascino che non riesci a spiegare con le parole, ma lo vivi, lo senti, lo percepisci. L’attore trasuda emozioni. Emana un’aura di luce. Se ne rimane incantati.
Oggi incontro Sara Esposito, meglio conosciuta nel settore come Ares Kent. Si presenta con i capelli biondo cenere, quasi tendenti al bianco. Sparati in testa. Un abbigliamento che aggiunge un ulteriore pizzico di aggressività. Sorride educatamente, parla poco. Con quell’aspetto così irruente è lecito aspettarsi una persona un po’ scostante. Poi la osservi meglio e inizi a capire un po’ di cose: non mi guarda subito dritto negli occhi. E’ timida da morire. È necessario trovare un modo per renderla più a suo agio. “Sai che il tuo look è troppo figo?” esordisco. Sorride di nuovo. Alza lo sguardo, stavolta. “Dopo tanti anni, non mi sono ancora abituata a fare le interviste”, rivela. Appunto. Durante l’intervista parlerà di tante cose, spesso facendo dei voli pindarici. È molto dettagliata nelle risposte perché desidera essere compresa in pieno. Ringrazia tutte le persone che l’hanno accompagnata (e lo fanno tuttora!) in questo suo viaggio. Riconoscenza … che bella questa parola …
Ares Kent si racconta ai microfoni de “L’interessante”
Chi è Ares Kent, o Sara Esposito che dir si voglia?
(Sorride). Immagino che tutti, quando gli fai questa domanda, ti dicano : ”Uh che bello!”, vero? Secondo me è una domanda terribile, cattivissima, sappilo! Qualcuno diceva che, anche mentre una persona ti parla, ti stai evolvendo. Quindi già non sei più la persona che ha iniziato la conversazione. Cinque minuti e sei già cambiato. Ora … non mi ricordo chi abbia pronunciato questa frase, perché io sono una frana con i nomi … ah sì forse era il mio fruttivendolo di fiducia (ride)! Però sta di fatto che mi ci ritrovo perfettamente. Credo che valga, in generale, per tutti gli attori. Sara Esposito è una maschera, come Mercuzio o Ofelia. E’ un prestanome che mi è stato dato, ma una definizione non te la posso dare. Forse perché ancora non l’ho trovata, o forse perché gli attori cercano di vivere più vite … Sara è la somma di tutte queste vite. E’ tutte le vite che vivrà.
Quando è nato l’amore per la recitazione?
Credo che non sia mai nato, sai? Mi spiego: non è stato, che so, un colpo di fulmine. Ce l’hai o non ce l’hai, punto. Magari te ne accorgi ad un certo punto, ma è un semplice richiamo. Ad un certo punto non ne puoi più fare a meno. Io spesso ho avuto un rapporto di amore e odio con il teatro, in alcuni momenti l’ho allontanato perché non ero ancora pronta al sacrificio. Figurati che una volta ho lasciato tutto e sono andata a vivere a Parigi, pensando di non ritornare mai più. Ma poi ho avuto il richiamo di cui ti parlavo. Una data precisa in cui mi sono resa conto di tutto non la so. Però ti dico questo: ogni volta che tocco quelle tavole, mi innamoro come se fosse la prima volta e so che non posso farne a meno.
Esordisci a teatro con “Sogno di una notte di mezza estate” diretta dal bravissimo Giuseppe Miale Di Mauro, con il quale ti ritroverai a lavorare in più occasioni.
Mia mamma voleva che io facessi danza classica … cioè io, capisci? (Ridiamo) Non essendoci mai riuscita a convincermi, mi iscrisse a questa scuola di recitazione, “La Bazzarra” a Torre del Greco. Lì c’era anche un piccolo corso di danza, che era in realtà movimento del corpo. Lì ho conosciuto Giuseppe Miale Di Mauro, che è stato il mio primo maestro. E’ una persona fantastica, ha creduto in me da subito. A lui devo davvero tanto. Insieme abbiamo fatto “Sogno di una notte di mezza estate”, in cui ero Zeppola il capocomico, uno dei personaggi più difficili che io abbia mai interpretato. Con Giuseppe ho lavorato diverse volte, considerando che mi ha conosciuto quando ero davvero piccolina. Mi ha sostenuto in un momento molto delicato della mia vita; senza di lui non avrei continuato questo percorso.
2011 un anno importantissimo: l’incontro con “Papi” Luciano Melchionna e “Dignità Autonome di prostituzione”. Qui sei “La massaggiatrice”, ma nel tempo hai assunto anche un altro ruolo, quello dell’aiuto regista.
