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juvecaserta
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JUVECASERTA: UFFICIALIZZATA L’ESCLUSIONE. RESTA SOLO LO SPIRAGLIO A2

scritto da L'Interessante

juvecaserta

Juvecaserta: resa nota la delibera federale da parte della società

La Federazione Italiana Pallacanestro, nella serata di ieri, ha comunicato per posta elettronica alla Juvecaserta Srl che “il Consiglio federale, nella riunione svoltasi in data 14 luglio 2017, visto il verbale della Commissione Tecnica di controllo riunitasi il 13 luglio 2017, ha deliberato di non ammettere al Campionato di Serie A, anno sportivo 2017/2018, la società di Basket casertana allegando lo stralcio della delibera assunta dallo stesso Consiglio Federale.
Con il link in uscita è possibile accedere al sito web della Juvecaserta ed accedere sia alla nota che alla delibera federale, rese note al fine di informare i tifosi e la città nella maniera più trasparente possibile.

Viaggi a Roma e ricorsi: tutto vano. Resta solo aperta la porta di servizio della A/2

Vero che la speranza è l’ultima a morire, ma il Consiglio federale non torna indietro.  Inutili i viaggi a Roma del presidente Iavazzi e del sindaco Marino che nulla ha fatto nulla per lo sport cittadino e soprattutto per la massima espressione del settore. Le parole (a volte neanche quelle) non sono servite per evitare a Caserta l’onta dell’esclusione. Il pseudo interesse del primo cittadino è stato vano ed irrilevante.

La città di Caserta, in questo momento, riesce ad esprimere poco o nulla in tutti i campi. E quello sportivo è lo specchio di una crisi irreversibile e di una invivibilità totale. Piscina provinciale chiusa, squadra di pallavolo esclusa dal campionato così come la squadra di basket che è stato il vero fiore all’occhiello della città, servita solo per fare passerella ad alcuni personaggi. Una classe imprenditoriale inesistente che non è riuscita a supportare la società cestistica ed a collaborare per il raggiungimento di un fine che inorgoglisce l’intera provincia. Già immaginiamo tutto quello che potrà succedere. Un libro già scritto. Con pseudo personaggi che faranno proclami sparando a zero sul passato per raggiungere lo stesso epilogo, nel giro di qualche anno.

Rimane solo la Casertana. Ma per quanto tempo? Il DNA è negativo e contagioso.

JUVECASERTA: UFFICIALIZZATA L’ESCLUSIONE. RESTA SOLO LO SPIRAGLIO A2 was last modified: luglio 18th, 2017 by L'Interessante
18 luglio 2017 0 commenti
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Trasselli
CinemaCulturaEventiIn primo pianoTeatroTv

Giorgia Trasselli: garbo e professionalità

scritto da L'Interessante

Trasselli

Di Christian Coduto

Il sorriso è quello di sempre. Quello che vediamo da anni in televisione, al cinema o per chi (come me) ha avuto la fortuna di incontrarla, in tanti spettacoli teatrali: sincero, caloroso, accogliente. Ma, soprattutto, spontaneo.

Lavorare con artisti importanti, l’aver fatto una gavetta lunga ed impegnativa non le ha tolto l’umanità, è rimasta una donna concreta. Assume con me un atteggiamento quasi protettivo, da sorella maggiore. Se le faccio qualche complimento per le sue mille performance, si intimidisce e mi ringrazia ripetutamente. Parlerei con lei all’infinito: percepisci intorno a lei un’aura buona, di estrema positività.

Giorgia Trasselli ci racconta di sé

Quando nasce l’amore per la recitazione per Giorgia Trasselli?

Stando  ai ricordi dei  miei  genitori e dei miei parenti, l’amore  per la “recitazione”  pare sia nato  con me, ma è impossibile darti una data precisa: di sicuro  sin  da quando ero piccola, ai tempi delle elementari. Con l’adolescenza, l’amore  si è  trasformato in bisogno, una vera e propria necessità.

Al cinema sei stata diretta da registi del calibro di Paolo Genovese, Duccio Tessari, Luigi Magni e Marco Ferreri. Che differenze ci sono nella recitazione teatrale e in quella di fronte ad una macchina da presa?

Di sicuro cambiano i mezzi … la macchina da presa impone un lavoro profondo, capillare, forse più “piccolo” per usare un termine di  comodo. In teatro c’è la stessa profondità, la stessa ricerca, ma è indispensabile ampliare, non faccio riferimento solo alla  voce, sia chiaro. Tutto deve essere visto, fino all’ultima  fila. In più, la vita che si racconta si ripete, si  rinnova  sera  per  sera. La vita del personaggio, della musica, della scena, delle luci e così via …  

Cristina Comencini ti dirige ne “I divertimenti della vita privata”. In Italia, purtroppo, abbiamo pochissime registe. Qual è l’approccio di una donna che supervisiona un lungometraggio? Ti piacerebbe dirigere un film?

Beh … sappiamo  che  per  una  donna  è sempre tutto un po’ più complesso, ma non vorrei cadere  nei classici luoghi comuni. Credo che le opportunità ci siano sempre per le persone in gamba, tenaci e valide professionalmente. Per quanto riguarda  me, direi proprio di no. Non mi piacerebbe dirigere un  film, non ci ho  mai  pensato, anche perché non ne sarei  capace.  

Primo elemento che salta subito all’occhio: la modestia. Punta a far bene quello che ama fare, non si lancia in cose che non le appartengono. Non vuole strafare.

Rimarrai per sempre nel cuore degli spettatori italiani grazie al personaggio della “Tata” in “Casa Vianello”. Che ricordi hai di quella esperienza?

Ho dei ricordi meravigliosi legati al periodo di “Casa Vianello”. A distanza di anni, godo ancora dell’eredità in termini di notorietà e affetto da parte del pubblico che quella serie mi  ha regalato. 

Negli anni ’90 sei stata una delle più amate dai bambini grazie al gioco televisivo “Che fine ha fatto Carmen Sandiego?”. Com’è il pubblico dei più piccoli?

Uh! “Carmen San Diego” è stato un’altra  bellissima esperienza! Più difficile ed impegnativa di  quanto si possa immaginare. Ogni giorno dovevo  imparare a memoria un bel numero di copioni, ma si lavorava sodo e con immensa soddisfazione.

Tanto, tanto teatro a partire dagli anni ’70. Qual è lo spettacolo al quale sei maggiormente legata?

Sono affezionatissima agli  spettacoli  brechtiani  del  mio  primo  periodo  al Politecnico Teatro. Ne ricordo con piacere diversi allo Stabile  di  Roma  e uno  che  feci al Teatro Manzoni di Roma  “Morte  in esilio  per  debiti,  di  don  Antonio  Lucio  Vivaldi  Veneziano” diretto da Luigi  Tani. Sono molto legata anche a  “La vita  è gioco”  di Alberto  Moravia con  la regia  di  Luciano  Melchionna.

Nella lunghissima carriera di Giorgia Trasselli, c’è anche spazio per alcuni famosi spot televisivi …

Sì! La  birra Dreher con  la  regia  di  Leone  Pompucci, la  maionese  Calvè  con la regia di Massimo D’Alatri  e  di recente  uno  spot  accanto  a Gigi  Proietti (ero elettrizzata!) Senza dimenticarmi dei riuscitissimi  spot delle  gocciole Pavesi, in cui interpreto il ruolo  della suocera  di  Tarzan! …. sai ho capito, nel  tempo, quanto  sia difficile e importante allo stesso  tempo, lavorare  in buone  pubblicità; sono esperienze che ti arricchiscono artisticamente.

La osservo con molta attenzione, non posso farne a meno: è davvero bella. Ha dei lineamenti molto delicati, espressivi, degli occhi profondi. Eppure, ha costruito la sua intera carriera solo ed esclusivamente grazie alla sua personalità artistica. Prendendosi spesso in giro, con gustosa autoironia. Non ha mai avuto bisogno di finti scandali o gossip patetici: quando c’è sostanza, alla base, il pubblico ti ama e lo fa in maniera incondizionata.

Parliamo di un altro incontro di grande successo: quello con Luciano Melchionna e il suo “Dignità autonome di prostituzione”.

(Si illumina) … Dignità autonome è davvero un grande  amore: un format di per sé scoppiettante, sempre sorprendente nonostante sia in cartellone da tantissimi anni, complesso, faticoso … è un circo teatrante che richiede una precisione millimetrica, considerando la sua struttura. Mi sento legata al mio monologo, che  ripeto mille volte ad un  pubblico sempre  diverso e che, molto  spesso, già conosco perché torna a rivedermi più volte. Provo amore per PAPI Luciano Melchionna, grande direttore d’orchestra e maestro  d ‘anima. 

Melchionna ti dirige anche in “Parenti serpenti”, tratto dall’omonimo film di Mario Monicelli. A te è affidato il ruolo di Nonna Trieste. Uno spettacolo complesso, molto articolato. Due ore e mezza sul palco non sono affatto uno scherzo, vero?

“Parenti  serpenti” è uno spettacolo davvero molto bello; è stato prodotto da Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro lo scorso anno. Sono molto affezionata al mio ruolo, quello di Trieste, ma in realtà in questa storia tutti i personaggi sono interessanti. Sono stati curati tutti da Luciano con eguale amore e attenzione. E’ uno spettacolo forte, coinvolgente, che ha  avuto e che, ne sono certa, avrà una grande eco nel tempo.

La televisione ti corteggia tra “Ris”, “Un medico in famiglia”, “Distretto di polizia” e “Don Matteo”. E’ difficile per un attore, all’inizio, adattarsi a tempi e dinamiche così differenti rispetto a quelle teatrali?

E’ vero: il passaggio dal teatro alla televisione, a volte, un po’ difficile lo è. Tempi e ritmi differenti, diversa impostazione per creare le scene, i dialoghi, i personaggi, ma se dietro a tutto questo ci sono un buon autore e un buon regista, adattarsi diventa una cosa naturale.  

Teatro, cinema, televisione. Qual è l’ambito più naturale per Giorgia Trasselli?

Così, di impatto, mi verrebbe da dire il teatro. Però non posso  nascondere di trovarmi benissimo anche in televisione. Certo, dipende  anche dal tipo di televisione … il  cinema mi  piace moltissimo … sono molto indecisa, sono sincera!  

La tv è piena di Reality che vedono personaggi famosi coinvolti in situazioni strampalate e folli. Accetteresti di partecipare come concorrente ad un Reality? In caso affermativo, quale?

Onestamente? Non ho mai visto un Reality, giusto qualche  spezzone qui e lì facendo zapping. Non credo che sarei la tipa giusta  per partecipare ad uno spettacolo del genere: mi  butterebbero fuori già nel corso della prima puntata (scoppia a ridere).  

Capisco subito quello che vuole dire: lei è un’attrice. E’ quello che vuole fare ed è quello che effettivamente fa. In un Reality anche io la vedrei fuori luogo. Come potrebbe trovarsi a suo agio una donna che vive di arte in un habitat posticcio e programmato?

Io mi occupo di cinema. Qual è il film della vita di Giorgia Trasselli e perché?

Christian sai che questa è davvero una bella domanda? (E’ un po’ incerta) Non  riesco  a …  non credo che ci sia  film che … (ci ripensa) forse “Via col vento”, ma non tanto per il film in sé, quanto piuttosto per Rossella O’Hara. Ho sempre ammirato l’attrice Vivien Leigh, sin da piccola. Quel personaggio  poi … mi  sarebbe piaciuto molto somigliare a Rossella … un po’ di più, intendo (ride)

Cosa dobbiamo attenderci da Giorgia Trasselli per questo 2017?

