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Categoria

Cronaca

Francesca Carollo
AttualitàCronacaCulturaIn primo pianoLibri

Le amiche che non ho più: Francesca Carollo per la Tullio Pironti Editore

scritto da L'Interessante

Francesca Carollo

Di Roberta Magliocca

Roberta, Federica, Lucia. Tre nomi tra tanti nomi, tre storie tra tante storie. Tre donne che non ci sono più. A darle voce, una giovane giornalista che si definisce loro amica pur non avendole mai conosciute fisicamente. 

Eppure, Francesca Carollo nel suo libro “Le amiche che non ho più” – edito dalla Tullio Pironti Editore – pur con lucida obiettività, fondamentale nel lavoro di giornalista, non ha dimenticato il cuore

Come in un diario personale caduto per sbaglio nella borsa del lavoro, Francesca Carollo ci parla di cronaca ed empatia, di una piaga italiana. Si perchè Roberta, Federica e Lucia sono solo (e sempre troppe) tre donne tra le tante che, ogni giorno, perdono la vita per mano di chi dice di amarle e poi le uccide senza amore alcuno.

La scrittura di Francesca è semplice e diretta, precisa nei fatti e nei ricordi. Mentre si legge sembra di ripercorrere strade e relazioni, di vivere in quelle case che dovrebbero essere luoghi sicuri ed invece si scoprono pieni di violenza e sofferenza. Dopo le prime pagine già non si capisce più dove finisce il lavoro e comincia la vicinanza, dove finisce la giornalista e parla la persona. E forse non si capisce perchè non c’è un inizio ed una fine, non ci sono due persone. La Carollo, in questo libro, è Francesca, è giornalista, è in uno stato di umana comprensione e profonda preoccupazione per questa Italia dove noi donne non siamo al sicuro. Rifiutando il termine femminicidio, non rinuncia a sottolineare la natura culturale di questo fenomeno che è così assurdo da non riuscire a spiegarlo. 

Cosa scatta nella mente di chi amiamo per portarlo a questo folle gesto? Non si è ancora ben capito. Follia, dicono. Perdita di lucidità, forse. Amore malato, sicuramente. Resta il fatto che se quella donna che tanto amano, non può essere loro, allora, non sarà di nessun altro. 

 Si può, allora, ancora parlare di AMORE? L’amore non dovrebbe essere un augurarsi la felicità dell’altra persona, anche se questo significa vederla lontana da noi? Non sarebbe più giusto chiamarla OSSESSIONE?

 Si dovrebbe parlare di umanità. E una donna uccisa ogni due giorni è una statistica disumana. Quella che soffoca l’italia in questo periodo non è soltanto crisi economica. Ma etica. Educativa. Ma soprattutto carenza di giustizia e protezione. Gridiamo al diritto di essere libere, di essere padrone assolute della nostra vita. Libere di amare e di lasciare. Libere. Questa libertà, per noi, non c’è. Siamo tornati al Medioevo? No, non credo. Forse età più scura di questa le donne non l’hanno mai vissuta.

 E ricordo ancora quando mio nonno diceva: “Le donne non si toccano nemmeno con un fiore”.

 Ora, gli unici fiori sono quelli che troneggiano sulle lapidi di donne che per amore hanno dato tutto. Anche la vita.

Le amiche che non ho più: Francesca Carollo per la Tullio Pironti Editore was last modified: settembre 28th, 2016 by L'Interessante
28 settembre 2016 0 commenti
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New York
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

New York: la vita quotidiana per fare esplodere la paura

scritto da L'Interessante

New York

Vignetta di Giuseppe La Micela

Articolo di Roberta Magliocca

Non è passato molto dall’11 Settembre, da quel triste anniversario che ogni anno ci fa alzare gli occhi al cielo e ci fa ammiccare con sospetto a qualunque aereo voli tra le nuvole. Ma tutti noi, gli americani ancor di più, sanno che l’11 Settebre è data – ormai – tristemente sicura, che il terrore, per essere tale, deve colpirti di sorpresa mentre sei a lavoro, o a casa a guardare la tv o al cinema con gli amici. La paura per essere spaventosa voglia di diventare invisibile deve sorprenderti quando la tristezza è l’ultimo dei tuoi pensieri, per poi diventarne il primo, l’unico, l’inevitabile. E così, mentre pensi che nulla ti può capitare di male perchè non ci sono fucili nei paragi, nessuna arma nucleare, nessuna epidemia che possa contagiarti, capisci che anche una pentola a pressione può minacciare la tua sicurezza. New York ha dovuto fare i conti con una vita quotidiana che può essere messa in pericolo dall’alto e dal basso, da un logico piano di odio e guerra o dalla follia di un pazzo. 