Il grande Luciano! Anche questa volta, il mio rapporto con il teatro è stato legato ad un caso: avevo smesso di fare teatro, mi ero iscritta all’Accademia delle Belle Arti di Napoli e stavo studiando per diventare grafica pubblicitaria. Angelo Pepe, il mio migliore amico (nonché bravissimo attore), mi chiese di fargli spalla per un provino al Teatro Bellini. Avevo tagliato i ponti con il teatro per una brutta esperienza, ma lo accompagnai per l’amicizia che ci lega. Per il provino portammo “La strana coppia” di Neil Simon. Lì incontrai Luciano Melchionna. Ero un pulcino. Mi chiese se fossi interessata ad entrare nell’Accademia. Lì per lì gli dissi di no, l’ho ringraziato e sono scappata a gambe levate (ride!). Poi, parlando con Angelo, mi resi conto che era giusto che facessi quel provino. Purtroppo, lui non passò quel provino … credo che sia una di quelle sorprese che ti riserva la vita … per fortuna lui ha continuato a realizzare i suoi sogni in ambito teatrale, con grandi soddisfazioni. Con Luciano, dicevo, ho ripreso a studiare, stavolta seriamente. E’ un insegnante molto severo, ma è anche una persona di grande dolcezza. I tre anni all’Accademia sono stati tosti, indiscutibilmente, ma mi hanno permesso di conoscere una persona che si è fidata di me. Gli sono davvero riconoscente. A “DAdP” ho iniziato come maitresse, poi aiuto regista ed infine come attrice. Un passaggio graduale, ma necessario. “La massaggiatrice” è’ un gradino importantissimo per la mia carriera. Fuori dalla stanzetta è ammaliante, ha un aspetto un po’ avvolgente, da pantera, ma all’interno della stanza rivela un cuore, un’anima fragile, completamente differente. Un connubio perfetto tra la tecnica e la scoperta dell’emotività (parlo della mia esperienza personale, ovviamente). Lo spettacolo, lo sappiamo, è molto articolato. Bisogna fare attenzione ad ogni particolare. Però è un’esperienza che mi ha permesso di crescere tantissimo. Lavorare come attrice, aiuto regista e così via, tutto insieme, è una bella palestra, ma regala infinite soddisfazioni!
Nel momento in cui racconta del provino andato a male del suo più caro amico, si rabbuia. Glielo si legge negli occhi. Un gesto toccante; il mondo dello spettacolo è ricco di persone che pensano solo ai propri interessi, ai propri sogni. Lei non è così: dà l’idea di essere una persona che ha dei principi da rispettare. La vita non ti impone delle regole, ma ti permette di scegliere come affrontarla. Sara/Ares ha scelto la correttezza.
Lavori sia in teatri enormi come il Bellini sia in realtà più piccole, o off che dir si voglia. Quali sono le differenze in termini di empatia con il pubblico secondo te?
Quando hai la fortuna, come me, di ritrovarti catapultata in un mondo fantastico come quello di un teatro pieno di luci e “sicuro” perché c’è una produzione dietro, sai di aver preso parte a qualcosa di gigantesco, però rischi di perdere il contatto con la realtà. Questo è il motivo per il quale continuo a vivere il teatro off: mi mantiene radicata con i piedi per terra. Preservo la mia umanità. Il teatro ti da e ti toglie e tu devi essere pronto a rialzarti. Non si molla così facilmente, ti pare? Mio nonno mi ha cresciuta con l’idea del lavoro svolto costantemente e con umiltà. Mai dimenticarsi del punto da cui sei partita. Perché a 26 anni ho ancora tanta tanta strada da percorrere. Questo doppio binario che percorro mi piace. Ora, in termini di pubblico: gli spettatori abituati al grande teatro, sono anche “viziati” perché ci sono comfort e tutto il resto. Chi va a cercare nell’off è meritevole di rispetto, perché sa che ci sono metodologie e dinamiche alternative.