Per l’intero mese di luglio  parteciperò a questa nuova avventura di acting itinerary, che mi vedrà in giro per  alcune  strade del centro di Roma in  costume  cinquecentesco. A novembre sarò a Firenze con lo spettacolo “Un per cento, punizione ad effetto”. A dicembre sarò al Teatro La Cometa di Roma  con ” La spallata” di Gianni Clementi, per la regia di Vanessa Gasbarri; subito  dopo riprenderemo “Parenti serpenti” all’Alfieri di Torino, all’Augusteo di  Napoli, all’Eliseo di Roma e in tante altre piazze … una lunga tournèe, insomma!  

Termino con una domanda alla Gigi Marzullo : fatti una domanda e datti una risposta

Oh Santo cielo! “Sarò ancora in grado di suscitare interesse e stima nel pubblico?” Risposta “Spero proprio di sì!”. 

Giorgia Trasselli: garbo e professionalità was last modified: luglio 18th, 2017 by L'Interessante
18 luglio 2017 0 commenti
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JUVECASERTA: POTREBBE ESSERCI UNO SPIRAGLIO MA PER ADESSO NIENTE SERIE A E …. BASKET

scritto da Walter Magliocca

Juvecaserta

Juvecaserta fuori dalla serie A. Tanto tuonò che piovve. Ma potrebbe esserci uno spiraglio

Tante parole, belle in alcuni casi, ma sempre e solo parole affiancate dal gioco delle “tre carte”. Famoso a Napoli. Chi non lo conosce? Carta vince, carta perde, ma alla fine chi perde è sempre chi ha puntato. In questo caso ne perde prima la città, che non merita niente però, i tifosi, che vivono per la loro squadra, che danno il reale supporto, che sono la vera anima senza la quale sarebbe veramente tutto molto squallido, il presidente Iavazzi, che ha investito in questa avventura, per passione e “forse” business, sicuramente mal consigliato e mal affiancato da pseudo-amici consulenti e, soprattutto, tutti coloro che intorno a questo “giocattolo” ci vivono e traggono sostentamento per la loro vita. Compreso giocatori e allenatori.

Oggi alle 14,00 il consiglio federale ratificherà la non iscrizione della juvecaserta al prossimo campionato di serie A. La relazione della Com.Tec  (Commissione di controllo sui bilanci delle società) è negativa. Nel senso che il club non avrebbe (il condizionale è d’obbligo) rispettato quei parametri previsti dal regolamento ed in particolare dalla delibera 346 della Fip, per l’iscrizione al prossimo torneo.

Uno spiraglio potrebbe esserci. Ma lo scetticismo regna sovrano

Il consiglio, in un esame più accurato della vicenda, potrebbe valutare attentamente la documentazione della società casertana e le argomentazioni di un avvocato specializzato in diritto sportivo, a tal uopo nominato (finalmente!!) e che sta supportando giuridicamente le ragioni del sodalizio. L’occhio di riguardo, in passato, è stato già accordato a Roma, proprio con Caserta ripescata. Ma la società di terra di lavoro non gode degli stessi “appoggi” romani e pertanto sarà difficile. E poi c’à Cremona che spinge e che sicuramente è più solida dal punto divista economico rispetto a Caserta.

Ma questo è l’unico spiraglio che ha il basket casertano.

Altrimenti sarebbe tutta aria fritta. Le azioni possibili, oltre un dettagliato studio da parte dei professionisti, sono il ricorso al Collegio di garanzia dello sport del Coni entro 48 ore dalla notifica dell’esclusione, salvo poi adire la giustizia ordinaria con l’eventuale ricorso al Tar del Lazio.

Ma sarebbe tutto inutile. L’esperienza e la storia ci insegnano che, anche se con validi motivi in fatto e in diritto, i poteri forti non possono essere scalfiti. E poi sarebbe difficile ripartire con il fuggi fuggi generale. In primis gli sponsor e Vigorito, che forse sono già lontani, giocatori, addetti ai lavori, un pò meno i tecnici e …. i tifosi. 

Per Caserta città sarebbe l’ennesimo smacco. In una terra arida e arsa dal sole e dagli incendi, ci si  bea solo di cittadinanze onorarie, di organizzazioni finalizzate al business culinario e ….. nient’altro. Aridità e fuoco.

Dopo il  1998 il bianco, ancora una volta, lascia lo spazio solo al nero. L’unico vero colore di questa terra.

JUVECASERTA: POTREBBE ESSERCI UNO SPIRAGLIO MA PER ADESSO NIENTE SERIE A E …. BASKET was last modified: luglio 14th, 2017 by Walter Magliocca
14 luglio 2017 0 commenti
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JUVECASERTA: ALLO STORE PRESENTAZIONE DI BUCCHI E … GIURI. CONTINUA L’ALLESTIMENTO DEL ROSTER

scritto da Walter Magliocca

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Presentazione di Bucchi allo store 

Questa mattina, ore 11,00, allo store di via Giotto, sarà presentato il nuovo coach bianconero Piero Bucchi. Sarà presente anche anche il giemme Gino Guastaferro, la cui partenza non sembra così sicura.

L’allenatore presentato in un sabato di calura, per impossibilità infrasettimanale, ha già espresso il suo entusiasmo nell’affrontare questa ulteriore avventura campana-meridionale. 

L’ingaggio di Piero Bucchi fa ritenere che l’asticella delle aspettative sia alta. Il patron, con la sottoscrizione dell’accordo di sponsorizzazione con Vigorito, investirà sul mercato per l’allestimento di un roster che punterà direttamente ai play-off, vero obiettivo del presidente. 

Ora tutti i tasselli stanno trovando il loro posto, compreso l’affidamento del Palamaggiò e gli obiettivi più concreti.

Rinnovato Giuri per altri due anni

E’ ufficiale il rinnovo di Marco Giuri. Il capitano dovrà essere la chioccia per il gruppo che si sta creando. In previsione quattro anni con la Juvecaserta. Si pensava potesse ritornare a casa con Dell’Agnello, ma evidentemente Iavazzi è stato più convincente ed il progetto più allettante. Dopo Giuri, se Bucchi dovesse dare il suo placet, si vocifera che anche Diawara (anche se appare improbabile)  potrebbe continuare la sua avventura casertana.

Siamo solo all’inizio ma, a parte i colpi conservati per la chiusura (con il botto) il grosso del lavoro verrà comunicato a breve. 

JUVECASERTA: ALLO STORE PRESENTAZIONE DI BUCCHI E … GIURI. CONTINUA L’ALLESTIMENTO DEL ROSTER was last modified: luglio 8th, 2017 by Walter Magliocca
8 luglio 2017 0 commenti
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JUVECASERTA LA CRISI E’ ALLE SPALLE: ARCIADIACONO PRIMO ACQUISTO DOPO IL COACH BUCCHI ED IL PALAMAGGIO’

scritto da Walter Magliocca

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Juvecaserta: si annuncia una stagione entusiasmante. Arciadiacono primo acquisto in cabina di regia

La Juvecaserta comunica di aver sottoscritto un accordo biennale con il giocatore americano Ryan Curran Arcidiacono, guardia/play di 190 cm. miglior giocatore delle Final Four del campionato NCAA 2016, vinte con la formazione della Villanova University. Nato a Filadelfia il 26 marzo 1994 da una famiglia di origini siciliane, dopo gli anni della Neshaminy High School di Langhorme, ha frequentato la Villanova University con cui ha disputato complessivamente, in quattro stagioni, 144 gare. Nell’ultima stagione, culminata con il successo alle Final Four, ha giocato 40 gare facendo registrare 12,5 punti per gara e 4,2 assist, tirando con il 50% da 2, il 39,4% da 3 e l’83,6% ai liberi. Dopo la Summer League 2016, ha firmato un contratto con i San Antonio Spurs, passando, poi, in D-League agli Austin Spurs con cui ha disputato 47 partite (6,5 punti, 3,8 assist, 50,7% da 2, 42,1% da 3, 81,44% ai liberi). È il giocatore che, nella storia, ha disputato il maggior numero di partite con la maglia della Villanova University
Ha fatto parte della nazionale USA Under19 e nel 2014 è stato convocato dal selezionatore della nazionale italiana sperimentale con cui ha disputato 17 partite mettendo a segno un totale di 100 punti.
«Era un mio piccolo, personale sogno – sottolinea il patron Iavazzi – portare Arcidiacono in bianconero. Ci avevo già provato lo scorso anno, ma senza successo. Adesso si è palesata l’opportunità di tesserarlo per i nostri colori e non ci ho pensato un solo attimo, decidendo di fare e farmi un regalo, portando una stella del basket a Caserta. Ryan è un play/guardia con grande visione di gioco, che ha dimostrato sempre grande determinazione e leadership. Sono certo che la sua presenza in maglia bianconera può costituire la base della squadra che abbiamo intenzione di costruire».

Ieri l’annuncio ufficiale di coach Bucchi

Nuovo timoniere della compagine casertana è Piero Bucchi, che sarà presentato alla stampa sabato mattina presso lo store di via Giotto. Sostituisce Sandro Dell’Agnello che si è accasato a Brindisi, ex “casa”, per diversi anni, del nuovo tecnico bianconero.

Con i casertani non vi è stato sempre un grande feeling, ma lo sport sovente gioca strani scherzi. E, inutile dirlo, il tecnico ha manifestato grande entusiasmo in questa nuova avventura meridionale. Sedeva sulla panchina dei “meneghini”, che negò ai casertani la strada della finale,  nell’ultima semifinale scudetto giocata da Caserta.

«Sono molto onorato di allenare la Juvecaserta, squadra storica della pallacanestro italiana, che oggi, grazie alla grinta, ai sacrifici ed alla determinazione del presidente Iavazzi, continua ad avere un ruolo importante nel panorama cestistico nazionale.
Ho lavorato tanti anni tra Campania e Puglia ed il calore, la passione e l’accoglienza che ti dà la gente del Sud  è unica e straordinaria. 
Ho giocato tante volte da avversario a Caserta ed il pubblico, guidato dalla curva Ancilotto, è sempre stato il vero sesto uomo in campo, riuscendo in ogni momento a mettere molta pressione agli avversari. 
Garantisco che la squadra lotterà con ardore e determinazione e sono sicuro che, insieme a voi, faremo grandi cose. Forza Juve».
È, questa, la prima dichiarazione rilasciata da Pier Luigi Bucchi, nuovo allenatore della Juvecaserta per la stagione sportiva 2017/18.
Nato a Bologna il 5 marzo 1958, ha iniziato il suo percorso tecnico agli inizi degli anno novanta nel Basket Rimini. Ha debuttato come capo allenatore nel marzo del 1996 e nella stagione successiva ha conquistato la promozione in A1 con i romagnoli, dove è rimasto fino al 1999,  quando è stato chiamato a guidare la Benetton Treviso con cui, in due stagioni, ha vinto una Coppa Italia ed una Supercoppa. Dopo una breve parentesi in Polonia, a metà della stagione 2001/2002, ha accettato di guidare il Napoli basket in Lega2 conquistando subito la promozione alla massima serie, Si è, quindi, trasferito a Roma dove è rimasto fino al 2004/2005 prima di ritornare in Campania, dove, nel 2006, conquista  la sua seconda Coppa Italia alla guida del Napoli Basket con cui ha rescisso  il contratto nel 2008 per accettare la gestione dell’area tecnica dell’Emporio Armani Milano. Con la società lombarda ha raggiunto due finali scudetto. Nel 2011/2012 ha sottoscritto un contratto con il Nuovo Basket Brindisi, retrocesso in Legadue ed immediatamente riportato nella massima serie ed alla conquista della Coppa Italia di Legadue. Con la società pugliese è rimasto per cinque stagioni consecutive raccogliendo risultati quanto mai positivi. Lo scorso anno ha guidato la Vuelle Pesaro che ha lasciato a marzo.
Complessivamente, il suo Palmares comprende tre promozioni in AI (Rimini, Napoli, Brindisi), due Coppa Italia (Treviso e Napoli), una Supercoppa (Treviso) ed una Coppa Italia di Legadue (Brindisi) Nell’anno 2000, alla guida della Benetton Treviso, è stato nominato miglior allenatore della stagione.

