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Autore

Roberta Magliocca

Un medico in famiglia 10
CulturaIn primo pianoTv

Un medico in famiglia 10: un grande rientro!

scritto da Roberta Magliocca

Un medico in famiglia 10

Di Roberta Magliocca

Sembrava proprio che gli italiani non vedessero l’ora di rientrare in casa Martini e di farsi travolgere da quella famiglia così numerosa che ci spinge a pensare “beh, potrei essere un figlio o un nipote anche io!”. Lo share parla chiaro, boom di ascolti per Nonno Libero & Co. 

Al suono di tamburello e Pizzica, la prima puntata di Un Medico in famiglia – giunta alla decima stagione – parte sotto il sole della Puglia, tra ultimi giorni nell’acqua cristallina, vecchi personaggi e nuove abitudini

E grandi ritorni, soprattutto. Da Parigi, Lele (Giulio Scarpati) è tornato al suo posto di figlio, padre, nonno e medico.

I gemelli sono cresciuti, Annuccia è una giovane donna che sta pensando di iscriversi a Medicina. Una nuova colf prende il posto dell’amata Cettina e della simpaticissima Melina. Altri figli e nipoti sparsi per l’Italia, e un grande mistero che si affaccia a Pioggiofiorito. 

Tra i nuovi personaggi, infatti, c’è chi viene da un passato lontano e doloroso, legato alla prima moglie di Lele, Elena Solari in Martini. Di Elena si è sempre parlato nelle stagioni precedenti, perlopiù ricordi e commozioni per la sua prematura scomparsa. Ma non si è mai approfondito il personaggio, non ne abbiamo mai conosciuto le sfaccettature. 

Ed invece, si pensa che in questa stagione sentiremo molto parlare di lei, impareremo a conoscerla meglio e indagheremo nella sua sfera intima che non è proprio limpida. Un tradimento ai danni di Lele è stato appurato. Ciò che mette dubbi, non solo in Lele ma anche in noi spettaori, è la terza gravidanza della coppia, concepita proprio nel periodo di quella storia d’amore parallela e adultera.

Annuccia è o non è figlia di Lele?

A quanto pare, questo è il mistero che ci accompagnerà per tutta la stagione. Ma c’è la sensazione che dovremmo aspettarci tanti colpi di scena. Soprattutto prepariamo accanto al divano un bel pacco di clinex perchè ne avremmo bisogno. 

Come già annunciato dagli stessi personaggi in anteprima, infatti,  il tema della paternità la farà da padrona in questa nuova serie. E una Italia come la nostra, sempre pronta ad esaltare la madre a discapito di padri che troppo spesso sono messi all’angolo, forse avrà molto da imparare.

Non ci resta che goderci la seconda puntata, questa sera, sempre su Rai 1, e prepararci alla possibilità di forti emozioni.

Un medico in famiglia 10: un grande rientro! was last modified: settembre 8th, 2016 by Roberta Magliocca
8 settembre 2016 0 commenti
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Pubblicità
CulturaIn primo pianoTv

Pubblicità: a volte esagerano

scritto da Roberta Magliocca

Pubblicità

Di Roberta Magliocca

Piccolo spazio pubblicità

Un tempo c’erano le pecorelle in bianco e nero, la scritta “Intervallo” ed una musichetta che accompagnava l’attesa di chi non vedeva l’ora che riprendesse il film o il programma temporaneamente interrotto. Quello fu il verbo, il principio, l’alba della televisione. Poi venne “Carosello”.

Era il Febbraio 1957. In onda ogni sera – dalle 20.50 alle 21.00 – teneva incollati alla televisione tanti di quegli spettatori da divenire un vero e proprio fenomeno, fino ad essere arma nelle mani di genitori nei confronti di bambini capricciosi. Mangia tutto – o fai il bravo! – altrimenti a letto senza Carosello. Un programma televisivo che si esprimeva in una serie di filmati – sulla scia di sketch comici da teatro – che terminavano con messaggi pubblicitari. Nel 2014 si era pensato di dargli una lucidatina, una sistemata e farlo ripartire, ma senza il successo che fu. Forse perchè, oggi, il messaggio da mandare è diverso. O meglio, il messaggio richiesto è diverso. Studi sociologici di comunicazione hanno portato alla luce una realtà che tutti abbiamo sotto gli occhi ma che pochi riescono a vedere. I programmi privi di contenuto, film con trame decisamente poco accattivanti, i dibattiti politici spesso conclusi come volgari lotte nel fango, giocano sulla totale mancanza di interesse da parte dello spettatore affinchè sia la pubblicità a suscitare interesse in chi, passivamente, accetta ciò che gli viene proposto.

E così, Antonio Banderas, evidentemente annoiato dalla sua immagine di sex symbol, naturalmente seccato dalla sua fama di stimatissimo ed eccellente attore, giustamente infastidito da quell’aura di mistero che avvolge tutte quelle star cariche di charme e lavorativamente privilegiate. Ecco che, deciso a dare una bella scossa alla sua carriera, decide di indossare un’elegantissima parannanza e far girare la sua vita intorno a biscotti e croissant così come a girare è il mulino dove vive.

Per non parlare di Kevin Kostner e le sue insalate di tonno consumate al tramonto con le comari del paese.

E Bruce Willis? Niente navigatore nel suo macchinone con autista. Allora una fantastica Apecar (o trerrote!) lo trasporta sano e salvo ad un gala elegante e brulicante di star.

Ed Enrico Ruggeri deve passarsela proprio male per prestare la voce ad una carbonara.