New York: arrestato un sospettato

Ora sembra tutto finito. La polizia ha arrestato un giovane afghano di 28 anni. La paura è passata, per fortuna nessun ferito. Sembra si escluda l’ipotesi “terrorismo”. Ma di certo una cosa l’abbiamo capita: non dobbiamo aspettarci per forza tute mimetiche e un attacco aereo per sentirci in guerra. Non siamo al sicuro. Non più, almeno.

New York: la vita quotidiana per fare esplodere la paura was last modified: settembre 20th, 2016 by L'Interessante
20 settembre 2016 0 commenti
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Presidente
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Presidente, questa guerra la continuiamo noi!

scritto da L'Interessante

Presidente

E’ morto oggi, a 95 anni, il presidente della repubblica emerito, Carlo Azeglio Ciampi. Da pochi giorni era ricoverato nella clinica Pio XI, dove si erano viste peggiorare le sue condizioni di salute. A dare la notizia è stato il professore di medicina interna, Andrea Platania, che ha chiesto “riservatezza” a nome della famiglia Ciampi. 

Da molti definito il “Presidente dei Record”, infatti ci vollero solo 2 ore e 40 minuti per far partire il suo primo mandato, il 13 maggio del ’99, con un accordo trasversale tra Fini, Veltroni e Berlusconi. 

Fuori da ogni salotto politico, la sua carriera parte nel 1979 quando assunse l’incarico di governatore di BankItalia, durante la bufera per il crack di Sindona, riuscendo ad aprire le porte dell’Italia all’Europa. Gesto che gli valse, di lì a poco, la laurea honoris causa in Economia e commercio all’Università degli studi di Pavia. Dall’aprile del’93 al maggio del ’94 ricoprì la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, per il governo tecnico di transizione ordinato da Scalfaro, il primo Premier non parlamentare della storia della Repubblica. In seguito fu nominato Ministro del tesoro per il governo Prodi I e D’Alema I, periodo in cui si preoccupò di ridurre il debito pubblico per garantire l’accesso dell’Italia alla moneta unica europea. 

“Gli italiani non dimenticheranno il presidente Ciampi. Continueranno ad apprezzarlo, e a considerarlo un esempio di competenza, di dedizione, di generosità, di passione. Ai suoi familiari e ai suoi amici, accanto al ricordo incancellabile dei momenti più intimi, il privilegio e la responsabilità di tenere viva la memoria pubblica di Carlo Azeglio Ciampi. Sono certo che tutte le Istituzioni saranno al loro fianco e daranno loro il massimo sostegno”. Così ha voluto ricordare Carlo Azeglio nel messaggio di cordoglio rivolto ai familiari, l’attuale Capo di Stato Sergio Mattarella. “Grande italiano e grande europeo”, sottolinea il presidente, invitandoci ad imitare il suo esempio in un periodo di forte crisi politica.

Non tarda ad arrivare il telegramma del Santo Padre, inviato alla signora Franca, dove ricorda l’ex-presidente come un uomo dalla “signorile discrezione e forte senso di stato”. “Nel ricordare la sincera amicizia che legava questo illustre uomo delle istituzioni a San Giovanni Paolo secondo, elevo fervide preghiere di suffragio invocando dal Signore per la sua anima la pace eterna. Con tali sentimenti invio a lei e ai congiunti la benedizione apostolica”, conclude Papa Francesco. 

Così finisce la storia di uno dei presidenti più amati della storia della Repubblica, uomo schivo e orgoglioso, ma con un senso del dovere forte e sentito. Ha vissuto il suo ruolo come una vera e propria missione, sconvolgendo le fazioni politiche, sovvertendo gli accordi pre-elettorali, ha saputo gestire situazioni di crisi con una compostezza degna dei monarchi più assolutisti, pur non essendolo . Ma cosa più importante, ha saputo difendere il suo popolo, gli italiani. Come? Difendendo la Costituzione, garantendone l’integrità, morare ed etica, con la quale è stata redatta. 

Il suo ricordo di “Presidente schivo e misterioso” rimarrà vivo in noi, forse con un’unica certezza. La certezza che è stato uno degli ultimi ad amare veramente l’Italia e gli Italiani. Riposi in pace Presidente, questa guerra la continuiamo noi. 

Presidente, questa guerra la continuiamo noi! was last modified: settembre 16th, 2016 by L'Interessante
16 settembre 2016 0 commenti
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Tiziana Cantone
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Tiziana Cantone l’abbiamo uccisa noi

scritto da L'Interessante

Tiziana Cantone

Di Michela Salzillo

Aveva cambiato nome, si era trasferita in un’altra città e abbandonato il vecchio lavoro, ma non è servito a nulla. Inseguita ovunque dallo scherno dilagante dei social network, alla fine, Tiziana Cantone, si è tolta la vita. Aveva trentun anni, ma l’età non ferma in alcun modo la dilatazione di un tempo diffamatorio e giudicante. Soffocata da un fardello troppo grosso per poterci convivere, si è stretta un foulard intorno al collo e si è uccisa a casa di una zia, a Mugnano, in provincia di Napoli. Era stato un gioco quello di due anni fa, quando accettò di farsi riprendere mentre faceva sesso con un coetaneo. Lei stessa aveva inviato quel video a degli amici, voleva fare ingelosire un ex. Un gesto del genere traccia un errore ancor prima che venga compiuto, probabilmente. Le leggerezze, si sa, su internet non conoscono redentori. Attraverso la moltiplicazione in clic, spesso, come in questo caso, diventano condanne indelebili che possono far male più di una coltellata. Un video, oggi , ha in sé un istante, ci mette poco a diventare virale.