Si aspettano nuovi colpi nei prossimi giorni. E intanto via Guastaferro e il Palamaggiò sarà gestito direttamente da Iavazzi.

Il patron bianconero, confermato e sempre più entusiasta timoniere della navicella bianconera, è intenzionato ad allestire una compagine che possa centrare, senza grandi sofferenze, i play-off.

Il primo passo è la gestione del Palamaggiò che porterà altri introiti al presidente. Impegnato nella costruzione della squadra e nel ridisegnare l’organigramma societario.

Via Guastaferro (ritorno a Scafati), maggiori poteri a Nevola. Incarico a Giancarlo Zaza d’Aulisio per l’attaccamento disinteressato dimostrato nei confronti del patron.

Mentre si parlava di crisi, di Vigorito, del Consorzio, dietro le quinte si lavorava già per allestire un roster competitivo. Giocando di anticipo.    

JUVECASERTA LA CRISI E’ ALLE SPALLE: ARCIADIACONO PRIMO ACQUISTO DOPO IL COACH BUCCHI ED IL PALAMAGGIO’ was last modified: luglio 6th, 2017 by Walter Magliocca
6 luglio 2017 0 commenti
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Fuoco
CulturaEventiIn primo pianoMusicaTeatro

Alessandro Tebano: Fuoco Fatuo e la mia esperienza personale

scritto da L'Interessante

Fuoco

Di Christian Coduto

Oggi parliamo con Alessandro Tebano: attore, mimo, ballerino, performer … ha intrapreso un percorso di pura arte che sfocia nel sociale. Ci incontriamo al centro di Caserta, di domenica mattina. E’ già in piedi da diverse ore, mi rivela, perché fermo non ci sa proprio stare. Sta trovando nuove chiavi di lettura e di rappresentazione per il suo nuovo progetto teatrale. “E’ un work in progress continuo”. Noto immediatamente la sua serietà, la sua professionalità. Eppure, nel corso dell’intervista, si lascerà spesso andare a gradevoli momenti di piacevole ironia, alternando attimi di malinconia.

Il Fuoco Fatuo di Alessandro Tebano

Alessandro, parliamo un po’ di “Fuoco Fatuo” …

“Fuoco fatuo” è uno spettacolo che, come si evince dal titolo, ha come protagonista indiscusso uno dei quattro elementi, il fuoco appunto. Il fuoco ha una natura indomita, utile e traditrice, può sì distruggere, ma anche purificare. Nel caso specifico, il fuoco è il fil rouge che collega due atti unici. Il sottotitolo dello spettacolo è “La terra della Janara e di Pulcinella”, due personaggi caratteristici. Abbiamo ipotizzato un processo della Santa Inquisizione che avviene a Benevento. La Janara, una figura che cercheremo di redimere, era una donna che, grazie alle sue conoscenze, cercava di aiutare le persone del suo paese. Venne, però, condannata, perché le sue conoscenze non erano quelle convenzionali, in quanto ritenute pagane perché serve di Diana dalla cui distorsione dialettale RIANA deriva Janara. Da un rogo del passato, quindi, passeremo a raccontare un rogo del presente, rievocando la figura di Pulcinella, che affronterà un discorso all’interno della terra dei fuochi. Viene svelata la vera natura di una maschera dietro cui si nasconde la verità di anime traghettate nell’aldilà. Quante volte nel tradizionale teatro dei burattini c’è Pulcinella che scende a compromessi con il diavolo? Non tutto è così esplicito all’interno dello spettacolo, ovviamente, ma attraverso l’evocazione simbolica, la parte canora (con musiche della tradizione popolare) e la teatro/danza cercheremo di dare quella liricità e quella poesia necessarie per rendere più fruibile l’argomento agli spettatori. I due atti sono unici, ma si incastrano perfettamente tra di loro.

 

Nello spettacolo si fa riferimento alla Terra dei fuochi. Da cittadino del territorio campano, come vivi questa realtà?

La vivo con immenso dolore: questo spettacolo attinge alla mia esperienza personale. Tutto ciò che è legato alla Terra dei fuochi, che non è soltanto denuncia di un tangibile inquinamento, ma anche di insorgenze di malattie, io l’ho vissuto sulla mia pelle, con la morte di mia madre, alla quale è dedicato il nome della compagnia, “La Margherita”. Il male l’ha consumata. Un male che, per l’iter medicale, è stato trattato alla stregua di ogni neoplasia. In realtà, ogni singolo paziente dovrebbe essere trattato seguendo un preciso protocollo. Purtroppo, quelli che non hanno a disposizione milioni di euro da investire, sono costretti a seguire un percorso unico, uguale per tutti. L’ho vista ardere davanti ai miei occhi. Utilizzo questo termine perché il dolore era un vero e proprio bruciore.

Questo spettacolo è organizzato dalla compagnia de “La Margherita” a cui accennavi prima, in collaborazione con l’associazione “Gianluca Sgueglia Onlus” …

Sì. Due associazioni che collaborano perché la Presidentessa è la stessa, Maria Luisa Ventriglia. Dopo la morte di mia madre, ha avuto inizio questa collaborazione ed ora, dopo 4 anni, abbiamo ottenuto un primo risultato di cui andare fieri. Abbiamo proseguito con la giusta calma, abbiamo rispettato i tempi per maturare il progetto. “La Margherita” prosegue un percorso principalmente artistico: sono due facce di una stessa medaglia. Questa sinergia di risorse ha fatto sì che lo spettacolo diventi un evento d’arte, come da mission associativa della “Margherita Education Art”, portando in scena quattro abiti dedicati ai quattro elementi elaborati dal “Liceo artistico di Cascano” e accogliendo il pubblico nella dimensione che vogliamo manifestare, con una mostra di pittura di vari artisti.

Il fuoco distrugge, purifica. Però, da ciò che viene distrutto, c’è una ricostruzione. E’ un augurio che vuoi dare alla nostra terra?

Certo! Il nostro spettacolo vuole scuotere le coscienze, in maniera poetica. Siamo consapevoli di ciò che accade intorno a noi, ma noi possiamo fare la differenza. Ammetto, però, che questa voglia di alzare la testa, rimboccarsi le maniche e risolvere le cose non la vedo ancora nelle persone. Io uso l’arte, ma ognuno dovrebbe usare ciò che ha nella propria quotidianità per reagire. Spesso sento dire in giro “Tanto, in un modo dobbiamo morire …” eh no! Io voglio morire in maniera dignitosa … spero solo che le cose cambino.

 

“Fuoco Fauto” è stato scritto da te, insieme a Serena della Peruta. Quanto tempo ha richiesto la realizzazione della sceneggiatura? Che tipi di studi avete fatto?

La nostra ricerca è stata non solo storica, ma anche un percorso di tipo emozionale, perché abbiamo seguito l’intuito. Il lavoro è stato molto complesso soprattutto per quanto riguarda il primo atto dedicato, come ti dicevo prima, all’ipotetico processo della Janara. Lo spettacolo dura 80 minuti: è stata una precisa scelta, quella di contenere la durata complessiva. Il tema è sicuramente duro, ma non era nostra intenzione rendere eccessivamente drammatica la visione, infatti c’è un messaggio di speranza rivolto al pubblico all’interno dell’intero spettacolo.

Nel secondo atto c’è invece uno studio sulla commedia dell’arte, che abbiamo voluto rendere più contemporanea. Un Pulcinella che, vedrete, è vittima di se stesso: la storia vuole che questa maschera (le cui origini risalgono all’Aversano) fosse un po’ il pagliaccio del paese, che portava allegria alle persone quando tornavano dai campi dopo un’intera giornata di duro lavoro. Lui intratteneva, raccontando gioie e dolori di ciò che stavano vivendo. Quindi non è un comico in sé, ma ha un lato oscuro e un lato luminoso. Volendo fare un riferimento letterario, Pulcinella rappresenta Caronte, così come Arlecchino, per esempio, rappresenta Lucifero.

Anche Alessandro (detto in arte Alexander) è una maschera dai due volti… lo si percepisce dall’andamento di questa chiacchierata.

Quando sarà possibile vedere “Fuoco fatuo” e dove?

Domenica 16 luglio alle ore 20.45 durante la prima edizione della manifestazione “Casagiove in scena”, presso il Quartiere Militare Borbonico. Noi saremo una delle dieci compagnie del territorio che parteciperanno a questo progetto. Si parla di compagnie e associazioni culturali all’interno del comune di Casagiove che sono state censite e coinvolte dalla nuova giunta comunale. Il costo del biglietto è di soli 3 euro. Per noi è un inizio che, speriamo, ci porterà altrove.

Te lo auguriamo di cuore!

Queste le info e la sinossi dello spettacolo:

Spettacolo Inedito: debutto domenica 16 luglio al “Casagiove in Scena”

Alle ore 20:45 c/o il Quartiere Militare Borbonico di Casagiove (CE) Ingresso: 3€

Compagnia teatrale della Margherita

presenta:

“Fuoco Fatuo“

La Terra della Janara e di Pulcinella

(una storia accompagnata da danze, musica e magia)

 

scritto da: Serena della Peruta e Alessandro Tebano

coreografie: Natasha D’Andrea

costumi: Maria Luisa Ventriglia

Scene: Francesco Albero e Antonio Viscusi

regia : Compagnia della Margherita

direzione artistica: Alessandro Tebano

In scena

“La Margò Popolar Band”

Chitarre: Mario La Porta, Pietro Fusco;

Voce solista: Anna Maria del Sorbo;

Voce e Tammorra: Rosy Paolella;

Corpo di Ballo

Ilaria Pero, Francesca Sorbo;

Cast

La Janara: Serena della Peruta;

donna Matteuccia: Rosy Paolella;

Inquisitore e Pulcinella: Alessandro Tebano

E con Emanuele Roviello.

Uno spettacolo di teatro sperimentale, che usa svariate arti sceniche per arricchirne i contenuti sociali presenti. Coinvolgendo il pubblico in una poetica fatta di parole, canzoni e gesti simbolici che raccontano con forza espressiva due storie che hanno per protagonisti delle figure mitologiche della nostra terra come una Janara e Pulcinella collegati dall’elemento Fuoco! Ispirandoci al concetto che i fuochi fatui spesso sono interpretati come la manifestazione dello spirito dei defunti, nelle leggende nordiche diventano l’espressione di esseri fantastici che animano foreste e brughiere attirando con le loro luci i viandanti ignari.