Ma non c’è solo assurdità nelle pubblicità. Vi si può scorgere anche dolcezza ed intelligenza. Come l’uomo che impara ad installare un doppio lavabo nel bagno affinchè possa insegnare al figlio a farsi la barba. Per la serie, non tutto è perduto. Ma se per caso vi doveste imbattere in un’imbarazzante lettera alle ascelle, tutta la poesia svanirebbe.

Da studentessa universitaria, poi, taccio sulla festa da Paolino in due sul motorino perchè la mia estate italiana non ha nulla a che fare con le stelle e un gelato farebbe il gioco solo della mia cellulite.

Pubblicità: a volte esagerano was last modified: settembre 8th, 2016 by Roberta Magliocca
7 settembre 2016 0 commenti
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Santarantella
CulturaIn primo pianoTeatro

SanTarantella. La danza è la nostra preghiera

scritto da Roberta Magliocca

SanTarantella

Di Roberta Magliocca

SanTarantella dacci oggi il nostro ballo quotidiano, ci rimettiamo a te con ossa, sangue e piedi

Come fedeli all’altare per unirsi al corpo di Cristo, gli adepti di SanTarantella mangiano tarante e pregano ballando in questo scenario di musica e follia, di devozione a ciò che non c’è, o se c’è, è un qualcosa ben nascosto nelle menti di chi non riesce a far altro che danzare, perché la danza è la loro preghiera.  La compagnia SuDanzare ha messo in scena in giro per i teatri del sud, “SanTarantella – La danza è la nostra preghiera” per la regia di Tullia Conte. Su quel palco qualcosa è successo. Il sacro ha danzato con il profano, la normalità si è fusa a tal punto con la pazzia che nessun uomo, saggio o stolto, nobile o plebeo, devoto o ateo, avrebbe mai potuto tracciarne un confine. Chi, infatti, preso da assoluta presunzione, farebbe del suo dito un’ arma da puntare contro chi balla, ininterrottamente, additandolo come folle, pericoloso per sé stesso e limitatamente anche per gli altri? Eppure succede ai protagonisti dello spettacolo , tutti apostoli di questa nuova religione che vede nella tarantella il suo fulcro e il suo Dio, rinchiusi in un ospedale psichiatrico perché, come detto precendentemente, ritenuti pericolosi.

Uno spettacolo travolgente, con musiche legate alle tradizioni del Sud Italia, ma con movimenti della più energica danza contemporanea che si possa immaginare. La bravura di quei corpi perfettamente sposata ad una grande interpretazione che, pur senza parole, ha veicolato il messaggio giusto, un significato che ha colpito in pieno noi spettatori. SanTarantella è stato dedicato a Francesco Mastrogiovanni, maestro di scuola elementare, morto nel 2009 dopo 4 giorni di agonia, abbandonato da medici e infermieri in un reparto psichiatrico di Vallo della Lucania. Perché fosse stato rinchiuso? Le sue idee che coincidevano con i suoi ideali, ma che non coincidevano con quelle di una realtà a lui ostile. Ed io sono una giornalista, in questo momento, e come tale non posso dare giudizi, ma attenermi ai fatti. Ma lasciatemi dire che morire per le proprie idee, essere ritenuto pericoloso solo perché  queste suddette idee non bene si confanno a quelle di un’intera società (o quelle che una parte della società, generalmente quella al vertice, decide che siano idee di tutti quelli che ne fanno parte. Sottilissima differenza) non fa onore ad un paese che si autocelebra come civile. Ma non voglio andare oltre e creare qui una disquisizione su cosa sia stato giusto o sbagliato, di cosa sia andato storto o meno. Questo articolo nasce per esporre una critica, estremamente positiva ed emozionata, di uno spettacolo che non lascia indifferenti e che copre di orgoglio l’arte in una città, Napoli, che a volte fa fatica a far emergere il buono. SanTarantella ha fatto emergere il meglio. Proprio per questo ringrazio la regista Tullia Conte che, con estrema gentilezza e disponibilità, mi ha concesso un’intervista che, come dulcis in fundo, ho deciso di lasciare alla fine di questo articolo.

“SuDanzare”. Quante parole in una sola. Il Sud, il nostro tormentato, profondo, amatissimo e a volte odiato sud, la danza, il sudore per una passione che diventa follia. Quando nasce questo progetto e, soprattutto, quali sono gli obiettivi che SuDanzare vuole raggiungere?

SuDanzare é un collettivo formato da insegnanti di danza tradizionale italiana​, ciascuno con il suo percorso personale. Il contributo di ciascuno é necessario e rende l’associazione unica nel suo genere. L’associazione é nata in Francia ma ha due sedi principali: una a Napoli (Italia) ed una a Parigi (Francia).
L’associazione ha due progetti principali: la Scuola di danza popolare contemporanea e la Compagnia di Teatrodanza.
A Parigi, dove vivo si trova la nostra prima sede. In questa bella città ho avuto la fortuna di incontrare altri migranti come me che con il loro apporto hanno reso suDanzare un’esperienza meravigliosa: Mattia Doto, danzatore contemporaneo e pedagogo che ha arricchito il progetto con le sue conoscenze in termini di danza, coreografia e un approccio olistico all’utilizzo del corpo; Barbara Bitetti, danzatrice di capoeira e di tarantella e  Martina Ricciardi, danzatrice afro-contemporanea che con il loro patrimonio di conoscenze, permettono di effettuare delle interessanti comparazioni tra diverse danze. Inoltre tutti i membri della compagnia di teatro danza (sono 13, francesi e italiani) con il loro impegno costante rendono possibile la creazione di progetti internazionali, come il nostro ultimo spettacolo che si chiama “sanTarantella”. Gli obiettivi di suDanzare sono di aprire altre sedi, ovunque nel mondo. A Napoli la sede è gestita dalla danzatrice Angela Esposito, che si occupa dei corsi di danza di tutti i livelli, ma anche io ci torno spesso ad insegnare.

