Mostra
Di Erica Caimi
In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dalla sigla del Trattato d’amicizia e di commercio tra il Regno d’Italia e l’Impero del Giappone, le sale di Palazzo Reale a Milano ospitano l’affascinante mostra “Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Luoghi e volti del Giappone che ha conquistato l’Occidente” visitabile fino al 29 gennaio 2017. L’esposizione è promossa da Comune di Milano‐Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira e curata dalla professoressa Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università degli Studi di Milano. La collezione propone una preziosa carrellata di dipinti, serigrafie e illustrazioni che hanno imprigionato frammenti di una tradizione millenaria e che hanno saputo sedurre pittori, artisti e collezionisti europei verso la fine dell’ 800.
La tecnica in mostra
Il percorso si snoda tra le vie artistiche di tre grandi maestri, che hanno goduto di ampia popolarità nel Giappone di quegli anni: Katsushika Hokusai (1760‐1849), Utagawa Hiroshige (1797‐1858) e Kitagawa Utamaro (1753‐1806). A differenza del prodotto artistico europeo, le stampe giapponesi potevano avere una funzione diversa rispetto a quella puramente estetica di fruizione fine a se stessa. Molti esemplari in mostra, infatti, sono dei Surimono, termine che significa letteralmente “cosa stampata” e venivano realizzati per uno scopo ben preciso. Si tratta di biglietti commissionati da privati per occasioni speciali, come l’arrivo del nuovo anno o il festeggiamento di qualche momento importante nella carriera degli attori kabuki o ancora un invito a una serata mondana. Spesso, in queste stampe si ritrovano richiami letterari e persino poesie, tutti elementi che aumentano notevolmente il valore culturale dell’opera. La tecnica con la quale venivano realizzati è quella della xilografia, una sorta d’incisione di immagini su tavolette di legno, dette matrici, inchiostrate e utilizzate per riprodurre più volte lo stesso soggetto su fogli di carta. Nel corso della mostra, si potrà approfondire l’argomento grazie a un video esplicativo nel quale vengono svelati tutti passaggi che devono essere eseguiti con estrema precisione e abile manualità. Come si può ben immaginare, in un mercato di questo tipo, in cui si produce un bene artistico per soddisfare il mercato e magari produrre più volte la stessa stampa, il pittore non è l’unico protagonista della scena. Ben più rilevante è l’affinità che si stabilisce tra pittore, editore, intarsiatore e stampatore. Solitamente lo stesso artista prediligeva mantenere gli stessi intarsiatori e stampatori, proprio perché la conoscenza dello stile di ciascun professionista era fondamentale ai fini della riuscita dell’opera.
Le opere di Hokusai, Hiroshige e Utamaro in mostra
Attraverso cinque sezioni (Paesaggi e luoghi celebri: Hokusai e Hiroshige; Tradizione letteraria e vedute celebri: Hokusai; Rivali di “natura”: Hokusai e Hiroshige; Utamaro: bellezza e sensualità; I Manga: Hokusai insegna) la mostra mette in luce il mercato dell’immagine dell’epoca, che richiedeva di trattare soggetti precisi e temi alla moda per incontrare il gusto dell’esigente mercato dell’editoria.
La richiesta innescava inevitabilmente delle rivalità tra gli artisti stessi, ma soprattutto tra gli editori che si contendevano i migliori pittori, incisori e stampatori per dare forma a stampe sempre diverse, verticali, orizzontali, in forma di ventaglio, in formato di libro o di paravento per soddisfare i bisogni del pubblico. Anche la prospettiva sopraggiunta da Occidente e ben nota ai maestri giapponesi è pressoché assente dalle rappresentazioni perché di scarso interesse ai fini della commercializzazione dell’opera. Nelle immagini del Mondo Fluttuante, così come vengono comunemente soprannominate data la loro caratteristica di apparire sospese nel vuoto, l’assenza di prospettiva è mitigata da qualche espediente artistico come la nebbia o le nuvole, che nascondono la mancanza di profondità degli spazi.
La mostra mette in evidenza come fossero ricorrenti gli stessi soggetti e come gli editori fossero obbligati a inventare espedienti quali formati e inquadrature diverse per diversificare e piazzare il prodotto, ma anche come ognuno di questi artisti abbia insistito su una tematica specifica fino a renderla un best seller obbligando gli altri a cimentarsi sullo stesso soggetto alla moda per ritagliarsi il proprio spazio sul mercato.
Risulta chiaro così perché alle Trentasei vedute del monte Fuji di Hokusai seguirono, a distanza di quasi vent’anni, Trentasei vedute del monte Fuji di Hiroshige che richiamano a loro modo Hokusai, ad esempio riproponendo il soggetto della “Grande onda” con una simile inquadratura ma privandola di carica drammatica.
In quest’ottica, si può capire il motivo per cui la serie più famosa di Hiroshige, le Cinquantatré stazioni del Tōkaidō, sia stata ripetutamente proposta dallo stesso autore con editori diversi e in formati diversi, talvolta persino in collaborazione con altri artisti, e come il medesimo soggetto sia stato trattato anche da Hokusai in una serie di surimono.
Nelle similitudini, si rintracciano, però, anche le peculiarità dei maestri: le opere di Hokusai hanno delle linee più marcate e pongono al centro della natura l’essere umano, mentre in quelle di Hiroshige si riscontra un tocco più leggero e una preferenza per la natura e il mondo animale, usato in chiave simbolica.
Utamaro, invece, si differenzia notevolmente rispetto a Hiroshige e Hukusai. Secondo alcune teorie, pare sia nato ad Edo di fronte al quartiere di piacere e sarebbe il figlio dei proprietari di una casa da tè. Leggenda o verità, una cosa è certa, la sua produzione artistica si concentra nella creazione di stampe erotiche e di ritratti di geishe, delle vere e proprie star dell’epoca. Al culmine del suo successo venne duramente colpito dalla dissolutezza del governo Shogun e condannato al carcere per aver pubblicato delle stampe su un romanzo storico censurato. La sua condanna fu esemplare, forse anche per via della notorietà di cui godeva che si rivelò un’arma a doppio taglio. Questa esperienza lo segnò così profondamente da stroncargli la carriera di artista. Morirà qualche anno più tardi.
Conclusione della mostra e influenze artistiche
Il percorso si conclude con 15 volumi di Manga di Hokusai, una raccolta di immagini che dovevano fungere da manuali didattici per gli apprendisti e imporsi come punto di riferimento estetico per tutti gli artisti successivi. Il termine “manga” , infatti, significa letteralmente “schizzi sparsi” e si tratta, appunto di bozze che gli studenti potevano copiare per esercitarsi.
Il fascino dell’ “immagine del Giappone” seppe conquistare molti pittori oltreoceano, tra cui Monet, Van Gogh, Degas, Toulouse‐Lautrec, che si lasciarono rapire dalla freschezza e della semplicità di forme e colori. Inconsapevolmente, i tre maestri hanno contribuito a rivoluzionare il linguaggio pittorico della Parigi di fine Ottocento, plasmando i contorni della tecnica impressionista ed influenzando il Simbolismo e le Avanguardie, che giovarono del contatto con un’arte così diversa e altrettanto stimolante.