Questo si è tradotto in una messa in scena il cui l’elemento fuoco, il vero protagonista, parte da un percorso storico sulla nostra Campania, dove abbiamo ipotizzato un processo ad una Janara del beneventano, che attraverso i secoli giunge al nostro territorio con un presente costituito dai roghi della Terra dei Fuochi. Roghi che portano il fatuo, la superficialità, la leggerezza di fare vittime, che innescano un meccanismo dal quale bisogna imparare a dissentire, seminando la voglia di risorgere come una fenice dalle nostre stesse ceneri.

 

La compagnia nasce all’interno dell’Associazione Culturale e di Promozione Sociale “La Margherita Education ART” coadiuvata dall’Associazione “Gianluca Sgueglia Onlus”. Quest’ultime sono due facce della stessa medaglia, che portano il nome di due persone che hanno segnato il percorso umano dei soci che hanno costituito queste realtà associative. Cooperando in sinergia in ambito sociale ed educativo, con progetti di natura artistica e di recupero umano presso comunità, carceri, scuole e comuni.

Per la compagnia teatrale, è il primo vero debutto, dopo piccole collaborazioni e spettacoli di teatro ragazzi, è la prima grande esperienza, in cui si riesce a portare in scena un prodotto per un pubblico adulto. Un passaggio fondamentale per uno spettacolo totalmente costruito da noi, con un lungo percorso personale di ricerca e trasformazione emotiva, insieme ad uno studio continuo in ambito artistico.

Lo stile è quello di portare all’attenzione del pubblico, tematiche sociali trattate con sensibilità e coinvolgimento, per lasciare un segno nell’animo di chi apre la quarta parete del teatro con noi.

L’intento è quello di sensibilizzare alla bellezza, per liberare la verità della propria espressione artistica diventando ciò che si è veramente. Giungendo ad un traguardo personale che è quello di portare sulla scena della vita, la propria anima senza preoccuparti del giudizio.

Alessandro Tebano

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Alessandro Tebano: Fuoco Fatuo e la mia esperienza personale was last modified: luglio 5th, 2017 by L'Interessante
5 luglio 2017 0 commenti
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Pernice
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Gianni Pernice : Fatte ‘na pizza e canta insieme a me!

scritto da L'Interessante

Pernice

Di Christian Coduto

Si può essere artisti anche nella scelta della location per fare l’intervista …

Nella fattispecie, mi ritrovo a Villaricca, a Viale della Repubblica precisamente. Questa è la sede di “Fatte ‘na pizza”, la pizzeria del cantante Gianni Pernice, che mi appresto ad intervistare. Entro con curiosità nel locale e vengo inondato da tutti quei profumi che ti fanno venire subito fame. Gianni mi viene incontro trafelato; ha già indosso il camice. Mentre mi saluta mi chiede ripetutamente scusa per aver rinviato tante volte il nostro incontro. “Troppi pensieri” mi dice, indicando la testa (perfettamente rasata) e scoppia a ridere. Il locale è già pieno zeppo di persone; lui saluta tutti e riesce a rispondere alle mie domande allo stesso momento. Se mi fossi trovato al posto suo, sarei andato in panico. Lui, invece, mantiene una serenità invidiabile. Affronta ogni inconveniente con tranquillità. E quel sorriso non lo perde mai.

Gianni Pernice parla del suo esordio artistico …

Chi è Gianni Pernice?

Gianni Pernice è un ragazzino di appena 36 anni. Nella vita ho sempre lavorato. Lavoro da quando avevo 13 anni: la mattina andavo a scuola e, la sera, andavo in pizzeria. Sono estremamente attivo, non mi fermo praticamente mai. Alterno fasi di grande ottimismo a periodi di estremo pessimismo. Delle mille cose che potrei dirti di me, una spicca di sicuro: non mollo mai. Fino ad ora, tutto ciò che ho voluto fare o sognavo di fare l’ho realizzato. Con grande o piccolo successo (sorride).

Gianni e la musica … quando è iniziata questa storia d’amore?

(Spalanca gli occhi) ma … io e la musica siamo gemelli siamesi! Sogno di cantare sin da quando ero piccolino; mi chiudevo in bagno e cantavo davanti allo specchio, un po’ come tutti quelli che sognano di svolgere questa professione. Viviamo in simbiosi, non posso darti una data precisa. Il cantante non è come un musicista che, nel tempo, si appassiona ad uno strumento musicale … il cantante, lo strumento, ce l’ha dentro di sé da quando è nato, cresce insieme a lui.

Nel 2002 esordisci alla grande con “C’era una volta … Scugnizzi” di Claudio Mattone ed Enrico Vaime , un’esperienza importante …

Questo è il mio esordio da professionista. Sono stato scelto da Claudio Mattone tra almeno sei/settemila ragazzi che si presentarono ai provini. E’ stato il mio esordio da ogni punto di vista: la mia prima registrazione in sala di incisione, per esempio, è avvenuta proprio con “Scugnizzi”. Claudio era molto teso: mettere sul palco 16 ragazzetti, molti dei quali alla prima esperienza, è stata sicuramente una follia, ma è andata benissimo! La maggior parte degli attori erano studenti universitari … io invece ero il vero e proprio scugnizzo della compagnia (sghignazza). Figurati, durante le interviste, le ospitate televisive, Claudio mi metteva sempre in primo piano perché, a detta sua, i miei colori, il fatto che io sia piccolino, erano tutte cose che mi rendevano riconoscibile ed identificabile nel contesto dello spettacolo di cui facevo parte. Con questo spettacolo, sono stato in tournée per 4 anni … da un certo punto di vista, è stata un’immensa ed infinita gita scolastica!

Parla molto, in modo schietto e sincero. Mi colpisce la sua semplicità umana. Non si atteggia, non si vanta. Racconta ciò che ha vissuto con uno sguardo che sembra dirmi “Ma davvero sono stato io a fare tutte queste cose?”.

Nel 2005 entri nel cast di “Quartieri spagnoli” in cui reciti accanto a Gianfranco Gallo e Massimiliano Gallo. Cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?

Io subentrai a Gianni Lanni, in realtà. Interpretai il ruolo di un cantante neomelodico stonatissimo e cafone, un’esperienza molto divertente! Ero il coprotagonista del musical. Fu Massimiliano a contattarmi, dicendomi di partecipare al provino. Quando lessi il copione tutti risero di gusto. Le repliche proseguirono per almeno 6 mesi, tra matinèe scolastiche e serate al Teatro Trianon. Di Gianfranco e Massimiliano serbo un ricordo meraviglioso: sono due splendide persone ma, soprattutto, due grandi professionisti.

Nel 2006 ritorni a teatro nello spettacolo musicale “Napoli 1799”. Accanto a te, anche questa volta, i fratelli Gallo …

Un ruolo più piccolino, questa volta. Massimiliano, con il quale ho un ottimo rapporto di amicizia e rispetto, me lo diceva sempre “Quando sali sul palco, tu puoi fare quello che vuoi, perché sei simpatico, un casinista!”.

Tanta popolarità ti arriva con “Un posto al sole”. Parlaci un po’ del tuo ruolo, simpaticissimo: quello di Mimmo Calore. “Mimmo Calore” incide anche un brano, estremamente ironico “3MST” (tre metri sotto terra). Il videoclip della canzone è un trionfo, con quasi 180mila visualizzazioni su youtube …

Mi ero trasferito a Roma, vissi lì per tre anni. Dopo essere ritornato a Napoli, attraversai un periodo di blocco lavorativo. Per 4 anni non successe più nulla. Arriva, poi, l’opportunità di fare un provino per “Un posto al sole” per il ruolo di Mimmo Calore che, effettivamente, ricordava un po’ il personaggio che avevo interpretato in “Quartieri spagnoli”. Venni scelto per l’ironia del personaggio che, a detta di tutti, mi apparteneva.

Un’esperienza bellissima! Il teatro, sia chiaro, è una forma d’arte importantissima, ma il potere della televisione è incredibile: la gente mi fermava per strada, al cinema, al centro commerciale e mi chiedeva l’autografo o una fotografia. Mi ha dato tantissima popolarità. A distanza di tempo, mi rimane solo un po’ di amarezza: quella di non essere riuscito a gestire il momento nel modo giusto.

Si rabbuia per una frazione di secondo. Per uno che conosce il significato e l’importanza della parola lavoro, questo piccolo “passo falso” è imperdonabile. Un’occasione mancata. Poi, con la stessa velocità, torna a sorridere e proseguiamo la nostra chiacchierata. Rimorsi? Non può e non vuole averne.

Esce finalmente il tuo primo cd : “Vulesse essere …”, distribuito dalla prestigiosa casa discografica Zeus record. La canzone che dà il titolo all’album è, in primis, una dolcissima dedica alla tua compagna di vita …

Antonio Casaburi (l’autore del brano N.d.R.) mi fece ascoltare diverse canzoni, ma questa è la prima di cui mi sono innamorato. Credo sia il brano che mi rappresenti meglio, sia da un punto di vista musicale, sia per ciò che concerne il testo.

“Vulesse essere …” è un disco autoprodotto. Antonio propose il progetto a Vincenzo Barrucci della Zeus; a lui le canzoni piacquero molto e decise di distribuire il cd. Avresti dovuto vedermi: saltavo come un canguro per la felicità! (Ride). Per essere precisi, la distribuzione è stata affidata alla Napoli Project, uno dei tre marchi della Zeus Record. Come dicevi tu prima, è un’etichetta discografica molto importante, dalla lunga storia musicale. Lì ho trovato una seconda famiglia, si lavora sodo e bene. Ho sempre pensato che, per la struttura dei brani del cd, quella fosse la casa discografica più idonea e così è stato (sorride).

Realizzare il videoclip per la canzone è stata un’impresa … due o tre giorni prima dell’inizio delle riprese, ho racimolato tutte le persone che compaiono nel video, chi aveva altri impegni, chi doveva lavorare, un casino insomma! (ride).

Un momento di pura commozione è rappresentato dalla canzone “La nostra storia d’amore” in cui affronti il tema di un parto imminente …

Un brano molto intimo, delicato. L’argomento delle ragazze madri, a Napoli, è parte della quotidianità da sempre. E’ uno dei brani che preferisco in assoluto, anche perché io sono un sentimentale, un innamorato dell’amore. In più, il bambino per me rappresenta la purezza, l’ingenuità … il bambino è come dovrebbe essere vissuta la vita; purtroppo la società ci mette davanti mille ostacoli, infiniti problemi che tendono a cambiarci e a farci perdere quella genuinità che avevamo da piccolini.

Ma tu sei ancora puro, si vede. Si percepisce. Hai dei principi che molti esseri umani non hanno più … li hanno persi da tempo, rimanendo disincantati, senza sogni. Vorrei dirglielo, ma le mie parole rimangono lì, nella mia testa. 

Mi ha colpito molto “Nun te fidà mai” … in un album in cui il tema principale è l’amore, il testo è qui più duro, pragmatico …

In questo cd è la parentesi un po’ a sé stante perché, nelle altre canzoni, il tema predominante è l’amore. Invece, in questo caso, io parlo ad una ragazza e le consiglio di stare attenta perché le persone possono farti davvero male. È una lezione che mi appartiene: non mi fido facilmente degli altri. Prima ero un bambinone, credevo ciecamente a tutti, poi sono arrivate le bastonate.