Da Parigi a Napoli, sulla Tour Eiffel come a Mergellina.  Quale scia degli eventi vi ha portato a ballare dans les rues de Paris?

Il paese in cui siamo nati, l’italia, non ha politiche per i giovani. Siamo una generazione ridotta davvero male e ci siamo dovuti spostare non per scelta ma per necessità oggettiva di costruirci un futuro, di darci una possibilità. In Italia ho fatto questo lavoro per dieci anni, sempre in nero e senza alcuna garanzia, nonostante fossi diplomata per farlo. Non commento le politiche in materia di teatro, altrimenti la mia risposta sarebbe talmente lunga da occupare tutto il sito!

All’estero ho avuto la possibilità di gettare le basi per un’impresa, quindi mi dispiace dirlo perché io sono innamoratissima della mia città, Napoli, ma sotto la tour eiffel si sta molto diversamente che a Mergellina. Poi la migrazione costa caro, perché non vedi mai il mare di napoli per esempio, ma sicuramente le politiche estere in materia di lavoro sono molto più serie di quelle italiane.

 

 

 “SanTarantella. La danza è la nostra preghiera”. Sacro e profano. Uno spettacolo ispirato alla storia di Francesco Mastrogiovanni, la cui morte ha davvero nulla di sacro e troppo di profano, un’ingiustizia che macchia la dignità di un intero paese. Ancora una volta. Chi è SanTarantella? Chi era Francesco Mastrogiovanni?

SanTarantella è un esperimento unico nel suo genere, le coreografie dello spettacolo sono costruite solo sulla base del codice della tarantella, una danza millenaria, una ricchezza della nostra cultura che affonda la memoria nel passato archetipico dei popoli del mediterraneo. Inoltre lo spettacolo non racconta di miti greci oppure di donne tarantate, com’è costume fare quando ci si riferisce artisticamente alla danza della tarantella (o della “taranta”), bensì descrive l’ambiente sociale che si è creato intorno alla rivalutazione della musica e della danza popolare italiana, cominciata negli anni 70 ed oggi divenuta parte della cultura massificata. Questo fenomeno chiamato appunto “taranta” è il motore di un mondo parallelo, con sue proprie credenze, convinzioni, divisioni sociali. Come insegnante di tarantella faccio parte anche io di questo mondo, ma come esperta di antropologia l’ho osservato in maniera partecipata, ed ho scelto di raccontarlo nello spettacolo che ho scritto: la tarantella contemporanea che appassiona la gente al punto da essere diventata come una religione. Nello spettacolo gli adepti sono rinchiusi in un manicomio, perchè, come recita il referto, sono “pericolosi per se stessi e limitatamente anche per gli altri”, in quanto si interessano solo alla danza della tarantella e non vogliono sentir parlare d’altro. L’astuzia scenica, di raccontare il mondo segreto di questi “santarantellari”, serve a mostrare al pubblico in maniera ironica quali mondi siamo in grado di costruire intorno ad un’idea fissa e quanto possa essere pericolosa un’idea che si trasforma in un dogma. L’istinto dello spettacolo è fortemente antipsichiatrico: anche la scienza cade spesso nel dogma, nel paradosso. Il motore di queste riflessioni che mi hanno condotto alla scrittura dello spettacolo è stata la morte di Francesco Mastrogiovanni, ucciso nel reparto psichiatrico di Vallo della Lucania. Francesco Mastrogiovanni aveva 58 anni e faceva il maestro elementare. In una mattina di fine luglio del 2009, un vasto quanto inspiegabile spiegamento di forze dell’ordine è andato a prelevarlo, letteralmente, nelle acque della costiera del Cilento (Salerno) e lo ha portato al centro di salute mentale dell’ospedale San Luca, a Vallo della Lucania, per un trattamento sanitario obbligatorio.

Novantaquattro ore dopo, la mattina del 4 agosto 2009, Mastrogiovanni è stato dichiarato morto. Durante il ricovero è stato legato mani e piedi a un letto senza un attimo di libertà, mangiando una sola volta all’atto del ricovero e assorbendo poco più di un litro di liquidi da una flebo. La sua dieta per tre giorni e mezzo sono stati i medicinali (En, Valium, Farganesse, Triniton, Entumin) che dovevano sedarlo. Sedarlo rispetto a che cosa non è chiaro, visto che Franco non aveva manifestato alcuna forma di aggressività. La legge prevede infatti la possibilità di applicare misure di contenzione nel caso in cui i pazienti siano da considerarsi pericolosi. Nonostante Franco fosse stato sedato per errore ben due volte (cosa che renderebbe inoffensivo chiunque) il protocollo è stato applicato lo stesso, ed egli è stato legato al letto per ben quattro giorni (anche se gli sono stati immobilizzati tutti gli arti e questo è contro la legge)senza mai essere nutrito o dissetato, dunque è morto dopo 90 ore di agonia che io, come tanti italiani, ho potuto vedere nell’agghiacciante video ripreso dalle telecamere del reparto e reso noto dai familiari per cercare di avere giustizia rispetto a questa vicenda che oltre ad essere un esempio di malasanità, racconta la perdita di ogni umanità. La morte assurda di Franco l’ho vista anche negli occhi dei suoi familiari, persone belle ed umane che hanno reagito a tutto questo orrore con dignità.