 Da WhatsApp a YouTube; da Twitter a Facebook, quel:“ Stai facendo il video? Bravo!”, pronunciato da Tiziana durante la ripresa, diventa un tormentone che prolifica commenti, opinioni e reazioni discutibili. Non mancano parodie e fotomontaggi che, come una catena inarrestabile, stimolano a fare sempre di più, sempre peggio. Anche alcuni calciatori scomoderanno il loro aguzzo istinto, facendosi riprendere mentre tentano di riprodurre la scena incriminata. Nel giro di poco, il volto di Tiziana non bisogna neppure più cercarlo. Nei motori di ricerca basta inserire la parola “bravo”, affinché le prime notizie indicate diventino questa storia. Al passo con le condivisioni del contenuto porno, alla velocità della luce, crescono gli insulti. Le offese, ben presto, scivoleranno fuori da internet per attraversare il suo paese, Casalnuovo, ed è così che la vita di Tiziana diventerà un faticoso tentativo di sopravvivenza.

Prima del triste epilogo di due giorni fa, togliersi la vita era stata una prova riuscita male. Si era già imbottita di barbiturici, ma era stata salvata sul filo del rasoio. Dopo questo episodio, che di per sé costituiva il richiamo ad un malessere profondo, Tiziana aveva provato a reagire, si era regalata un ragionevole sforzo, perché chi le voleva bene l’aveva incitata a non mollare, ma il coraggio non è una paura semplice.

Aveva provato a farcela Tiziana, si era dedicata ad un processo che le riconoscesse il diritto all’oblio, con la conseguente e naturale rimozione di tutto quanto riguardasse la vicenda. Dal video hard alle pagine offensive create in suo nome, ma tutto si è rivelato più difficile a farsi. Teoricamente, l’oblio è un diritto che può assolutamente essere preteso da tutti, anche dalla Cantone, ma il web è un mondo complesso pure per cose del genere. Solo qualche giorno fa, il tribunale le aveva dato ragione, ma fattivamente quei fotogrammi non sono mai scomparsi, questo perché su internet ciò che viene pubblicato lascia sempre una tracciabilità più o meno chiara. Un’evidenza che Tiziana non è più riuscita a gestire, se non con l’irrimediabile. La procura di Napoli, intanto, ha aperto un fascicolo che cita l’istigazione al suicidio, rivolgendo le probabili accuse di stalking e violazione della privacy al primo artefice della diffusione mediatica. Ma la colpa, forse, parte da un po’ più lontano.

Tiziana Cantone l’abbiamo uccisa tutti

Sapete cosa è successo subito dopo la sua morte? Ci siamo divisi fra pentiti e arcigni ripetitori di condanna che, nel frattempo, è pure raddoppiata.  Da un lato siamo diventati tutti dei comunisti del sesso, rivendicando una libertà che in fondo non riconosciamo come lecito diritto, ma è più una facciata dalla veduta comoda. Agli esami di coscienza, e credo non sia un azzardo, veniamo bocciati parecchio spesso, però in qualche modo dobbiamo pur arrivarci al settembre dell’ipocrisia.

Dall’altro fioccano addirittura plausi per la scelta di negarsi la vita. Arriva da facebook un commento che, reso pubblico, è stato prontamente rimosso dall’autore, la cui esistenza è però provata, al pari dello stesso motivo che aveva impedito la totale eliminazione del famoso video di Tiziana.  Basta smanettare un po’ per rendere facile la lettura di queste parole:

“Ti è piaciuto zoccolare e farti guardare? Adesso non ti resta che da un foulard penzolare… stai facendo il video? Brava! Spero che da domani tutte quelle come lei facciano la stessa fine. Tutte da un foulard a penzolare”. Potrei fare il nome del rispettabile signore, ma so perfettamente che diffamazione e notizia non sono sinonimi, perciò mi sposto al lato di chi, dopo il suicidio, ha salvato Tiziana da ogni peccato, rimettendole colpe e responsabilità prima riconosciute. Non serve, e non solo perché una ragazza di trentun anni non avrà futuro, ma perché i cambiamenti repentini fanno più danni delle persistenti prese di posizione.  Se non fosse morta, sarebbe rimasta una  poco di buono da condannare, e se  questo significasse riconoscermi parzialità me ne farei una ragione.  Non diamoci assoluzioni perché l’assassino di Tiziana non è soltanto il cyberbullismo, ma lo è anche quell’opinione comune che dipinge la donna come una santa asessuata, quando le va bene, e quando invece le va peggio, colpevole di uno stupro perché non indossa il reggiseno. Lo sappiamo tutti che se la vicenda si fosse svolta a parti inverse, staremmo a consegnare trofei. Certo, Tiziana ha fatto degli errori, è stata superficiale, ma non si capisce perché questo  è abbastanza per non  citare, più di lei, il responsabile della diffusione del video. O forse è tutto fin troppo chiaro: la verità è che  le emancipazioni del mondo sono beffa difronte a chi legittima alla donna un sesso che sia finalizzato alla sola procreazione- e il fertility day ce lo insegna- mentre concede all’uomo la libertà di concedersi il fulgido vanto di una fellatio fatta bene, senza rischiare danni o lesioni di dignità.

Tiziana Cantone l’abbiamo uccisa noi was last modified: settembre 15th, 2016 by L'Interessante
15 settembre 2016 0 commenti
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ode alla solidarietà
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Ode alla solidarietà italiana

scritto da L'Interessante

Ode alla solidarietà italiana

Ode alla solidarietà

Di Erica Caimi

Il giorno dopo la tragedia è sempre quello in cui si tirano le somme e si fanno i bilanci di ciò che è perduto per sempre e di quello che invece si può ancora recuperare. In Italia,  il “post terremoto” si attiene al consueto rituale costellato da polemiche, accuse mosse verso le autorità colpevoli di non aver preso le dovute precauzioni per limitare i danni,  voracità giornalistica, denunce di soldi pubblici mal spesi e pellegrinaggi politici al ritmo di “non vi lasceremo soli, non temete, non ci dimenticheremo di voi”. 

Un paese, il nostro, malato di sfiducia verso una classe politica spesso dimentica delle reali esigenze della comunità che dovrebbe rappresentare, ma che ha l’immensa e inconsapevole fortuna di essere illuminato dal sole battente dell’attivismo solidale della gente comune, dell’italiano ordinario, che per quanto istintivamente lamentoso, si rimbocca le maniche e si mette a disposizione altrui per sostenere, come può, chi sta vivendo un momento di disagio.  Sono molte, infatti, le iniziative di solidarietà della gente del posto, dei soccorritori, dei volontari e quelle di svariati comuni, parrocchie, commercianti, albergatori, associazioni di tutta Italia che dimostrano quanto sia resistente e prezioso quell’istinto altruistico tutto italiano capace di azionarsi all’occorrenza sorvolando sul senso di scoraggiamento e abbandono per portare soccorso e alleviare le sofferenze dei propri connazionali.

Nel 2012, qualche mese dopo gli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia Romagna, insieme a un gruppo di amici e organizzatori di una festa della birra nel varesotto ci siamo recati a Moglia, in provincia di Mantova, un comune terremotato in bilico tra Lombardia ed Emilia, per donare al parroco gli introiti della nostra festa da usare per sostenere le famiglie colpite dalla calamità . Una piccola goccia in una cascata di esigenze. Di quel paese ricordo un silenzio sconvolgente, il silenzio della devastazione che si trascina marciando dentro di te, calpestando ogni corda della tua sensibilità e le macerie che ostentano ricordi di vita sbriciolati. Mai potrò dimenticare l’accoglienza delle persone del paese e i ringraziamenti, una riconoscenza che si è tramutata in una semplice cena al campo sportivo, una festa organizzata dalla squadra di rugby per riportare la normalità e raccogliere fondi per la riscostruzione del paesino ormai deserto, in cui ovunque ti girassi scorgevi un bar improvvisato in un container o una tenda accampata in giardino, perché i sopravvissuti avevano paura di tornare nelle proprie abitazioni. Questa è un’esperienza che porterò per sempre nel cuore e quando gli eventi si ripetono, seppur in zone diverse, non mancherà mai l’occasione di adoperarmi per raccontare quello che ho visto e  ricordare quanto la morte e la perdita si curino con vicinanza e partecipazione. Vero è che l’assenza di una persona cara è una compagna con la quale devi imparare a convivere  una vita intera e che la perdita della propria casa colma di ricordi e costruita con  sacrificio è una preoccupazione incombente che si somma al dramma vissuto. Ma viene anche il momento della ricostruzione, in cui, timidamente,  prevale l’istinto di sopravvivenza e così, naturalmente, si smuove quell’impellente esigenza d’interiorizzazione dell’accaduto. E’ questo l’attimo in cui diventa un po’ più facile abbandonarsi al corso della vita, quella misteriosa corrente che ci trascina  avanti, inesorabilmente e nonostante tutto.