Insieme agli altri dignitosi, partecipi alle riprese del videoclip degli Stag “Oh Issa”
Sì, un’esperienza molto divertente. L’abbiamo girato a Latina. Gli Stag collaborano con Luciano Melchionna da molto tempo, da “Dignità autonome di prostituzione” a “L’amore per le cose assenti” fino ad arrivare a “Parenti serpenti”. Sono dei ragazzi dolcissimi. Eravamo su questa spiaggia, ad un certo punto ci siamo ritrovati a rotolare, fare casino. Oramai il cast di DAdP è una realtà molto affiatata, una grande famiglia. Se dicessi che è stata una sorta di gita sarebbe scorretto ed ingiusto perché si parla di lavoro, c’erano una serietà e professionalità indiscutibili, però è stato sicuramente piacevole e abbiamo lavorato in maniera spedita.
Compari nel cortometraggio “Amore Lieto Disonore” di Onofrio Brancaccio … come hai vissuto il passaggio dal teatro a quello del cinema?
La mia parte era davvero molto piccola … dico la verità: ho una paura incredibile della macchina da presa, mi imbarazza molto! Lo so che è una cosa strana, soprattutto se lo dice un’attrice, però ti giuro che ci sto lavorando su (ridiamo). Per fortuna, nonostante l’imbarazzo, la mia prova è stata apprezzata! Nel cast, tra le altre cose, c’era anche l’attore Federico Tocci. E’ stata la prima volta che ho visto un professionista all’opera, davanti ad una cinepresa.
Ares Kent è una delle protagoniste di “JustLove”, un corto dolcissimo e commovente. Ti va di parlarcene?
Certo, quello della Wycon Cosmetics. Un video girato dai ragazzi di “Casa Surace”. Mi hanno contattato a nome di Claudia Federica Petrella, una bravissima attrice napoletana che lavora con Carlo Buccirosso, che avevo conosciuto durante uno stage che avevo frequentato. Si cercavano degli attori particolari … il mio attuale colore dei capelli era adattissimo. E’ stata una cosa molto carina e delicata. Nulla è stato pilotato. Tra noi attori non c’erano delle vere e proprie coppie, però i ragazzini e gli adulti coinvolti nel progetto hanno iniziato a tirare a caso i nomi … in effetti eravamo stati selezionati per alcune caratteristiche precise. I bambini sono stati spiazzanti. Sorprendenti. All’inizio erano molto timidi, perché non sapevano bene se potevano dire o non dire … poi, una volta sciolti, hanno iniziato a fare degli accoppiamenti assurdi. Io sono stata appioppata praticamente a tutti (ride). Una bimba mi associò ad un ragazzo di colore perché disse che io ero bianca bianca dai capelli in giù e lui si adattava a me. Lavorare con i più piccoli è un’esperienza formativa, perché noi tendiamo a dimenticare quello che pensavamo. A tal proposito, è giusto citare “Il Piccolo Principe”: tutti sono stati bambini, ma nessuno se lo ricorda … credo che questo romanzo sia la mia piccola Bibbia.
Sei giovanissima, ma hai un curriculum ricchissimo di esperienze folli e inusuali: “Volgarità gratuite ad un prezzo ragionevole” è quella con il titolo più geniale.
E’ un titolo piuttosto particolare, vero? Questo spettacolo è stato scritto e diretto da Maurizio Capuano, un’esperienza davvero squinternata. Maurizio è uno dei soci attivi del teatro ZTN, anch’esso off, di Napoli. Lì vi ho lavorato con il mio gruppo di sperimentazione, “La Gag”. “Volgarità” è nato come un omaggio ai Monty Python. Una serie di sketch irriverenti, anche piuttosto blasfemi … si passava da problematiche relative ai problemi sessuali (in un momento dello spettacolo ho interpretato un pene che parlava con il suo padrone, giusto per dire!) fino ad arrivare alla religione (io facevo Gesù bambino che dormiva nella culla, mentre la Madonna impugnava un fucile, pronta a prendersi con la forza i doni dei Re Magi). Delirante, ma molto molto divertente. In questo spettacolo ho lavorato con Giuseppe Fiscariello, con cui ho collaborato spesso. Gli voglio un gran bene!
Qual è l’esperienza alla quale sei più affezionata?