Ad ottobre si è concluso il processo in primo grado per la morte di franco,  dove il giudice Elisabetta Garzo ha condannato i medici per sequestro di persona, omicidio colposo e falso in cartella, ha invece assolto tutti gli infermieri. A Novembre partirà il processo in appello, dato che secondo la procura gli infermieri non hanno dimostrato di avere cura dei malati e di costringerli in condizioni di scarsa igiene.

La visione che ho del teatro è fortemente politica, nel senso che lo credo un mezzo utile per mettere in luce le vicende umane su cui dobbiamo riflettere, e in quest’ottica tutta la compagnia suDanzare ha deciso di dedicare lo spettacolo a Franco, per aiutare un passaggio di informazioni che diventa macchinoso quando ci si scontra con un sistema che vuole solo autocelebrarsi. Inoltre la tarantella, come musica utilizzata nella cura dei tarantati, era considerata un antidoto contro il male di vivere, il cattivo passato.

Un’ultima domanda prima di salutarti e ringraziarti. Ogni cultura ha una sua preghiera, una sua devozione, un proprio ballo come occhi nuovi per guardare il mondo. Perché SuDanzare sceglie la tarantella?

La tarantella è un codice di movimenti che nella storia dell’umanità è stata utilizzata a più riprese per accompagnare i momenti conditi da “emozioni estreme”. Tutt’oggi essa è ancora un codice utile per la gestione delle emozioni. Abbiamo scelto di occuparci di questa danza, rispettandone e studiandone accuratamente la storia secondo una prospettiva di antropologia teatrale, perché la riteniamo utile per gli uomini e le donne di oggi, che grazie al consumismo sempre più sfrenato, stanno perdendo il contatto con le proprie emozioni e con il proprio corpo. E vi assicuriamo che l’Antidotum funziona, provare per credere!

Qualunque sia il vostro credo, qualunque Dio voi veneriate, sappiate che la musica mai smetterà di suonare e la gente (chiamatala anche pazza!)  mai smetterà di ballare.

SanTarantella. La danza è la nostra preghiera was last modified: settembre 8th, 2016 by Roberta Magliocca
6 settembre 2016 0 commenti
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Berlino
Dall'Italia e dal MondoIn primo pianoViaggi Interessanti

Berlino e la bellezza in espansione

scritto da Roberta Magliocca

Berlino

Di Roberta Magliocca

27 Luglio. Berlino e la bellezza 

Giorno 1. “Il cielo è azzurro sopra Berlino“, disse qualcuno anni fa. Già. Il cielo oggi, qui a Berlino, è azzurro e il sole è pieno, caldo, dannatamente caldo. Esco di casa, capelli raccolti alla meglio, due gocce di sudore scendono lente lungo la linea curva della schiena. Odio l’estate. Cammino buttando occhi qua e là. Poi li riprendo per buttarli poco più avanti. Strade larghe, immense. Almeno tre corsie per senso di marcia. Palazzoni sfrecciano verso l’alto e quasi lo sguardo fa fatica a vederne la fine. E poi lui, l’omino dei semafori. Ohhh, che buffo.

Un simpatico pupazzetto verde, con bombetta in testa, nell’atto di attraversare. Caratteristico evidentemente, visto i numerosi negozi di souvenir a lui dedicati. Ma, torniamo alla mia passeggiata. Innumerevoli starbuks sulla mia strada. Che meraviglia. Oltre gli occhi, comincio a buttare qui e lì anche l’obiettivo della mia macchinetta fotografica. Arrivo alla stazione della metro, un nome impronunciabile. U6. Poi U9. Prima tappa di questo lungo weekend berlinese: Castello di Charlottenburg, il più grande palazzo storico rimasto a Berlino dopo la seconda guerra mondiale. Un po’ di fila per fare i biglietti. Tessera studenti. Ridotto. (Che sarà arrivata anche qui la voce delle tasse universitarie italiane?).Cuffiette che mi sparano nelle orecchie la voce di un colto ragazzo che, in italiano ovviamente, mi spiega ciò che andrò a visitare di lì a poco. Tutto imponete e suggestionante. Stanza Rossa. Stanza Blu. Stanza Ovale. Stanza Damasco. Stanza Verde con sfumature viola. Stanza Gialla con un nonsocchè di arancione, tendente al corallo spinto. Stanza checoloresaràmaiquesto.

I dipinti mi tengono incollato lo sguardo ai loro colori, esattamente come le stanze. La più bella è quella delle feste da ballo. In un attimo m’immagino dama del ‘700, invitata alla corte di Sophie Charlotte (‘onna sofì, per gli amici). “Per passare alla descrizione della stanza successiva, premi il tasto verde”, tuona la voce della guida. E io, la guida, me la immagino fisicamente. Un George Clooney nostrano. Spezzo l’incantesimo del ballo di corte e, in un attimo, sono nella stanza della bellezza (e sottolineo BELLEZZA). C’è una toletta dove Sophie si faceva BELLA per le papere del suo giardino o per chi andasse a trovarla. La stanza della BELLEZZA ( e ri-sottolineo BELLEZZA, non stanza, ma BELLEZZA) è piccola, verde bottiglia, ben proporzionata. Vari oggetti, sedie, piccoli divani arredano il piccolo spazio, ma, il soffitto attira la mia attenzione. In alto, infatti, è rappresentata Venere, dea della bellezza (scusate se molesto ancora i vostri occhi ma è importante sottolineare ancora una volta la parola BELLEZZA). E’ bella lei. Capelli lunghi, carnagione pallida.

Ma, non mi è sfuggita, di grazia, la sua corporatura. Venere, bontà sua, si sarà aggirata intorno agli 80 kg (etto più, etto meno). Ricordo a quei pochi lettori che avranno avuto la pazienza di arrivare a questo rigo del racconto, che stiamo parlando della dea della BELLEZZA…BELLEZZA, cioè, vamoseacapisse. A questo punto, la conclusione di questa visita guidata non può che essere la seguente:

LA BELLEZZA È CHIATTA!!!