Ode alla solidarietà italiana was last modified: settembre 1st, 2016 by L'Interessante
1 settembre 2016 0 commenti
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Profughi e terremotati
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Profughi e terremotati, alberghi e tende: e il silenzio?

scritto da L'Interessante

Profughi e terremotati

Di Michela Salzillo

A volte è proprio il caso di dirlo, la miglior parola è quella che si tace. In questi giorni, però, stare zitti sembra un mestiere difficile. Lo è sempre in verità, soprattutto quando il silenzio dice cose assordanti. Quando il dolore non è un’esistenza insoddisfatta, ma è milioni di vite che non ci sono più; è la coscienza che impazzisce nell’assegnare colpe e responsabilità senza soluzioni. Bandiere a mezz’asta e minuti di riflessione, appaiono come forme di rispetto poco oneste, dinanzi alle tante polemiche che stanno facendo deragliare il confine tra lecito ed esagerato. Che ben venga l’immagine di un’Italia solidale, il Paese pronto a sbracciarsi maglia e camicia per sostenere chi non ha più niente, chi sta vivendo il nulla vero; quello che non conti fra piatti rotti e tetti distrutti, ma l’altro che trovi negli affetti che hai perduto, insieme alla normalità. È facile stare a commentare lontano da quella polvere, affidare alle riflessioni sul divano di casa l’accusa al politico di turno o alla beneficenza troppo manifesta. Sicuramente un fondo di esibizionismo, dietro tutto questo fare, c’è, ma vista la situazione, forse faremmo meglio a tenercelo per noi. Non per omertà, ci mancherebbe, ma semplicemente perché a quelle famiglie di queste polemiche da mercato importa ben poco. Che sia necessario vigilare sul corretto investimento dei fondi giunti a cassa, oggi e pure dimani, è assoluta verità. Tutto quello che viene dopo, però, resta rumore bianco. Nonostante le smentite, la cosa più sconcertante è la perseveranza di chi ancora alimenta il ciclo delle false notizie.

Dal grado di magnitudo che sarebbe stato declassato da 6.2 a 6.0, per destinare i soldi del numero solidale alle tasche delle banche, anziché a sostegno dei terremotati; a tutta la questione legata ai profughi e “ai loro alberghi di lusso”

Purtroppo, è impossibile negare che, così come diventiamo coraggiosi nelle difficoltà, siamo anche bravi a degenerare.

 Magari in alcuni casi è pure un comportamento inconscio, ma a perdere il senso del reale ci impieghiamo ben poco. Per fortuna c’è chi non ci sta ad essere invischiato in queste sentenze gratuite, soprattutto quando si tratta di mantenere la chiarezza ai piedi della verità, quella che, ad esempio, non può confondere un profugo con un terremotato, dando all’uno la colpa del destino dell’altro. Risale a qualche giorno fa, la testimonianza di Francesca Spada, un’abitante di Amatrice, che sul suo profilo facebook, scrive:

“La mia casa di Amatrice è inagibile. Non è la mia prima casa, quindi un posto dove andare ce l’ho. Ma posso assicurare che a nessun amatriciano sentirete dire che bisogna cacciare gli immigrati dagli alberghi per metterci i terremotati. Primo perché per chi ha vissuto un dramma così, la solidarietà è un sentimento molto forte – specie se sei vivo solo grazie a chi ti ha aiutato. E uno che scappa dalla guerra lo senti un po’ un tuo simile. Secondo, perché ad Amatrice era ospitato un gruppo di richiedenti asilo, a cui tutti si erano affezionati – sì, si possono percepire gli immigrati come parte della comunità. E perché l’altra notte erano anche loro a scavare, e perché anche qualcuno di loro sta sotto le macerie . Quindi grazie lo stesso, e accoglienza per tutti quelli che ne hanno bisogno, senza ‘noi’ e ‘loro’.”

 È probabile che queste parole le abbiate lette da qualche altra parte, ma non importa, non è l’esclusiva che cercavamo. Ciò che ci sta a cuore, è provare ad attraversare i pensieri di chi quei crolli li ha guardati in faccia, così da  ridimensionare il grado giudicante  di certi pareri, quegli stessi che con prepotenza stanno ferendo  il silenzio che bisognerebbe mantenere, dando credito a quella frase di troppo che sarebbe meglio evitare, almeno nel giorno del dolore che uno ha.

Profughi e terremotati, alberghi e tende: e il silenzio? was last modified: settembre 1st, 2016 by L'Interessante
1 settembre 2016 0 commenti
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Terremoto
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Terremoto, non fate arrivare pasta. La testimonianza di una superstite

scritto da L'Interessante

Terremoto

Terremoto

Di Michela Salzillo

Se le tracce d’emergenza per il sisma che ha colpito il centro Italia nelle scorse ventiquattro ore o poco più restano nitide, è altrettanto percettibile il clima di grande confusione in cui versa la parte della penisola che vorrebbe essere d’aiuto senza generare inservibilità.