Quanto tempo è stato necessario per incidere “Vulesse essere …” ? Come giudichi il lavoro in sala di incisione? Per alcuni cantanti il momento della incisione dei brani dovrebbe essere saltato, dedicandosi esclusivamente alle esperienze live …

Il disco è stato inciso in tempi davvero ristretti. Io sono un perfezionista, quindi dico a priori che avrei potuto fare di più e di meglio, ma sono io a non accontentarmi mai (sorride). Diciamo che, riascoltandomi, penso di aver cantato bene. Il lavoro in sala è sicuramente più meccanico, tecnico, quasi matematico: mettere il cuore in sala di incisione è più difficile; quando fai un concerto canti di fronte a tante persone e sai a chi stai trasmettendo le tue emozioni. In sala di incisione sei teso, hai paura di sbagliare, non si crea empatia. Riuscire a fare emozionare una persona che sta ascoltando il tuo progetto discografico non è da tutti, richiede un grande lavoro e una immensa professionalità. Un attimo solo …

Si avvicina al bancone e serve due ragazzetti.

Dicevamo?

Io mi occupo di cinema. Musica e cinema vanno, da sempre, di pari passo. Qual è il film della tua vita?

Sicuramente “La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino, con Will Smith. Il protagonista è un uomo che tocca il fondo con le mani e che insegue la felicità che, nel film, è rappresentata dal lavoro. Anche io sono sempre alla ricerca della felicità … premettendo  che mi considero davvero fortunato ad avere un lavoro, credo che, nella vita reale, la gratificazione sia data da altro: in effetti io aspiro ad essere sereno.

Gianni Pernice, però, è anche un ottimo pizzaiolo …

Ebbene sì! Non faccio il pizzaiolo per mestiere, bensì per passione. L’anno scorso ho vinto il secondo posto del campionato mondiale della pizza a metro e mi sono classificato al quarto posto all’STG (Specialità Tradizione Garantita N.d.R.) ovvero la pizza margherita per eccellenza. “Fatte ‘na pizza”, la mia pizzeria, è gestita da me e dai miei due fratelli. Amo la pizza! Insieme alla musica e al mare rappresenta Napoli.

Ti racconto una cosa: da bambino volevo mangiare sempre la pizza … ad un certo punto diventare pizzaiolo è diventato quasi una necessità … (lo guardo interrogativo) altrimenti avrei speso troppi soldi per comprarla in continuazione (ridiamo!).

“Fatte ‘na pizza” deve essere ricordata, non solo per la qualità dei prodotti che offre, ma anche per un gesto nobilissimo: quello del volontariato …

E’ una cosa a cui tengo molto. Faccio parte di un gruppo parrocchiale “Gli angeli della stazione”. Aiutare il prossimo è una cosa doverosa: incontrare delle persone che non riescono a nutrirsi, che non hanno un posto in cui vivere mi fa arrabbiare, mi addolora. Il nostro gesto non è solo quello di dare loro qualcosa da mangiare, ma di abbracciarli, ascoltarli, parlare con loro. Le storie che ascolto sono dolorosissime. Ci sono tante realtà. Fare il volontariato mi dona moltissimo e mi migliora in quanto essere umano.

Pensare agli altri. Quanti lo fanno davvero?

Cosa dobbiamo attenderci da Gianni Pernice per questo 2017?

In primis voglio vincere al Superenalotto così risolvo un sacco di problemi (scoppia a ridere). A parte gli scherzi, spero di riuscire a promuovere “Vulesse essere …” nel migliore dei modi. Vorrei crescere ancora, sia artisticamente sia come uomo. Senza trascurare la mia attività di pizzaiolo. In effetti io svolgo due lavori per i quali devi dare il 100%, gestirli entrambi è al    quanto difficile, ma ce la posso fare senza problemi. Non si è mica Gianni Pernice per caso, no? (Sorride di nuovo).

Fatti una domanda e datti una risposta …                       

Gianni Pernice sei soddisfatto di ciò che hai fatto e del risultato ottenuto? Allora … artisticamente e lavorativamente parlando sì: tutti i traguardi raggiunti li devo solo ed esclusivamente al mio sudore, senza scorciatoie. Anche perché ho 36 anni e, se fossi stato raccomandato, avrei fatto molto di più e con minore fatica. Però, allo stesso tempo, non sono ancora contento: voglio sicuramente di più. Non per presunzione o immodestia, ma credo di meritare altre occasioni importanti, perché alle spalle ho tanta gavetta.

Prima di salutarlo, mi avvicino al bancone. Sono sincero: ho l’acquolina in bocca. “Ehm … a questo punto, visto che mi trovo qui … qual è il tuo cavallo di battaglia?” “Guarda, la specialità di Gianni Pernice è la pizza alla brace!”

Ne prendo una con zucca, salsiccia, provola e patate al forno …. ebbene: è subito magia!

Gianni Pernice : Fatte ‘na pizza e canta insieme a me! was last modified: giugno 27th, 2017 by L'Interessante
27 giugno 2017 0 commenti
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Cosimo
CinemaCulturaEventiIn primo pianoTeatroTv

Cosimo Sinforini: vivere d’arte? Si può!

scritto da L'Interessante

Cosimo

Di Christian Coduto

Due sono gli elementi distintivi di Cosimo Sinforini: i capelli (neri, lunghi e molto curati) che gli regalano l’apparenza del ragazzo selvaggio, ribelle, rivoluzionario, vagamente alla James Dean o alla Johnny Depp. E la voce: roca, assolutamente riconoscibile. “Se non dovessi avere successo come attore” scherza “Mal che vada posso sempre sfondare lavorando per una linea telefonica sexy”.

Socievole e espansivo come tutte le persone che sono cresciute a stretto contatto con il mare, parla senza freni. E’ amichevole il suo atteggiamento, di grande apertura. Mi racconta di cose che non riguardano esattamente la sua vita artistica (e che, ovviamente, non rivelerò in questa sede!).

Mi ha chiesto di incontrarci in un bar nel Borgo Marinari “Il contatto con l’acqua mi fa stare bene, mi rilassa. Il Borgo, di primo pomeriggio, è piuttosto tranquillo. Qui possiamo parlare in maniera più rilassata”. Ho l’impressione che abbia leggermente paura delle domande che sto per porgli. O forse è solo un po’ di ansia … prima mi ha detto che è un perfezionista, ci tiene a fare le cose per bene. Sia che si parli di una performance teatrale (o cinematografica) sia che si tratti di un’intervista. Ama essere ricordato per aver fatto bene le cose.

Cosimo Sinforini risponde alle domande de “L’interessante”

Chi è Cosimo Sinforini?

Cosimo Sinforini è un ragazzo che proviene da Torre del Greco che, nel tempo, si è rivelata una fucina di giovani talenti. Sono molto legato alla mia città che, tra le altre cose, è la città del corallo. Geograficamente è posizionata tra il Vesuvio e il mare, un binomio vincente. Il ritrovarmi al centro tra gli elementi acqua e fuoco, mi ha fatto crescere folle, ma nel modo giusto. Voglio vivere di arte. Essendo tenace e testardo di natura, farò in modo di realizzare il mio sogno!

 

Reciti da oltre 15 anni. Quando hai capito che diventare un attore sarebbe stato lo scopo della tua vita?

L’ho sempre saputo sai? Ero piccolo, avrò avuto otto, nove anni e mi divertivo ad imitare i personaggi che vedevo in televisione o in strada. Cercavo di trovare degli aspetti che gli altri non erano in grado di vedere. Ho la “capacità” di vedere in profondità, una sorta di studio dell’anima. Amo molto il campo della psicologia.

Quando mi dicono che recitare è un gioco, io rispondo sempre di fare attenzione, perché è un lavoro “pericolosissimo”: ti immerge in realtà nuove, altro che lsd, è una vera e propria droga (scoppiamo a ridere). Entrare nella mente di un’altra persona, di un personaggio da interpretare non è affatto facile! È un mestiere che va vissuto con la giusta serietà e una buona dose di ansia.

Nel tempo, questa mia voglia di carpire gli aspetti privati delle persone, si è trasformata nel bisogno di interpretare realmente un’altra persona.

Ti racconto una cosa: ero da mia nonna, avevano da poco trasmesso “Rocky III” in tv … quel film mi piacque così tanto che davo cazzotti ovunque e a tutti, volevo essere Rocky!

 

Mi immagino un ragazzetto piccolino, ma con la stessa amabile sfrontatezza del Cosimo di oggi, che sbuffa, si impegna, si agita, suda per assomigliare il più possibile a Sylvester Stallone. Forza di volontà ne ha, eccome. È lodevole la sua caparbietà.

Ti sei formato all’Accademia delle belle arti di Napoli per poi approfondire i tuoi studi in Inghilterra. Tanta gavetta alle spalle. Cosa che sembra mancare, negli ultimi tempi: partecipi ad un reality e diventi subito noto. Non credi che tutto ciò sia un processo di involuzione culturale?

Sono laureato in arti visive e disciplina dello spettacolo presso “L’accademia delle belle arti di Napoli”. Parallelamente, ho studiato presso il teatro “Elicantropo” di Napoli, diretto da Carlo Cerciello, una vera e propria palestra che mi ha permesso di crescere artisticamente. Un’altra formazione fondamentale è stata quella del “Teatro Spazio Libero” di Napoli di Vittorio Lucariello. In quest’ultima struttura si sono formati i migliori artisti dell’avanguardia storica napoletana, da Toni Servillo a Mario Martone. Ricordiamoci che lì passò anche Andy Warhol.

Al termine degli studi sono andato a vivere in Inghilterra per due anni … ho imparato molte cose, soprattutto il diverso modo di vivere il teatro e varie tecniche di recitazione.

Ritornando alla domanda: per fare questo mestiere devi buttare il sangue, devi metterci anima e corpo. Un reality ti regala popolarità, certo, ma senza mezzi e senza testa non vai da nessuna parte. Se adesso, avendo un bel faccino, riesci a fare dei film senza conoscere la tecnica, significa che abbiamo sbagliato tutto …

 

Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?

Molti sono legati al passato. Avrei dato non so che per lavorare in un film diretto da Federico Fellini, per esempio. Però anche lavorare con Paolo Sorrentino non sarebbe male! (ride) Con “The Young Pope” ha raggiunto piena consapevolezza dei propri mezzi. Per ciò che concerne gli attori, invece: Toni Servillo, ma anche Stefano Accorsi, Claudio Santamaria. Però il mio attore preferito in assoluto è Al Pacino. Conosco tutti i suoi film … considerando la mia vocalità, mi ritengo un po’ un suo figlioccio artistico. Con questo voglio solo dire che per me lui è un attore immenso, dal quale tutti dovrebbero trarre ispirazione continuamente.

 

Punta in alto, è vero … ma questo è sicuramente un pregio. All’improvviso si sbilancia “Christian, le cose o le fai come si deve o lasci proprio perdere”. L’istinto mi dice che, un giorno, lavorerà davvero con qualcuno dei suoi miti, scommettiamo?