Berlino e la bellezza in espansione was last modified: settembre 8th, 2016 by Roberta Magliocca
6 settembre 2016 0 commenti
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Donna tatuata
Dall'Italia e dal MondoIn primo pianoNotizie fuori confine

Io, donna tatuata del Sud. In risposta alla caduta di stile di alcuni “giornalettisti”

scritto da Roberta Magliocca

Donna tatuata

di Roberta Magliocca

Premessa. Io, donna tatuata del Sud. Io che, giornalista, non dovrei cedere alle provocazioni. Io che, quando malauguratamente inciampo in maldestri tentantivi di critica sociale da parte di sedicenti giornalisti che nemmeno saprebbero venderlo un giornale, dovrei ridere dell’ignoranza e passare oltre.

Ma l’amore per il mio lavoro, il sudore, le notti insonni, i mal di testa dopo dodici ore ininterrotte davanti ad un pc, mi ispirano altruismo. Devo al mio lavoro la stessa serietà e dignità che ogni giorno l’essere giornalista mi impone.

E allora, no, stare zitta di fronte la stupidità umana, liquidando ogni scempiaggine come se l’autore della stessa fosse una voce fuori dal coro significherebbe giustificare. E giustificare significherebbe capire, trovare una logica a ciò che logica e comprensione non è attribuibile.

Perchè c’è un limite che non deve essere oltrepassato. Eppure qualcuno lo ha fatto. Qualcuno che ha abusato della lingua italiana per sputare giudizi non richiesti, fango e insulti gratuiti.

Non so come spiegarvi il senso di orticaria che il leggere certe parole mi ha dato, spingendomi a scrivere ciò che ho premesso fino ad ora e ciò che scriverò da qui a qualche momento.

Io, dicevo, donna tatuata del Sud. E in quanto campana la tammorra tatuata sul piede sinistro suona tutta la melodia che mi lega a questa terra meravigliosa e dannata, dilaniata dall’ignoranza di chi crede che sparare a zero contro la mia terra renda migliore i non-napoletani, i non-estroversi, i non-volgari.

E se è vero che io, donna tatuata del sud, non sono certo tatuata per nobiltà (?) marinara, nè per senso di appartenenza a qualche categoria ben precisa, non mi sento una poveraccia affetta da narcisismo, nè ho bisogno di chance per sentirmi strafiga. Forse chi scrive sciocchezzuole insensate ed infondate ha bisogno di quell’opportunità per brillare rubando luce a chi – tatuando il proprio corpo – non fa del male a nessuno, ma del bene a se stesso. Chi non ha luce, ne cerca altrove. E se pure prova ad essere luminoso con l’energia altrui, non riesce ad emanare grandezza. Allora tenta di spegnere gli altri. Fallendo.

E un’altra verità è stata detta da uno di questi giornalettai da quattro spicci. Il buon gusto non si può imporre per legge. Non si possono vietare i tatuaggi e non si può vietare la procreazione di esseri tanto ignoranti da imparare a leggere e a scrivere senza imparare buona educazione e grandezza d’animo.

Quanto al conformismo che prenderebbe noi cafoni del sud marchiati a fuoco come gli indigeni che furono, non sarà più o meno marcato di quello che invade i timorati di Dio la domenica mattina in Chiesa, o chi cerca con i propri figli i Pokemòn – ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale – o, ancora, chi indossa mocassini e maglioncini legati al collo.

Saremo pure conformisti, ma il tatuaggio è la forma più alta di responsabilità che un ragazzo possa intraprendere. Ci assumiamo i rischi di stancarcene domani, pagando con la nostra pelle un errore fatto a nostre spese. Quanti medici, poliziotti, giornalisti (etc.) possono dire di pagare a loro spese gli errori che modificano e rovinano vite di coloro che gli capitano a tiro?

E ci dispiace davvero tanto se qualcuno, andando in spiaggia quest’estate, ha dovuto subire questo assurdo panorama di noi tatuati, di pelle abbronzata e conformista, di labbra rifatte e consumistiche. C’è una soluzione per chi non vuol vedere ciò che – soggettivamente – non piace. Chiudere gli occhi o non uscire di casa. Eppure sono sicura che questi signori da giacca e cravatta, con la pelle bianca senza nemmeno una cicatrice, per raggiungere l’orgasmo nell’unico atto sessuale mensile con la propria moglie – anch’essa bianca e senza tattoo – sogna una donna tutta rifatta e tatuata, conformista e giovanissima, di contemporanea memoria.

Io, donna tatuata del Sud. In risposta alla caduta di stile di alcuni “giornalettisti” was last modified: ottobre 21st, 2016 by Roberta Magliocca
21 ottobre 2016 0 commenti
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terremoto
CronacaIn primo pianoParliamone

Terremoto al Centro Italia: la testimonianza di Sara, una ragazza di Roma

scritto da Roberta Magliocca

Terremoto

Di Roberta Magliocca

Terremoto, le testimonianze

Da questa notte non si parla d’altro. E non si vede altro. I nostri volti, i volti di tutta Italia, assonnati ma pronti per andare a lavoro, o al mare per chi è ancora in vacanza, o a studiare per chi ha esami a Settembre all’Università o materie da recuperare a scuola. Tutti i visi, sgomenti, davanti  la televisione. 

Un bilancio che, provvisorio, ci aggiorna sul numero delle vittime. Non si arresta. Prima quattro, poi dieci, poi ventidue. Ora 37 i morti accertati, ma purtroppo è ancora troppo presto per dire STOP. Sappiamo bene che il bilancio salirà, i terremoti degli ultimi dieci anni ci hanno abituato a questi scenari apocalittici.