Dagli sms solidali, alla raccolta di sangue negli ospedali. Dai centri di smistamento materiali, agli esercizi commerciali che diventano attivo tramite per donazioni. Dagli alberghi che offrono ospitalità, alla petizione web che sollecita una traslazione del Jackpot nelle tasche-al momento bisognose- dei superstiti. Tutto, purché si agisca, a patto che non si resti a far niente. Ma quanto vale un movimento sbagliato in una situazione di precaria vivibilità? Quasi nulla, purtroppo. È per questo che la voce di chi ha vissuto momenti simili o uguali a quello attraversato dalle terre di Amatriciana, Accumoli e Pescara del Tronto nel corso di un frangente del genere, che il dolore rende interminabile, può essere il focus efficace per un valido contributo ed una corretta assistenza. Arriva dal web il consiglio di una giovane ragazza che, se da un lato sente addosso la fortuna di essere sopravvissuta al terremoto che colpì la città dell’Aquila il 6 aprile2009, dall’altro fa i conti con la consapevolezza che certi passati non si scordano mai.

“L’intimo, a noi serviva intimo e giochi, magari piccolini, quelli che possono stare in una mano. I bambini non li mollarono per giorni, me lo ricordo nitidamente. Spazzolini, pannolini per bimbi e assorbenti per le donne. Di cibo ce n’era abbastanza, ma queste cose erano quelle di non immediata percezione che mancavano, e creava pure un certo imbarazzo chiederle.” L’acqua, in momenti come questo, è un privilegio che non esiste, aggiunge, perciò la pasta è alimento sì di prima necessità, ma che non può essere sfamabile. Di solito si preferisce il cibo in scatolame, per questioni di praticità, e prodotti igienici ad ampio spettro.

La testimonianza è stata diffusa col sorriso, affinché una buona dose di positività, per quanto possibile, e un adeguato sostegno, possano costituire il motore di ripresa, almeno di una apparente normalità.

Terremoto, non fate arrivare pasta. La testimonianza di una superstite was last modified: agosto 26th, 2016 by L'Interessante
26 agosto 2016 0 commenti
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terra
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Terra che trema, e noi con lei

scritto da L'Interessante

Terra

Terra

Di Michele Calamaio

<<Domani è già qui>> recitava la canzone della speranza, senza contare di dover fare i conti con l’ “oste della tremenda verità”. <<Tra le nuvole e il mare si può fare e rifare>> ricordava in ogni istante quel coro di vita, senza poter minimamente pensare che la vita stessa sarebbe andata molto presto in frantumi tra la vigliaccheria di una trave troppo vecchia e la maliziosità di una pietra caduta troppo in basso. Ma alla fine, proprio in quella medesima fine, il sogno di una fiducia ricercata morirà ancora un altro giorno sotto le macerie di urla e di lamenti che stavolta non avranno un “happy ending”, soccomberà sotto le rovine dei pianti e dei dolori che non avranno una nuova luce ad abbagliarli la mattinata, tramonterà sotto la sconfitta di chi non è stato in grado di credere ad un futuro ancora da “costruire”, ma immediatamente distrutto in un tempo di lacrime, oggi, domani e dopodomani.

247 morti: è il dato ultimo e più ufficiale che lega le mani ad un popolo “in fin di vita”, nega la libertà ad una gente che con la terra ci ha sempre vissuto e con la quale ora raccoglie i cocci di un vaso già rotto 7 anni fa, rabbrividisce le sensazioni più forti e non può fare altro che addormentare un mondo in perenne sofferenza. La felicità, allora, esiste? Certo, non è sicuramente paragonabile all’apparizione di un miracolo, ovvio, ma se essa si mostrasse nella sua veste più candida a purificare quell’orrore, quella paura e quell’ora tanto buia da fare un baffo all’oscurità della notte, quella maledetta ora che ha segnato l’inizio di un ricordo ancora troppo recente per essere cancellato, farebbe un favore all’umanità e segnerebbe l’inizio di un cammino forse ancora mai tracciato. Non a caso, la chiamano “l’ora del Diavolo”, quelle famose “3:30” della notte che metterebbero più paura di un leone affamato, quelle lancette così feroci da fare più morti di un attentato terroristico, ma si sa, la superstizione a volte supera la fantasia, e la fantasia di per se ingabbia la realtà in un vortice senza fine, dove tempo ed emozioni sono risucchiate all’interno di un “mare di sangue”, lo stesso che l’umanità piange oggi su un letto di spine, su una roccia ancora troppo calda da poter chiedere al Dio della Terra di smettere di giocare ad “asso piglia tutto”.