Un incontro importante è quello con il bravissimo Lello Arena, del quale hai seguito un laboratorio e che ti ha diretto, a teatro, in “Sugar spell”…

Lello è stato un maestro del secondo capitolo della mia carriera teatrale! Feci un seminario con lui, meraviglioso. Quando l’ho incontrato ero davvero emozionato. Credo che lui sia la figura più rappresentativa dell’ultimo grande periodo del cinema e del teatro napoletano. E’ un uomo che sembra schivo, una sorta di orso burbero … in realtà è una persona di una sincerità disarmante, spontaneo, generoso. Non ha remore, non si risparmia mai: ti dona tutto ciò che sa. Al termine del seminario, ci incontrò singolarmente. Fece dei colloqui con ciascuno di noi. Mi disse “Cosimo, tu hai molto potenziale. Puoi diventare un grande attore, ma non devi sentirti un attore. Devi essere un uomo al servizio di un personaggio e di un regista. Non assumere mai l’atteggiamento da supereroe”. E’ riuscito a farmi rimanere con i piedi ben radicati al suolo.

Ovviamente, ci sono stati molti momenti dedicati al ricordo di Massimo Troisi, di una tenerezza incredibile.

Devi sapere che Lello Arena è un patito del biliardino. Io facevo sempre coppia con lui.

L’ultima serata di “Sugar spell” avevamo fatto una scommessa: la coppia sconfitta sarebbe stata attaccata con una serie di secchi pieni di acqua. L’idea del pegno era stata proprio la sua. Oh … non siamo riusciti a perdere? Mi fece un cazziatone incredibile (ride di gusto).

Nel tempo, siamo rimasti molto amici, gli sono molto affezionato.

 

Tra i registi dei tuoi spettacoli teatrali, troviamo anche Beatrice Messa e Serena Di Marco. Credi che ci siano differenze, in termini di empatia e di rappresentazione delle immagini, quando a dirigere c’è una donna?

Lavorare con le donne è molto interessante perché hanno indubbiamente una sensibilità maggiore della nostra. L’unico “problema” è la gestione del cast, soprattutto quando la regista è molto dolce.

Per il resto differenze non ne ho riscontrate … l’unica cosa importante è che il regista (uomo o donna che sia!) sappia cosa fare e che riesca a trasmettere il tutto agli attori.

 

Nel 2015 compari nel videoclip di Emma Marrone “Arriverà l’amore”. Un ruolo piuttosto sgradevole (è un ragazzo che sbeffeggia una coppia omosessuale N.d.R.) … come avrebbe reagito Cosimo l’essere umano?

Ebbene sì, un ruolo piuttosto sgradevole. Il Cosimo della vita reale avrebbe reagito incazzandosi ed andando contro quei teppistelli. Siamo nel 2017 e, purtroppo, ci sono ancora situazioni così spiacevoli.

Nel mondo dello spettacolo ci sono moltissimi ragazzi e ragazze omosessuali …

Chi inveisce contro una persona omosessuale per me non è felice della propria vita.

Così come quando, allo stadio, partono quegli stupidi cori contro le persone di colore. Sono forme di razzismo che hanno, di base, una frustrazione personale.

Ognuno deve vivere la propria vita a testa alta. E’ inammissibile che un ragazzo omosessuale si nasconda, perché ne va della sua felicità umana.

Per quanto riguarda invece Emma, è una persona fantastica. Si è sempre un po’ prevenuti, perché viene da un format televisivo e così via. Con lei si è instaurato un buon rapporto umano e lavorativo.

Si infervora un po’ mentre risponde alla mia domanda, mantenendo però inalterata l’educazione. E’ abituato a credere che, nella vita, le cose debbano andare necessariamente nel verso giusto o, almeno, come vuole lui. È un bravo ragazzo, non c’è che dire.

Sempre nel 2015, ecco una bella esperienza televisiva: “Alta infedeltà”. Che ricordi hai di questa avventura?

Un’occasione nata quasi per gioco: mi contattarono dalla produzione, dicendo che ero perfetto per quel ruolo. Guarda, ti dirò: ci sono sempre tanti pregiudizi … non so se mi spiego … Un attore serio certe cose non le fa … ma “Alta fedeltà” non è mica, boh, un reality! Sono stato chiamato per interpretare una parte, per recitare. Ecco perché ho accettato di buon grado: c’è grande professionalità. Ero l’amante della moglie del mio migliore amico. Mi ha dato tanta popolarità; ancora oggi, quando vedono il video, mi contattano e mi dicono “Ma che hai fatto? Sei stato un bastardo!” (scoppia a ridere). Vedi? Questo è il rovescio della medaglia del mio mestiere: quando fai il buono, l’eroe di una storia, tutti ti esaltano. In questo caso ero l’amante e mi odiavano tutti (ridiamo).

 

Sia parlando di Emma sia del format televisivo, ci tiene a sottolineare che lui va al di là dei pregiudizi. L’arte può esistere in mille forme e in mille colori. Fare il finto snob non è da lui. Quello che conta è la professionalità. Chi ha le capacità merita ogni tipo di rispetto.

Punto a suo favore: non si finge chic per apparire migliore. È pane al pane e vino al vino. Mi domando se il suo essere così schietto e diretto gli abbia mai creato problemi, con gli amici per esempio o in campo lavorativo, con qualche regista un po’ rompiscatole.

Nel 2009 Antonio Capuano dirige Cosimo Sinforini nel film “L’amore buio”. Che ricordi hai della tua prima volta cinematografica?

Una vera e propria esperienza extrasensoriale … è un regista caratterizzato da una lucida e sana follia. Sa perfettamente quello che vuole: riesce a far sì che tutti gli attori, tutte le persone sul set seguano la strada che ha già deciso in precedenza. In apparenza, sembra distratto, in realtà è concentratissimo e ti segue attimo per attimo.

La mia prima esperienza sul set era piccola, ma mi sono trovato davanti Fabrizio Gifuni che, a mio parere, è uno dei migliori attori italiani del momento.

Una bella emozione, che ripeterei di sicuro.

 

A proposito di cinema, parliamo un po’ di “Dead country” …

Un’esperienza molto carina, una produzione totalmente indipendente e low budget. Giovanni Roviaro, il regista, è davvero giovanissimo ed è riuscito a trarre il meglio da un cast di attori che, nel tempo, sono diventati grandi amici. Nonostante il budget ridotto, il set era pieno di professionisti.

 

Hai recitato in oltre 10 cortometraggi. “Tela Bianca – La morsa del Daimon” è quello più recente. Possiamo avere delle anticipazioni?

Il cortometraggio è una scuola di vita, soprattutto per un attore che abbia intenzione di percorrere la strada della recitazione. E’ importante non solo per il momento attoriale, ma anche per imparare a relazionarsi con gli altri … i macchinisti, i tecnici, gli operatori. Ci sono dei meccanismi e dei ruoli che devi imparare a rispettare. “Tela Bianca” è diretto da Giuseppe Rasi, con il quale è nata una bella amicizia. Abbiamo in cantiere anche un lungometraggio, incrociamo le dita! In questo cortometraggio io interpreto il ruolo di un pittore che è stato allontanato dalla famiglia, che non approva la sua scelta di vita.

Premettendo che la mia famiglia mi è sempre stata accanto nelle mie scelte, riconosco qualcosa di Cosimo anche in questo personaggio: spesso, quando dico alle persone che faccio l’attore, tanti mi guardano straniti, mi chiedono “Ma allora riesci a vivere di questo?” embè … (sorride). Presto verrà presentato nei migliori Festival, auguro a questo progetto di vincere tanti premi!

 

Nel tuo curriculum, anche due spot televisivi. I tempi ristretti, una sceneggiatura (solitamente) ridotta … riesci (o provi) a dare un’impronta attoriale anche in situazioni come queste?

Beh … una cosa è recitare un monologo di Shakespeare sul palco e un’altra è ripetere alcune battute velocissime per uno spot. Ma, nonostante tutto, anche in quest’ultimo caso c’è spazio per l’interpretazione. Giusto per dire: l’ultimo spot che ho girato con i The Jackal, quello per la Muller, è costituito da una serie di mini pillole che usciranno a breve … ebbene, lì c’è talento puro, mi è stata data la possibilità di recitare al 100%!

 

Domanda multipla: ultimo film che hai visto al cinema, ultimo libro letto, ultimo cd acquistato, ultimo spettacolo teatrale al quale hai assistito.

“Song to song” di Terrence Malick … attori fantastici e una regia esemplare, da vedere! “Conversazioni su di me e tutto il resto” di Woody Allen … consigliatissimo. “Bird is free” di Charlie Parker; ti immerge in realtà che ormai, musicalmente, ce le possiamo solo sognare! “Ragazzi di vita” al Teatro Vascello, interpretato da Fabrizio Gifuni.

 

Cosa dobbiamo aspettarci da Cosimo Sinforini per questo 2017?

Allora … sono piuttosto scaramantico, quindi preferisco far parlare direttamente il lavoro. Ne vedrete delle belle, ma non anticipo nulla (sghignazza).

Terminiamo con un simpatico omaggio a Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta

“Cosimo, che rapporto hai con Napoli?” “Un rapporto di odio e amore. Ce l’ho da sempre. Napoli è una città bellissima, senza ombra di dubbio. Dona ampio spazio agli artisti, ma allo stesso tempo soffre di vittimismo. Noi napoletani dovremmo iniziare ad andare avanti a testa alta. Da un punto di vista artistico abbiamo avuto il boom di Gomorra, ma tutto ciò non basta sicuramente. E’ giusto che tutti i giovani della nostra città riescano a realizzare i propri sogni, in qualunque settore della loro vita!”

L’intervista si chiude con questo augurio alla sua città. C’è una bella dose di critica, perché nella vita non bisogna mai smettere di analizzarsi. Quegli stessi rimproveri che Cosimo si è fatto, nel tempo, per levigare le sue doti di attore. Quella dose di severità che gli ha permesso di rimanere lucido, pragmatico, nonostante i mille sogni da realizzare. E che, sono convinto, realizzerà negli anni a venire …

Ph. Laura Di Legge

Cosimo Sinforini: vivere d’arte? Si può! was last modified: giugno 12th, 2017 by L'Interessante
12 giugno 2017 0 commenti
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Stallo
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Ti stallo. Prove di adozioni

scritto da L'Interessante

Stallo

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati, bentrovati dal dogfriendly.  In questi giorni ho molto pensato al mondo dei volontari e per quest’articolo mi sono ispirato a coloro che si occupano di canili e cani vaganti sul territorio, agli sforzi che compiono, alle energie che investono nella loro missione.

A volte sono davvero stremati e avrebbero bisogno di collaborazioni funzionali a supportare le dinamiche che sovente si realizzano nelle adozioni: staffette, stalli, adozioni consapevoli. Ma cosa significano davvero queste parole?

Per farlo ho chiesto una mano a Chiara Porcile istruttrice cinofila di Mondo Cane, in quel di Genova, che da anni sapientemente lavora con il mondo degli animalisti, apportando il contributo da tecnico per una più fluida adozione. Come dico spesso, consapevole.

 

Realizzare uno stallo funzionale

Grazie mille Chiara per aver accettato l’intervista. Si sente spesso, soprattutto negli appelli lanciati dai volontari, il termine stallo: ma cosa s’intende?

“Con stallo si intende una sistemazione temporanea del cane fino all’adozione definitiva all’interno di un sistema famiglia. La sistemazione temporanea può essere all’interno di un canile/rifugio oppure a casa di un privato. In quest’ultimo caso si definisce stallo casalingo. Molto spesso gli stalli vengono richiesti per cani provenienti dal sud Italia affinché possano essere spostati al Nord e avere maggiori possibilità di adozione. In situazioni meno frequenti vengono richiesti stalli casalinghi per cani che vivono in modo particolarmente stressante l’ambiente di canile”.