In realtà dirtene una sola sarebbe riduttivo. Ogni esperienza che ci capita nella vita è fondamentale, perché ci arricchisce sia nel bene sia nel male. Forse il ruolo di Mercuzio in “Romeo e Giulietta”. Me ne innamorai. Si accese una lampadina, non saprei spiegarlo bene a parole. Un’empatia incredibile. Poi, sicuramente, “Antigone”. Un bellissimo spettacolo, peccato che abbia avuto una vita più breve. Sempre con i ragazzi de “La Gag”. Un personaggio che mi ha aiutato a sbloccarmi. Quando frequenti l’Accademia, apprendi dei meccanismi e talvolta può capitare di cadere nella meccanicità, appunto. Con questo ruolo mi sono sentita libera, proprio perché “La Gag” basa il suo lavoro sull’istinto, sull’improvvisazione. Ovviamente c’erano sempre delle regole da seguire, ci mancherebbe altro, ma il respiro era differente. Con “Antigone” mi sono ammorbidita: ne fui felice, perché rischiavo di irrigidirmi per seguire troppo la tecnica. Ultima, ma non meno importante, “La massaggiatrice” delle Dignità autonome di prostituzione, di cui parlavo prima …
Parliamo ora di “Acqua Santa”, un progetto al quale sei molto legata.
Sì, è uno spettacolo che ho affrontato e sto ancora affrontando con la mia compagna, Marilia Marciello, che mi supporta e mi sopporta durante le prove, a casa. Soprattutto per ciò che riguarda la memoria! Ci sosteniamo su quel palco. E’ una gran forza e una grande fortuna poter recitare insieme a lei. Il testo è stato scritto da Giuseppe Pompameo e diretto da Costantino Punzo e Aurelio De Matteis. Anna Capasso si è occupata degli intro musicali. E’ un bel lavoro di squadra. Costantino e Aurelio hanno una professionalità e una pazienza infinita! Saremo a Napoli i giorni 1 e 2 aprile al teatro Arca’s a via Veterinaria n.63. La storia è incentrata sulla vita di due ragazze che vivono in un paesino piuttosto retrogrado. Siamo agli inizi del ‘900. Maddalena ed Annina sono innamoratissime. Non posso spoilerare troppo, posso solo dirti che è uno spettacolo che cerca di smuovere gli animi, le coscienze. Spesso sentiamo dire che “L’omosessualità non è un problema”. Il che è vero, però per molti non è un problema fino a quando non ce l’hai in casa. Lì le persone cambiano improvvisamente il pensiero. Oggi, come allora, è difficile affrontare un discorso così. Viviamo in una società che “accetta” e già il termine di per sé è completamente errato. Non c’è nulla da accettare! Accettare il fatto che uno sia moro e l’altro abbia i capelli rossi? Che uno sia alto e un altro basso? L’omosessualità esiste, nessuno deve elemosinare il permesso di essere se stesso. Noi esistiamo. Siamo nel 2017 e c’è ancora gente che decide per gli altri, se ciò che uno fa in camera da letto sia giusto o sbagliato!
Il suo lato forte, più potente, quello che combatte per ciò che ritiene giusto, esce fuori. le sue idee devono essere difese, vanno rispettate. Protette. In quanto essere umano e in quanto coinvolta in una storia d’amore importante. Ares è un cucciolo, ma sa tirare fuori le unghie quando è necessario. Le esperienze della vita la stanno modellando, regalandole una sensibilità assai rara da ritrovare. E’ l’unico momento dell’intervista in cui alza davvero la voce, prendendosela con un fantomatico qualcuno, che non è in grado di comprendere il suo bisogno di essere, per quello che è.
Io mi occupo di cinema. Qual è il film della tua vita e perché?
Non credo di averne solo uno. Credo che ce ne siano tanti, per il semplice fatto che credo ci sia un film per ogni periodo della nostra vita. Posso dirti a quale film io sia maggiormente affezionata: “The mask” con Jim Carrey. Un altro “incontro”, di cui parlavo prima. Da piccola, lo guardavo in continuazione. Andavo nell’asilo di mia mamma e mi esibivo nello sketch delle pallottole. Conosco tutte le battute a memoria! E’ il classico film che rivedo sempre con quel pizzico di malinconia.
Cosa dobbiamo attenderci da Ares Kent per questo 2017?
Eh … bella domanda! Ci sono in prospettiva tanti progetti, tanta voglia di fare cose nuove. Di provare. Ho letto dei libri che hanno impegnato la mia mente, mi sono rimessa a studiare (un attore, per migliorarsi, non finisce mai di studiare, ricordiamocelo!). Non per scaramanzia, ma non posso anticipare ancora nulla. Mentre io mi rimbocco le maniche, voi incrociate le dita per me (sorride).
Un abbraccio!
Grazie a te per la tua gentilezza!
Ares si allontana dopo avermi salutato affettuosamente. Le apparenze, spesso, ingannano. Cammina impavida, orgogliosa. Quella chioma biondo cenere andrà sicuramente lontano.

Marilia Marciello