L’Aquila si è risvegliata stanotte con il sonno ancora turbato, con la sensazione di non avere la situazione “quotidiana” sotto controllo, con il pavimento di cristallo pronto a sgretolarsi ancora un’altra volta sotto quei piedi troppo fragili: la notizia “buona”? non sarà di nuovo la città abruzzese a scavare altre fosse di morte e riempire le bare con la stessa lucidità di chi ha visto la morte in faccia, ma questa volta sarà il capoluogo Rietino a diventare attore protagonista di un film mai davvero voluto, ma davvero ricercato, mai davvero ispirato. E se quindi nella testa degli italiani rintocca lo sconforto pregno di una canzone modificata dal tempo, “domani” non è più così tanto vicino: non cambia la melodia, non cambia il ritmo, non cambiano persino neanche i cantanti ma si modifica lo scenario che da infernale diventa catastrofico, che da inverosimile diventa macabro, e si ritira dentro una coperta di stoffa che protegge da una un vento che soffia ormai forte verso la dimenticanza, rimbocca le maniche al pensiero istintuale della sconfitta e si accascia a terra quasi come se avesse terminato la sua personale “shoa” contro la natura, quella tanto amata “madre natura” che non ha avuto un attimo di pietà a riprendersi i suoi “figli” e trasformarli in aria, che vola via, che si addormenta inerme su un cuore che non batte più, che si sgretola e diventa cibo per la storia.

Così, se da una parte il dolore diventa sempre più grande e cambia forma ogni volta che colpisce persone, luoghi e cuori diversi, dalla’altra la sofferenza ricalca la medesima debolezza che coglie di sorpresa e non lascia scampo neanche a chi ha fatto del coraggio la propria arma di vita: <<non è la prima volta purtroppo che Amatrice ed Accumoli, inerpicate sull’appennino tra Lazio e Abruzzo e situate su una faglia ad alta pericolosità sismica, vengono sconvolte da un violento terremoto>> afferma il sismologo Tertulliani, ricordando come <<anche nel 1703 ci fu una sequenza sismica molto intensa e che coinvolse un’area estesa nel territorio di Norcia>>. I morti si perdono in un conto infinito, si accumulano e si moltiplicano, senza aver paura di aumentare in quella somma assurda di vittime, colpevoli di nulla, innocenti di tutto: i dati ufficiali narrano la storia macabra di una sceneggiatura horror che ha numeri spaventosi: 190 morti tra Amatrice ed Accumoli, 57 in provincia di Ascoli Piceno , fra i quali tanti i bambini come un piccolo di 4 anni di Amatrice, deceduto in ospedale ad Ascoli Piceno, e Marisol, una bimba di 18 mesi sorpresa dal terremoto, mentre dormiva, nella casa delle vacanze in cui si trovava con i genitori ad Arquata del Tronto.

Ma se la paura fa soccombere, la speranza fa sorridere nei confronti anche della catastrofe più raccapricciante della storia contemporanea: l’altra faccia della medaglia insanguinata, infatti, descrive la forza e la determinazione di coloro che non hanno mai smesso di crederci, gli stessi sopravvissuti che hanno raccontato di vittorie in passato e che ora, con la stessa voglia di misurarsi con il passato e narrare un futuro meno opprimente, estraggono compagni, amici e tanti scampati al timore di una maceria fatale. Il patrimonio culturale è andato e ora non c’è altro da fare che mettere in sicurezza ciò che ancora resta in piedi di un mondo “messo in ginocchio” da qualcosa di molto più forte: piccole crepe si sono aperte nella struttura esterna del Duomo di Urbino, che è stato transennato, mentre crolli considerevoli si sono registrati nel monastero di S.Chiara a Camerino, nella basilica di San Francesca ad Amatrice ed in quella di San Benedetto a Norcia.

Ciò che resta di una quasi normale giornata di fine estate è l’estrema unzione che per l’ennesima volta l’Italia riceve a sua discapito: <<La credibilità e l’onore di tutti noi sarà nel garantire una ricostruzione vera che consentirà agli abitanti di vivere, di ripartire>> afferma Renzi, affermano i cittadini, afferma il “domani”, senza calpestare ciò che già è andato perso ma appunto “ripartire”, ringranare una marcia bloccata in retro e innescare un sorpasso capace di dare un calcio al sisma, che persista nel suo momento di commozione e dimostri che l’Italia c’è, c’è sempre stata e mai permetterà che si arrivi ad“una fine, che non è una fine”. E risuona ancora, e ancora, e ancora la stessa canzone, le stesse note drammatiche ma così inevitabilmente coraggiose, perché mai come oggi <<non siamo così soli>>: il nostro cuore non è fatto di pietra, quella che a un certo punto può andare in frantumi, sbriciolarsi e perdere ogni forma, ma si compone di quell’essenza capace di trasformare una strage in un sogno ad occhi aperti, un inferno in un paradiso da raggiungere con il sorriso sulle labbra, non si demoralizza e non cade nel baratro dell’insofferenza, ma si arrampica, combatte e alla fine vince perché ciò che ci siamo sempre portati dentro è quella strana ma immensa forma chiamata “vita”, la stessa che <<di nuovo sembra fatta per te>>, per tutti noi, per sempre.