Ma tanti sono i sopravvisuti, tantissime le persone che vengono estratte vive dalle macerie dai volontari della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco. Ancora speriamo, dunque, ancora si spera.

Noi giornalisti, intanto, cerchiamo di raccogliere le testimonianze di chi ha vissuto l’incubo. Questa mattina abbiamo parlato con Sara, una ragazza di Caserta che da quasi un anno si è trasferita a Roma per lavoro. 

Ho avuto tantissima paura.  Ho sentito tutte e tre le scosse, sia quella alle 3:30 che quelle delle 4:30. Ho afferrato cellulare e chiavi pronta ad uscire di casa. Ma poi si è tutto fermato. Ho tremato anche io per un po’. Peró, poi, tutto ok.

Però, poi, tutto ok. Speriamo possano dirlo quante più persone possibile.

Terremoto al Centro Italia: la testimonianza di Sara, una ragazza di Roma was last modified: agosto 25th, 2016 by Roberta Magliocca
24 agosto 2016 0 commenti
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Storie
Dall'Italia e dal MondoIn primo pianoNotizie fuori confine

Storie tra le macerie

scritto da Roberta Magliocca

Storie

Storie

Di Roberta Magliocca

Scrivo. Il tuo corpo, nudo e stanco sotto le lenzuola. E io…scrivo.

Scrivo di questa stanza, campo di battaglia. La nostra battaglia. Quanta vita mi hai passato stanotte. Mi sono vista nelle tue mani. Mi piace ciò che ho visto. Io e te…e il mare d’inverno. Ma non serve a nulla. Non servono a nulla i colori con i quali mi hai dipinta. Me lo hai detto tu, i tuoi disegni, una volta completati, li distruggi. E allora non completarmi. Lasciami così, non finita…INFINITA. Infinita come quelle litigate che hanno portato i nostri corpi ad accendersi di nuova violenza. Infinita come le nostre distanze. Infinita come i miei occhi a cui non sai resistere. Infinita come il mio petto che pulsa troppo. Come il tuo petto che pulsa troppo poco. Troppo poco,sì! Perchè tu non ne hai bisogno, giusto? Non hai bisogno dei pensieri che quotidianamente fai di noi. Pensieri che, in questo momento, turbano il tuo sonno. Sei inquieto, agitato. Cosa c’è? Sogni di noi? Lo so, lo so…sono presuntuosa; anzi no, prepotente…come dici tu. La verità è che, altrove, siamo ben più avanti di così. Su quella spiaggia invernale abbiamo trovato il coraggio di viverci. Ma fa troppo caldo ora per percepire il freddo di quella stagione; un caldo che impedisce ogni possibile vicinanza. Questo caldo, però, non m’impedirà, adesso, di posare questi pensieri lontano da noi, per dedicarmi a te per quel po’ che resta. Asciugherò la tua schiena, ti sentirò bollente pulsarmi dentro ancora una volta come se fosse l’ultima.

Ti prego, dipingi questa notte….ma non buttarla via. Questo capolavoro che ci siamo donati, salvalo. Ancora una volta mi dirai…”Non serve a nulla!”. Può essere. Ma voglio imprigionare il nostro ricordo tra queste lenzuola. Non serve a nulla. Eppure qualcosa è successo. Eppure qualcosa sta succedendo.

Le macerie che ora ci avvolgono arrestano i nostri respiri ma non il nostro grande orgoglio di essere noi, insieme. Insieme nella vita, insieme in questa morte bastarda. La terra trema e tremo anche io davanti a te. Per amore, non per paura. Stiamo morendo insieme, eppure, io sono nata quando sei nato tu. Nessun terremoto potrà sgretolare il nostro miracolo.

Storie tra le macerie was last modified: agosto 25th, 2016 by Roberta Magliocca
24 agosto 2016 0 commenti
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Orbs
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo pianoNotizie fuori confine

IL GIARDINO DI ORBS E CRISTALLI. MOSTRA PERMANENTE DI RENATE LECHLER

scritto da Roberta Magliocca

Orbs

Di Roberta Magliocca

L’acronimo ORBS indica le “Sfere Brillanti ad Orbitale Ridotto”.  Termine di lingua inglese, ORB definisce un effetto ottico risultante in piccole sfere (somiglianti a globi di luce)  che talvolta appaiono nelle immagini fotografiche o nei filmati pur non corrispondendo ad oggetti visibili ad occhio nudo. Si dice tendano ad apparire più frequentemente dove c’è una buona atmosfera, nutrita d’amore, armonia, gioia e dedizione. Ecco perchè le prime foto scattate dai ricercatori sono apparse durante cerimonie particolari, oppure accanto a bambini ed animali, che nella loro innocenza sono degli emanatori incondizionati d’amore e di giocosità.

Renate Lechler , di origini tedesche, ne è rimasta affascinata vedendole in foto durante le celebrazioni del 21.12.12 sotto le piramidi Maya in Messico.

