Di Christian Coduto
In occasione dell’ultimo spettacolo della stagione del Drama Teatro Studio (Via Piave 195, Curti) di Rosario Copioso e Dario Pietrangioli, incontriamo oggi l’attore comico Vincenzo Comunale. “Sono confuso … ma ho le idee chiare” da lui scritto e interpretato, è una pochade ironica, ricca di battute pungenti, mai volgari. Sorprendentemente matura, nonostante la giovanissima età dell’autore. Si affrontano temi quali l’essenza della nascita e della vita, la difficoltà di trovare un lavoro, con un occhio alla politica che profuma di freschezza e originalità; un’analisi quasi filosofica. Si ride di gusto, ma si è protesi a ragionare, con un pizzico di amarezza. Il pubblico applaude ripetutamente. Al termine dello spettacolo, ci sediamo dietro le quinte e parliamo un po’.
Vincenzo è socievole, spiritoso, simpatico. “Beh è un comico, ci mancherebbe!” qualcuno potrebbe dire, ma non è così: tanti attori che hanno fatto della risata il loro punto di forza nel lavoro, nella vita privata sono decisamente malinconici. Lui preserva invece quella positività trascinante, contagiosa. E’ rilassato, molto soddisfatto dell’andamento della serata. Ascolta con attenzione ciò che gli viene detto. È una spugna: assorbe e ne fa tesoro. Ha un animo di una persona più adulta.
Vincenzo Comunale si racconta.
Chi è Vincenzo Comunale?
Un ragazzo di 21 anni, napoletano, uno studente universitario che si diletta a fare il comico! Un monologhista comico che cerca di trasformare la sua passione in un mestiere vero e proprio. Alcune esperienze importanti ci sono già state, sarà il tempo a decidere (sorride).
Il tuo mito è Massimo Troisi. Però hai una tua personalità ben definita. Quanto tempo c’è voluto per forgiare la tua vena artistica?
Credo che la personalità artistica sia la rivelazione del proprio talento. Ha dei tempi, è un continuo work in progress. Non puoi mai dire di essere arrivato. Il grande Totò diceva che i comici iniziano ad essere interessanti a 40 anni, io ne ho 21 figurati! (Ridiamo). Mi sto creando uno stile, scrivendo i testi dei miei spettacoli, nella postura, cercando di evitare la banalità e la volgarità. Allo stesso tempo, però, credo che nella costruzione di ogni identità sia necessario un punto di riferimento. Non amo solo Troisi, ma anche Vincenzo Salemme, Woody Allen, Jim Carrey, Enrico Brignano. Poi, ovviamente, svincolarci dai nostri modelli è la parte più difficile. Considera anche questo: fare il comico, a Napoli, è un po’ come fare il calciatore ed essere argentino … ti paragoneranno sempre a Maradona!
Che cosa fai nel tempo libero? Dove trovi l’ispirazione per ciò che racconti?
Un comico, a mio parere, è una sorta di medico: non è mai fuori servizio. Deve avere i recettori della risata sempre pronti a captare qualcosa, una ispirazione. E’ necessario un occhio vigile nei confronti della realtà, i nuovi linguaggi e così via. Solo così puoi portarli sul palco nella maniera più opportuna. In effetti, tra l’università e questo lavoro, non è che io abbia molto tempo libero, ma non disdegno le uscite con gli amici o un buon film.
Ci parli un po’ della tua esperienza a “Zelig”?
La realizzazione di un sogno! Sin da piccolo, mentre i miei amici sognavano di diventare calciatori, io volevo partecipare a questo programma televisivo, giuro! Ho sempre avuto le idee molto chiare, al riguardo. E’ stato bellissimo ritrovarmi accanto ad artisti che stimo; condividere il camerino con il Mago Forest e Ale & Franz per me è stata una grandissima emozione. L’ho considerato un punto di partenza, non di arrivo, ovviamente.
E’ un ragazzo pratico, ragiona su ciò che vuole fare e, solitamente, lo fa nel migliore dei modi. Parla di questa esperienza con orgoglio, gli occhi gli brillano, poi ritorna subito con i piedi per terra. Dice di essere una persona normale. Un termine che non deve essere frainteso: è normale il suo modo di vivere, senza vantarsi, senza divismi. E’ straordinaria invece la sua sensibilità.
Sei abituato a lavorare sia in teatri grandissimi, sia in realtà off come il “Drama” di stasera. In termini di empatia con il pubblico, quali differenze ci sono?
Contrariamente ad alcuni comici che, quando vedono una platea piena, hanno paura, io mi faccio forza, mi sento a mio agio. La risata si diffonde a macchia d’olio: è contagiosa. Gli spazi piccoli sono l’ideale per serate di laboratorio, per testare battute e pezzi. Come soddisfazione personale, un teatro enorme (a Zelig erano 2500 persone) è un’esperienza formativa. L’emozione c’è sempre, sia chiaro. Considera che la mia palestra è stata il Teatro Diana, un pubblico importante da 800 posti a sedere. L’empatia si può creare con 10, 100, 1000 spettatori. Un comico deve essere camaleontico e riuscire ad adattarsi alle varie situazioni.
La comicità non è mai fine a se stessa. Non si può fare ridere dall’inizio alla fine, senza un momento di riflessione. E’ necessario il retrogusto amaro, che i tuoi monologhi hanno senza ombra di dubbio …
Ti ringrazio per questa osservazione. E’ semplicemente un diverso modo di pensare. La mia filosofia comica, se possiamo definirla così, si basa proprio sulla meditazione. Credo che l’ironia sia uno strumento potentissimo per comunicare. Questo linguaggio va riempito di messaggi. Esiste anche una comicità fine a se stessa. Non la condivido, non la porterei sul palco, ma la rispetto.
Solitamente, quanto tempo impieghi per scrivere un monologo?
Dipende, non c’è una durata ben definita. Ci sono monologhi che hanno richiesto pochissimo tempo: l’ispirazione è stata folgorante, poi sono stati testati in scena e sono stati arricchiti. Altri pezzi, invece, hanno richiesto una gestazione decisamente più lunga.
Cosa dobbiamo attenderci da Vincenzo Comunale per questo 2017?
Questo non lo so nemmeno io! A parte la battuta, mi aspetto di continuare a fare quello che sto facendo: serate, live e così via. Lavorerò sia con il gruppo dello Zelig lab Salerno sia in proprio, con altri miei spettacoli da portare in giro nei locali e nei teatri.
Omaggio a Gigi Marzullo : fatti una domanda e datti una risposta
Uh, bella questa! Allora : qual è la domanda più difficile che potrebbero farmi? Questa! (ridacchia).
In bocca al lupo!