Terra che trema, e noi con lei was last modified: agosto 25th, 2016 by L'Interessante
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Fiorella Mannoia
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Fiorella Mannoia al fianco di chi, nella tragedia del Centro Italia, non si è tirato indietro

scritto da L'Interessante

Fiorella Mannoia

Di Michela Salzillo

Quando si fanno i conti con le stragi, naturali o umane che siano, le strade dell’attestazione prima e della risalita poi, si aprono a metà come un bivio che impone una scelta. Si può decidere di darsi del tempo, di concedersi lutto e sgomento, come è probabile che reagire per salvare il salvabile sia quanto preferito al compianto. Nonostante il nostro Paese sia, per certi versi, parecchio bradipo, è innegabile l’atteggiamento al resistere che adotta in caso di difficoltà tristemente enormi; quando si tratta di fronteggiare alle emergenze non la manda di certo a dire. L’Italiano è abituato a fare da sé, sarà pure lamentoso, ma lavora e lo sa fare, per tre e anche di più. Non aspetta lo Stato, non attende  i soccorsi e le occasioni per aiutare ed aiutarsi a sopravvivere. Oltre ai volontari, medici, vigili del fuoco e l’intera squadra di prima assistenza,in casi come quello che sta affliggendo la penisola in queste ore , arriva, al pari di  un biglietto sicuro, la mano tesa del cittadino comune, quello che non ce la fa a fare finta di niente, quello che sa quanto sia fugace e cieca l’azione del caso, e che per questo sa benissimo riconoscere la fortuna di essere stato altrove quando tutto è accaduto.

Se il brutto succede in un istante, il bello neppure sta a contare.

A poche ore dal sisma con epicentro nelle province del Lazio e Rieti, oltre ai cordogli, le immagini che piangono da sole e la rabbia che  non lascia posto ai rimandi, arriva l’ospitalità dei cittadini. Tra la caterva di numeri solidali e luoghi di prima accoglienza messi a disposizione, c’è l’Hotel  Mario di Cesenatico.

Un grande gesto, quello di quest’ uomo, che ha avuto la fortuna di essere letto e condiviso da una celebre cantautrice italiana, parliamo di Fiorella Mannoia

L’artista ha condiviso questo messaggio sulla sua official page di facebook:

“Ciao a tutti vi scrivo dall’Hotel Mario di Cesenatico metto a disposizione dai prossimi giorni la mia struttura alberghiera per ospitare le persone che sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa del sisma del centro Italia. Mi sto informando per cercare anche altre strutture disponibili.

 Condividete questo post in modo da poter raggiungere le persone interessate.

 Indirizzo : Via F. Brunelleschi 3,47042 Cesenatico FC.

 Telefono : 0547 87423”

E poco è bastato per titolarlo come l’ atto eroico della cantante. Qualcuno le ha addirittura attribuito la paternità della struttura. Chiaro è che le  attitudini al bene comune della Mannoia non sono in discussione, da sempre sostenitrice di Emergency senza mai abbassare la guardia su ogni genere di falla sociale. Il suo buon cuore, dunque, non ha certo bisogno di fraintendimenti. Tant’è che la smentita è arrivata da lei stessa:

“Ho copiato e postato questo annuncio, come altri.  Mi dispiace per il fraintendimento, non era nelle mie intenzioni. L’albergo non è mio, la generosità è del proprietario che presumo di chiami Mario”.

Fiorella Mannoia al fianco di chi, nella tragedia del Centro Italia, non si è tirato indietro was last modified: agosto 24th, 2016 by L'Interessante
24 agosto 2016 0 commenti
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Terra
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

La terra trema e c’è poco da fare

scritto da L'Interessante

Terra

Terra

Di Vincenzo Piccolo
C’è poco da commentare quando bisogna fare i conti con la Natura. Si può solo restare a guardare questa “vecchia signora” che si riprende ciò che è suo. Bisogna accettare il fatto che, alla fine, siamo vittime delle nostre stesse scelte.
Gli abitanti delle zone Appenniniche sapevano benissimo che prima o poi sarebbe accaduto, sapevano benissimo che la Natura avrebbe fatto il suo corso.
“Stiramento Appenninico da Est a Ovest”, così lo hanno definito i sismologi dell’Ingv. Senza troppi giri di parole hanno dato una giustificazione semplice, ad un cataclisma che ha portato alla perdita di quasi una settantina di persone, tra i quali molti bambini. E mentre la gente continua a piangere sulle rocce e i calcinacci, resti della loro vita, lo sciame sismico continua.
Continua senza una soluzione. Come la fermi una terra che ha deciso di tremare? Non la fermi. Accetti il fatto di essere parte di qualcosa che non puoi controllare, ti rassegni all’idea che, forse, un giorno quelle macerie saranno rimpiazzate da palazzi fatti di cemento armato. Che resisteranno fino alla prossima visita di “nostra madre Terra”.

La terra trema e c’è poco da fare was last modified: agosto 24th, 2016 by L'Interessante
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