Renate vive e lavora tra le colline fiorentine, dove ha dato vita all’incantevole parco energetico ”Giardino di Orbs e Cristalli”

Il 7 settembre 2014, in questo sorprendente giardino, è stata inaugurata la prima MOSTRA PERMANENTE tutta dedicata agli ORBS. In un parco esclusivo, unico al mondo ed energizzato dalla presenza di giganteschi cristalli di varia natura, si possono ammirare, tra gli alberi e il BioLago, più di un centinaio di gigantografie stampate su lastra. Una mostra che si può visitare attraverso una passeggiata indimenticabile: tra vari percorsi e pittoreschi angoli del giardino, dove crescono piante sane e felici, nutrite dagli EM (Microrganismi effettivi), dalle meditazioni e dall’atmosfera dell’Agnihotra, potrete liberamente ammirare le foto più spettacolari della ricerca di Renate e godere dell’ambiente sacrale tutto intorno, tra statue e piccoli templi, piante da frutto, dispositivi per la produzione di energia e macchinari orgonici per la salute dell’ambiente. Per gruppi di almeno 4-5 persone, è possibile anche fare una visita guidata, su prenotazione. Il Giardino di ORBS e Cristalli è visitabile tutto l’anno, con la luce della mattina o del pomeriggio e compatibilmente alle condizioni atmosferiche.

Renate Lechler. Negli anni, a partire dagli studi di Orgon Terapia, ha conseguito, in Italia e all’estero, molteplici specializzazioni, occupandosi sempre di benessere per persone, animali, piante e ambiente. Esperta energetista e ricercatrice spirituale, pratica meditazioni, Fiamma Viola, Agnihotra, Tellington TTouch, Sound Healing e tanto altro. L’esperienza della pittura, ma soprattutto la Comunicazione Telepatica, la scuola Maya di Nah Kin (Yucatan, Messico) e la formazione in Soul Voice, come insegnamenti volti allo sviluppo delle capacità sensitive ed extra-sensoriali, sono stati gli elementi della sua vasta formazione che hanno maggiormente favorito la possibilità di entrare in contatto con gli Orbs. Il suo libro, ORBS e presenze di Luce. Uinvisibile è visibile, accompagnato da articoli, mostre fotografiche e conferenze, è uno dei frutti della sua ricca ricerca personale su questi fenomeni luminosi, iniziata nel 2012. Organizza periodicamente giornate di informazione sugli Orbs e corsi su come fotografarli e utilizzarli per la crescita personale.

IL GIARDINO DI ORBS E CRISTALLI. MOSTRA PERMANENTE DI RENATE LECHLER was last modified: agosto 25th, 2016 by Roberta Magliocca
20 agosto 2016 0 commenti
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Terremoto
Editoriale

Core ‘ngrato è un calciatore, non un innamorato – L’Editoriale

scritto da Roberta Magliocca

Core ‘ngrato

Di Roberta Magliocca

Un giorno, all’improvviso, mi innamorai di te. Le storie d’amore cominciano così. E di storie d’amore ce n’è di tutti tipi. Tra uomo e donna, il più “vecchio” del mondo, tra uomo e uomo, tra donna e donna, anche questo tipo d’amore sempre esistito ma che solo ora – a botte e a spintoni – sta trovando il suo posto nel mondo. Amore tenerissimo per i nostri amici a quattro zampe, amore colmo di gratitudine per i genitori, amore complice per fratelli e/o sorelle. E poi c’è lui, l’amore grande e indescrivibile, che agli occhi dei più superficiali può sembrare esagerato, amore per una maglia che non è semplice tifo ma senso di appartenenza, frammenti di vita di un popolo che – seppur giocando – manifesta orgoglio e identità.

E se, in quest’ottica, cerchiamo di guardare le cose, la vicenda che – da settimane – ruota intorno all’ormai ex giocatore del Napoli, ora Juventino,  Gonzalo Higuaìn non ci sembrerà affatto sproporzionata all’entità del danno subìto dal popolo partenopeo.

Come il miracolo del sangue di San Gennaro, i napoletani servono la maglia come un prete il suo Signore all’altare. Paragoni forti, me ne rendo conto. Ma il gioco, per la città di Napoli è il suo aprirsi al mondo. Durante la stagione di Maradona, con la vittoria dello scudetto, Napoli diventò azzurra architettonicamente parlando. Tutta azzurra, ancora oggi ne rinveniamo delle tracce sui muri della città.

Ecco l’importanza di un gioco che, anche a livello pedagogico, fin dall’infanzia insegna a vincere e a perdere. O meglio, è quello che dovrebbe insegnare. Perchè nel meccanismo bisogna saper perdere, non sempre si può vincere non sembra ci siano entrati proprio tutti.

Oi vita, oi vita mia, oi core e chistu core,si stat o’ primme ammor e o’ primme e l’ulteme sarai pè mmè

Alto tradimento, dunque, quello di Gonzalo Higuaìn. Non solo lascia la squadra di cui la maglia aveva appassionatamente baciato, ma lo fa senza spiegazione e per la reale nemica di sempre, la vecchia signora bianconera. Per un popolo geloso come quello napoletano, trovare la moglie a letto con l’idraulico sarebbe stato di gran lunga più sopportabile.

Va da sè che le reazioni partenopee non si sono fatte aspettare. Vignette taglienti, status al vetriolo sui social, lacrime per un amore finito. Forse qualche limite si è oltrepassato. Già, perchè credere che un giocatore di calcio possa essere preso dalla stessa passione di un tifoso, ed anteporla ad un cachet davanti al quale, probabilmente, molti di noi avrebbero venduto organi e genitori, beh, forse è stato un po’ avventato.

Restarci male è comprensibile, scherzarci su va più che bene, cadere in auguri di infortuni e sciagure forse denota ignoranza e mancato senso della realtà.

Quindi questo core ‘ngrato, così come è stato ribattezzato Higuaìn , ha seguito ambizione e carriera lasciando ai tifosi fazzoletti da sposina mollata sull’altare. E Facebook si è divertito. Tra tanti siparietti simpatici, quello della neonata casertana Gnetto Production – raccoglitore di idee , artisti ed operatori collegati alle video produzioni – ha già fatto il giro del web. Da un’idea di Corrado Del Gaizo, con la partecipazione degli attori Massimiliano Oliva e Francesco Cimmino, è nata una parodia tutta da ridere.