Quindi il cane viene trasferito in un ambiente diverso da quello dove risiede, perdendo i sui punti di riferimento, l’ambiente conosciuto- per quanto a volte angusto-, gli operatori che gli danno da mangiare: come è possibile rendere uno stallo più accogliente per il cane?

“A mio avviso perché una sistemazione possa essere realmente accogliente per il cane lo stallo dovrebbe essere casalingo. Se si decide di spostare il cane da una gabbia di canile ad un’altra che semplicemente si trova geograficamente più in alto non ci sono comunque i presupposti per l’accoglienza.

Uno stallo casalingo permette al cane di conoscere una realtà che sarà poi quella che si troverà a vivere nel momento in cui verrà adottato definitivamente.

Per quanto riguarda il come renderlo accogliente vorrei poterti dire che so la risposta. Quello che posso fare è semplicemente riportarti quello che ho imparato in questi anni ospitando tanti cani diversi a casa mia e tenendo presente ovviamente che ogni cane è poi un soggetto a se stante e che, quindi, con ognuno di loro è necessario trovare la via giusta per arrivare a capirsi reciprocamente.

In linea generale credo che una questione fondamentale sia non preoccuparsi troppo di quello che potrebbero fare dentro casa. Che poi è spesso e volentieri il contrario di quello che fanno le persone una volta che il nuovo arrivato mette zampa nella loro abitazione: farà la pipì? Sporcherà in casa? Morderà il divano? Perché non si sdraia? Proverà a salire sul letto? Piangerà di notte?

Questo crea ovviamente una certa dose di tensione di cui il cane (che normalmente si è appena fatto 12 ore di viaggio in un camion dentro ad una gabbia) risente, a volte anche in modo profondo.

Quando arriva un cane in stallo a casa io ho già messo tutto in conto. Sono sicura che sporcherà in casa, ma sono altrettanto sicura che il pavimento si possa pulire senza troppa difficoltà o ansia; sono sicura che proverà a salire sul divano, sul letto e che magari ruberà anche il cibo dal tavolo ma sono tutte cose a cui si può rimediare. In altre parole credo che il presupposto fondamentale per l’accoglienza sia dare al nuovo ospite il TEMPO per capire dove si trova, chi sono le persone e gli altri cani con cui da un momento all’altro si trova a condividere spazi e risorse e come capirle e farsi capire.

Oltre a questo quello che cerco di fare è creare per ognuno di loro uno spazio all’interno del gruppo dove possano trovare stabilità, dove possano sentirsi al sicuro e dove possano trovare le energie per ripartire. Quello che devi considerare è che quasi tutti i cani che arrivano da me hanno conosciuto la solitudine, la violenza, la mancanza di libertà e spesso sono stati recuperati con gravi problematiche di salute. Quello di cui hanno bisogno è qualcuno di cui possano fidarsi. Qualcuno che dia loro fiducia, che dia loro la possibilità di sperimentare e di provare a muoversi nel mondo e che, allo stesso tempo, sia una guida sicura. La difficoltà nel fare gli stalli sta proprio in questo: esserci sempre, per ognuno di loro, ogni volta che ne hanno bisogno perché ognuno di loro è parte del gruppo ed è importante. Credo che solo così possano trovare le risorse di cui hanno bisogno per iniziare una vita completamente nuova”.

 

Non si corre il rischio così di illudere il cane che abbia trovato una famiglia definitiva?

 

“Si. Questo è il motivo per cui ad ogni richiesta di adozione segue un percorso di inserimento all’interno della nuova famiglia della lunghezza adeguata a seconda del soggetto che ha ricevuto la richiesta.

Ritengo anche che valga la pena prendersi questo rischio se penso che spesso l’alternativa sarebbe stata il canile a vita o se penso a tutte le adozioni “dirette” che hanno avuto come conseguenza il rientro in canile del cane o, forse peggio, una vita passata nel terrore e nella paura.

Per ogni cane che tengo in stallo vengono valutate attentamente le richieste di adozione e vengono prese in considerazione solo quelle ritenute idonee per quel soggetto. Inoltre ognuno di loro impara a muoversi al guinzaglio, in libertà, a stare all’interno della casa e a vivere dei momenti di solitudine in serenità. Tutto ciò spesso è determinante per far sì che le adozioni vadano a buon fine e che poi, realmente, l’adozione possa essere definitiva.

Per quella che è stata la mia esperienza ne è sempre valsa la pena. Rimango in contatto con tantissimi adottanti e quello che vedo sono cani sereni. A me questo fa pensare che il beneficio finale sia superiore rispetto al rischio iniziale che si è preso”.

Consigli per i  futuri adottanti per mettere il cane in agio?

 

“Oltre al percorso di conoscenza a cui ho accennato in precedenza, passo tantissimo tempo a raccontare loro il più possibile su chi sia il loro cane, che cosa gli piace fare, cosa lo può disturbare o far innervosire, cosa gli può fare paura e quali sono le sue abitudini. Cerco di fare in modo che loro lo conoscano il più possibile e che il cane possa ritrovare nella nuova casa oggetti e situazioni a lui conosciute. Per quanto possibile punto sul trasmettere loro alcuni modi di fare o modi di comunicare che il cane ha imparato a comprendere e interpretare da me, in modo che ci sia una base da cui partire per costruire una loro comunicazione”.

Stallare. Dimorare in una stalla. Sostare. Passivamente, quindi. Grazie a Chiara  Porcile per averci fornito il suo punto di vista sul più funzionale- e rispettoso- so stare in famiglia.

Ti stallo. Prove di adozioni was last modified: giugno 9th, 2017 by L'Interessante
9 giugno 2017 0 commenti
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Cavalli
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Marco Cavalli: io, un attore per passione.

scritto da L'Interessante

Cavalli

Di Christian Coduto

Giovedì 1 giugno, ore 18.30. Parco della Villa Floridiana, Vomero.

A quest’ora, il sole illumina ancora le strade.

L’estate, contrariamente a ciò che ci dice il calendario, c’è già venuta a trovare. Dopo aver fatto un po’ di giri per trovare un parcheggio, arrivo al posto scelto per l’intervista tutto trafelato e leggermente in disordine. Ritrovo Marco Cavalli seduto serenamente su una panchina, intento a fumare un sigaro.

Ha scelto un abbigliamento casual, ma con gusto: un pantalone che gli calza a pennello e una maglietta a maniche corte. Ma è la postura a fare la differenza … la prima parola che mi viene in mente è eleganza.

Appena mi intravede, sorride e si avvicina. Bella stretta di mano, vigorosa, di una persona sicura di sé. Mi chiede scusa se ha dovuto rinviare l’incontro per alcuni impegni lavorativi. Tono pacato, riflessivo, educato. Usa parole adeguate, è molto misurato, ma allo stesso tempo socievole e aperto al confronto.

L’intera intervista proseguirà allo stesso modo: in maniera totalmente rilassata e rilassante.

Mentre i bimbi giocano a pallone intorno a noi, richiamati dalle mamme affinché non facciano eccessivo rumore, iniziamo con le domande …

Marco Cavalli parla di sé a “L’interessante”

Chi è Marco Cavalli?

Allora … sono nato a Napoli il 25 aprile del 1975. Vivo con la mia compagna Ione e il nostro gatto Gabriele, detto anche Gabriellone, perché è decisamente grosso (ride). Lavoro alla CGIL e faccio l’attore, entrambe le cose per passione. Sono laureato in Scienze politiche. Ho preferito il percorso sindacale a quello politico/giornalistico che sognavo da ragazzino e posso dire di essere contento di aver fatto questo tipo di scelta. Ho svolto mille lavori: dal volantinaggio alla distribuzione degli album fuori dalle scuole, per due anni ho fatto ripetizioni ad alcuni ragazzini delle scuole medie ed elementari, per 6 anni sono stato lo stacca biglietti del San Paolo, per un anno e mezzo ho fatto il letturista dei contatori dell’acqua. Ho sempre voluto essere indipendente dalla mia famiglia, ho sempre dato il giusto peso al valore del lavoro. Nel tempo sono diventato redattore di un’agenzia di stampa; era un part-time, ma era molto impegnativo. Il mio primo contratto a tempo indeterminato. Nel frattempo, continuavo a svolgere la mia attività di volontariato presso la CGIL, che si è poi trasformato in un lavoro a tutti gli effetti.

Perché Marco Cavalli ha scelto la recitazione? Cosa rappresenta per te salire sul palco?

Il senso più profondo lo avevo già dall’infanzia. Da piccolino amavo il carnevale, i travestimenti. Ero inusuale persino nella scelta dei personaggi da interpretare: divieto assoluto al cowboy, l’indiano … erano benvenuti invece il vecchio carcerato, lo zombie trafitto e così via. Questo divertimento che provavo da bambino, credendo in maniera totalitaria nei personaggi che interpretavo nelle varie feste, me lo ritrovo pari pari nel gioco dell’attore.

Uscire da me stesso, indossare i panni di un altro e portarlo alle estreme conseguenze mi ha sempre divertito in una maniera pazzesca. Ecco perché ho scelto la recitazione.

Marco Cavalli lavora molto a teatro, spesso diretto da Nicola Guarino. Fare gavetta in sala cosa ti ha insegnato? Essere diretti da un regista che è anche attore facilita il processo di costruzione del personaggio che devi interpretare?

Nicola è un mio caro amico. Mi trascinò un po’ per caso in questo mondo magico. Venne a conoscenza della mia passione e mi spinse a provarci. Insieme abbiamo fatto diversi laboratori teatrali e tanti spettacoli, alcuni persino provocatori e naif. Con lui, ma anche con registi quali Ciro Pellegrino e Franco Zaccaro, ci siamo lanciati nel teatro off, decisamente d’avanguardia, anche se quest’ultimo termine è un po’ spocchioso e non mi piace utilizzarlo. Ritornando alla tua domanda: un regista che è anche attore talvolta può trovarsi in difficoltà nel momento in cui deve mettere in scena alcune cose, però quando si confronta con gli altri attori coinvolti il tutto è di gran lunga più costruttivo e stimolante.

Con un regista “puro”, invece, hai libertà di azione, puoi spaziare nella creazione del tuo personaggio.

Il teatro è una bella palestra: è estremamente fisico, ti insegna ad affrontare nel modo migliore possibile una fatica che, a mio giudizio, nel cinema non c’è. Non me ne voglia nessuno, ma è così! Il cinema è faticoso per chi lo organizza, per gli scenografi, i tecnici, il regista, ma non per l’attore. Il grande Marcello Mastroianni, non a caso, diceva “Beh, sempre meglio che andare a lavorare” (ride di gusto).

Hai svolto, in più occasioni, il lavoro di reading. Un compito molto impegnativo. Potresti spiegare, ai profani, quali differenze ci sono tra la recitazione pura e la lettura?

Un’esperienza bellissima! Per quanto mi riguarda, facevo dei reading in presenza di musicisti: sassofono, chitarra, tromba, contrabbasso … La selezione dei testi da leggere era invece curata da una carissima amica, che è anche una scrittrice.

È necessario in primis, che il testo rimanga fedele all’originale. Ma c’è contemporaneamente la necessità da parte di chi legge di interpretare le parole e fare qualche piccolo emendamento, tagliare qualche parola poco fluida e così via … quindi la grande differenza sta nel fatto che il lettore deve rendere ascoltabile la parola scritta. Il reader legge il testo, gli dona colore, sottolinea degli stati d’animo trasmessi dalla pagina, ma non deve snaturare ciò che gli viene affidato. In più, per trasmettere emozioni, hai solo la parola. Da un punto di vista recitativo, è qualcosa di assolutamente appagante.