Messaggio per uno che baciava la maglia

 

Senza citare nomi o cognomi, senza un reale riferimento al giocatore argentino, il video girato vuole essere una sottile presa in giro al mondo calcistico tutto, alla sua esagerata esasperazione, ad uno spirito sportivo che si sta sempre di più perdendo, lasciando il posto ad un ennesimo espediente per farsi guerra, per alimentare odi lì dove dovrebbe crescere fair play e voglia di stare insieme.

Il dio denaro, la gelosia, l’assoluta voglia di prevaricare e vincere dimenticandosi dello sport, vengono – in questa produzione – giocosamente derisi, volendo strappare sorrisi e, perchè no?!, qualche riflessione.

Eppure c’è chi questo spirito non lo coglie e, volgarmente, ci va giù pesante.

“Ma quanto stai a rosìcà, terrone di merda…ma quanto godo terrone di merda” 

Core

Ed è qui che allora crolla tutto. Le partite a calcetto del Martedì sera, i supersantos sequestrati dalla vicina di casa sempre incazzata, le birre e le pizze durante la partita, le piccole maglie della squadra da regalare a tuo figlio come una preziosa eredità, la mano sul cuore durante l’inno, l’esplosione di gioia ai mondiali 2006, le lacrime agli occhi durante i rigori contro la Germania dieci anni dopo. Ridimensionamoci. Riprendiamoci le nostre piccole gioie legate a quel pallone, quelle gioie che devono essere nostre davanti alla tv o allo stadio, da condividere con gli amici di maglia, discutendo pacificamente con chi ha altri colori da gridare al cielo ma ammettendo che – quel cielo – è lo stesso sopra di noi. Facciamo i tifosi, quelli solidi e veri, sinceri ed altruisti. Onoriamo lo spirito sportivo, quello che ci vuole tutti compagni nonostante la rivalità di campo. Lasciamo fare ai giocatori il loro mestiere, e riprendiamoci lo spirito festoso degli spalti la domenica. Baciamola noi quella maglia. Custodiamo il nostro amore, senza giudicare quello altrui. Ridimensoniamoci.

 

 

Core ‘ngrato è un calciatore, non un innamorato – L’Editoriale was last modified: settembre 16th, 2017 by Roberta Magliocca
19 agosto 2016 0 commenti
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Cannabis
AttualitàIn primo pianoParliamone

Cannabis: piantiamola!

scritto da Roberta Magliocca

Il provvedimento slitta a Settembre. Non si meraviglia nessuno. Unioni civili e cannabis legalizzata nello stesso anno? L’Italia non è abituata a passi tanto grandi, non a quelli in avanti perlomeno.

Ma non polemizziamo. Bene o male purchè se ne parli, diceva qualcuno. Ebbene si, perchè di questi tempi la prima vittoria è essere presi in considerazione, è portare in parlamento ciò che mai si sarebbe pensato potesse arrivarci.

Un passo alla volta, dunque. Ma c’è chi promette ostracismo.  “Ci opporremo a questa prova di forza avallata dal governo”, grida sicuro Brunetta.

Nonostante questo, sono ben 221 i sostenitori usciti da Montecitorio. Pochi rispetto ai 315 che servirebbero per la maggioranza, ma è un chiaro segno di un’apertura ad un problema che non si limita allo “sballo giovanile” come ha dato ad intendere Don Mazzi che ha voluto ricordare ai ragazzi che ci sono tanti modi per divertirsi.

Forse nel 2016 il “fa male alla salute” non regge più. Forse perchè nel 2016 si è avuto il coraggio di ammettere che una canna provoca danni minori di un pacchetto di sigarette, di un fast food, dell’obesità, delle armi comprate al supermercato.

Per non parlare, poi, degli effetti che la legalizzazione della cannabis avrebbe sul mondo del suo commercio: un bel colpo alla mafia e al terrorismo. E vogliamo parlare di tutti coloro che – venuto meno il fascino dell’illegale – smetterebbero di farne uso? Provocazioni a parte, dopo i dovuti studi e dibattiti era ora che affrontassimo seriamente i temi a cui paesi più avanti di noi sono approdati tempo addietro.

Cannabis ed è subito bufera

“È veramente strano che alcuni organi di informazione non prendano atto che FI è decisamente contraria alla proposta di legge. Lo ha ribadito oggi il capogruppo alla Camera, Brunetta, lo hanno detto in Commissione tanti nostri esponenti. Una posizione chiara e anche vincente. La proposta di legge non andrà avanti di un millimetro” sostiene Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e vicepresidente del Senato. “Quindi – prosegue – sconfitta totale del fronte pro droga e dei suoi intellettuali di riferimento, che oggi su due quotidiani hanno fatto inutilmente rullare i loro tamburi. E anche se poi la Camera avesse qualche bizzarra tentazione, il Senato sarebbe la tomba di una dissennata scelta. I Saviano, i Mieli e i loro corifei sono stati sbaragliati”.

Da queste parole si capisce che il percorso non sarà certo in discesa, ma Gasparri, Brunetta e chi per essi dovranno certamente ammettere che è una bandiera messa, un punto segnato, una palla in rete. Tanto che oggi si è festeggiato, nonostante il rinvio della discussione a Settembre. D’altronde è sempre stato così, si vince scendendo in campo. Provandoci. Quale sarà poi il risultato, è un altro discorso.

Roberta Magliocca

Cannabis: piantiamola! was last modified: luglio 26th, 2016 by Roberta Magliocca
26 luglio 2016 0 commenti
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