Aggiungo anche che determinati testi danno un’emozione veramente forte ed è molto bello quando riesci a far arrivare all’intero uditorio le emozioni che stai provando tu.

Sei il protagonista di svariati cortometraggi. Ci racconti della genesi di “Come fossi una bambola?” E’ un progetto che ha anticipato i temi di “Lars e una ragazza tutta sua” …

Un’idea bellissima di Andrea Borgia, un altro regista al quale sono legato da una forte amicizia … lui aveva questa idea relativa alla solitudine e lo straniamento. Sì, è una storia molto semplice, però è riuscito a rendere magica la vicenda di quest’uomo che passa una serata, a cena, con una bambola gonfiabile ed è felice ed emozionato come se fosse una storia d’amore. La particolarità è che, attorno al protagonista, c’è un mondo assolutamente silenzioso, asettico, minimale. Sì, per noi è stata una sorpresa quando leggemmo di “Lars …” a tal proposito: lo sai che, sempre dopo “Come fossi una bambola”, uscì anche in Giappone una storia analoga? Coincidenze fortuite? (Ride).

Con “Peristalsi” del 2013 inizia la tua collaborazione con il regista Enrico Iannaccone. A questo, seguiranno poi “La ciofeca” e “Aniconismo”. Generi molto diversi, progetti ambiziosi. E’ importante, in termini di riuscita di un progetto, l’empatia tra il regista e gli attori coinvolti?

L’empatia è fondamentale perché, nello scambio profondo che intercorre tra il regista e l’attore, dà vita a qualcosa di proficuo. Poi, ovviamente, c’è anche chi preferisce avere rapporti solo ed esclusivamente lavorativi, preservando sempre la propria professionalità. Tra me ed Enrico, invece, c’è un legame che va oltre l’ambito artistico, visto che c’è un’amicizia profonda da diversi anni. Si condividono stati d’animo, emozioni vissute che giovano alla messa in scena.

Reciti tanto a Napoli. Quanto è artistica la tua città?

Guarda … di sicuro mi sento libero di dire che Napoli è una città ricchissima di veri talenti, sia nell’ambito registico sia nel settore attoriale. Purtroppo poco coordinata e senza budget a disposizione. Spero, un giorno, di fare esperienze artistiche altrove, per poterti dare una risposta più precisa al riguardo. E’ un osservatorio troppo piccolo.

Parliamo di televisione e della tua esperienza ad “Amore criminale” …

Ho lavorato con Matilde D’Errico, che io reputo un’autrice e una regista di grandissimo talento. E’ riuscita a fondere, in una maniera estremamente efficace, il testo giudiziario con il testo televisivo. “Amore criminale” è un format che racconta episodi di cronaca molto duri. Nel caso specifico, la puntata affrontò la storia di Teresa Bonocore, una cittadina di Portici, madre di una ragazzina che era stata violentata da un vicino di casa. La donna lo aveva denunciato e fatto arrestare. L’uomo però, dal carcere, ordì la spedizione di morte contro di lei. Tutti i colpevoli sono stati arrestati.

Io ho interpretato il ruolo del commissario. In quell’occasione sono rimasto sorpreso dalla capacità di sintesi della D’Errico. Un’esperienza molto piacevole, veloce, molto ben organizzata. La rifarei molto volentieri.

Il tuo curriculum è molto vario e variegato. Tra le tue esperienze, anche qualche videoclip musicale. Tra questi, “How to cure hangover in april” è quello sicuramente più interessante …

E’ effettivamente un lavoro del quale conservo un piacevole ricordo! Tanta energia e un apparato tecnico non indifferente. La storia è quella di quest’uomo che decide di comprare Ben, un robot, affinché lo aiuti nella fase di hangover in cui si ritrova … l’uomo beve, si droga, partecipa a festini. Il problema è che Ben inizia a sostituirsi al protagonista in ogni cosa della sua vita, fino ad arrivare a prendere il suo posto con la fidanzata (ridacchia). Un’esperienza divertentissima.

Nel 2014, diretto da Enrico Iannaccone, ecco il film “La buona uscita” accanto a Gea Martire. Interpreti il ruolo di Marco Macaluso. Il tema trattato è di quelli forti …

Un regista esordiente ed io, per la prima volta, protagonista di un film. Che dire? Un’esperienza magnifica. Avevo già fatto tanto teatro, ero apparso in tv, vari videoclip e diversi corti … eppure, quando mi sono rivisto sullo schermo, dopo una conferenza stampa nazionale, mi sono chiesto quando avessi preso la strada giusta che mi stava portando a tutto ciò. Ed ho pensato alla “Nausea” di Sartre: il protagonista è in un bar e sta ascoltando questa cantante di colore che sta eseguendo un blues. Ad un certo punto dice “Sono stato nel deserto, mi sono battuto con diversi uomini, ho amato donne e tutto questo mi ha portato in questo momento, in questo bar, in questa bolla di luce, avvolto dalle note”. Questa è stata la sensazione che ho provato … non ho ancora trovato una risposta: forse è stata fortuna, perseveranza, l’allegria e il divertimento che metto nel lavoro o il fatto che non abbia scelto la recitazione come mestiere principale, chissà.

O forse, semplicemente, perché Marco Cavalli è davvero un bravo attore? È così difficile ammetterlo? Umile, per nulla propenso all’autocelebrazione. Non è un atteggiamento forzato o costruito, il suo … Marco è autenticamente sorpreso dalla stima che riceve da chi lo ha visto recitare o da coloro i quali lo hanno scelto per i vari lavori. Non riesce quasi a farsene una ragione. Questo è probabilmente il vero motivo del suo successo: non si prende troppo sul serio. Recitare è una passione? Ecco, la vive come tale. Quindi, la vive bene.

Parliamo di Marco Macaluso … nelle note al personaggio che inviammo prima delle presentazione stampa venne definito come “Un uomo che, se fosse stato saggio, sarebbe stato un epicureo”. Invece lui è uno che consuma la propria vita e quella degli altri, solo ed esclusivamente per il proprio ego. Dopo la visione, molti mi hanno chiesto se Marco, così spregevole, fosse tipico di un particolare ambiente napoletano. Io dico, semplicemente, che è un personaggio trasversale … è il classico uomo dei nostri tempi, con i soldi, perché proviene da una famiglia molto ricca. Quello che tutti vorremmo essere: il forte che schiaccia gli altri, che ha il potere datogli dal denaro.

Se non lo guardiamo da un punto di vista morale, quest’uomo tocca il tema che Enrico voleva trattare nel film: i limiti della libertà.

Ci parli de “Il labirinto dell’anima” di Claudio Gargano, che uscirà prossimamente nelle sale?

E’ un lavoro dalla genesi inusuale: inizialmente doveva essere un medio metraggio poi, nel tempo, ha assunto la forma di un lungometraggio vero e proprio sulla Napoli esoterica. E’ tratto dagli scritti di Laura Miriello, una storica che è esperta anche in esoterismo. Il film rappresenta una Napoli molto noir. Il protagonista si imbatte in una serie di segni per lui sconosciuti, inediti che gli permetteranno di affrontare un viaggio che lo metterà a confronto con la città in cui vive, che è ricca di elementi occulti. E’ molto interessante da vedere, è una chiave di lettura di Napoli davvero poco sfruttata in ambito cinematografico.

Lo ammetto: non è che fossi a conoscenza della materia. Il che, in effetti, è stato un bene perché mi ha fatto affrontare questo progetto come se fossi un foglio bianco sul quale Claudio e Laura hanno lavorato.

A proposito di cinema: qual è il film della vita di Marco Cavalli e perché?

“Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, con Gian Maria Volontè del 1970. Il film più bello che abbia mai visto. L’ho pensato dopo la prima volta che lo vidi e continuo tuttora a pensare che lo sia. Volontè, a mio giudizio, è la maschera dell’attore, quello che vorrei essere. Il film fa il paio con “Arancia meccanica” di Kubrick: entrambe le pellicole affrontano il tema del potere dello Stato in una maniera sublime.

Tra le altre cose, io amo il cinema italiano, credo di avere una bella cultura al riguardo. “indagine …” è l’apice da questo punto di vista. In aggiunta, costituisce una sorta di summa filosofica, grazie ad una sceneggiatura pazzesca.

Fonti sicure mi dicono che il sig. Cavalli è un bravissimo ballerino di tango. Cosa ti affascina di più di questo tipo di danza?

(Sorride) … Chissà chi te lo ha detto, eh? (Io e Marco abbiamo un’amica in comune, che balla insieme a lui N.d.R.) Per me è una droga. Ho trovato, nel tango, quello che non ho più dal palcoscenico ovverosia: quel rapporto fisico con la presenza scenica, quel rapporto immediato tra il corpo, l’azione, la passione che ti muove dall’interno e, il tutto, indipendentemente dal fatto che ci sia del pubblico o meno! E’ un moto molto intimo tra due persone. Sono 7 anni che ballo. Ora come ora, sarebbe una delle cose più difficili a cui potrei rinunciare.

Da piccolo, mi ricordo di uno sceneggiato televisivo con Gastone Moschin, la cui sigla era “Libertango” di Astor Piazzolla. Avevo 5 anni … quel ritmo, quella melodia così struggente, mi catturarono.

Con la maturità, ho deciso di lanciarmi in questa forma di danza.

Ah, a tal proposito: amo anche la fotografia! Purtroppo sto dedicando poco tempo a questa passione negli ultimi tempi. Ho vinto anche un premio della critica al Napoli Film Festival!

L’amore per il tango spiega la postura. Questo elemento aggiuntivo, questa passione così raffinata rende Marco Cavalli un uomo d’altri tempi. Eppure, sempre al passo con i tempi. Un dualismo divertente.

Cosa dobbiamo attenderci da Marco Cavalli per questo 2017?

Speriamo tantissime cose! Come dico sempre “Io sto qui. Quando qualcuno mi propone qualcosa, io la valuto” (ride di gusto). Con Enrico Iannaccone abbiamo  appena girato un altro videoclip, molto gustoso. Attendo l’uscita del film di Gargano e c’è una web serie con Nicola Guarino, che ho ritrovato dopo un bel po’ di tempo. Stiamo per ultimarla, la durata di ogni episodio è di 6 minuti circa.

Concludiamo l’intervista con una marzullata : fatti una domanda e datti una risposta

In tutta risposta, Marco Cavalli inizia a recitare: “Mi sono svegliato stamattina con una grande voglia di restare a letto tutto il giorno, a leggere. Ho cercato di combatterla per un minuto, poi ho guardato fuori dalla finestra la pioggia e mi sono arreso, mi sono affidato totalmente alla custodia di questa mattinata piovosa. Rivivrei la mia vita un’altra volta? Rifarei gli stessi imperdonabili errori?”  “Sì, se potessi, sì. Li rifarei.” E’ un passo di Raymond Carver, contenuto nei “Racconti in forma di poesia”. Lo lessi tempo fa per un reading e credo sia adattissimo anche in questa occasione.

So che non potete ascoltare la sua voce, ma fidatevi di me: il risultato è da brividi!

Marco Cavalli: io, un attore per passione. was last modified: giugno 6th, 2017 by L'Interessante
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