Gianni
Di Christian Coduto
La Tenerezza (Italia, 2017) *
Regia: Gianni Amelio (5/6)
Con: Renato Carpentieri (8), Elio Germano (6), Giovanna Mezzogiorno (6), Micaela Ramazzotti (6), Maria Nazionale (6/7), Greta Scacchi (5/6)
La trama del film di Gianni Amelio
Lorenzo è un uomo piuttosto anziano. Ha un importante trascorso da avvocato e un presente rivolto alla solitudine: ormai vedovo, ha infatti un rapporto di grande freddezza con Elena e Saverio, i suoi figli. Dopo essere uscito indenne da un infarto (con tanto di ricovero in ospedale e una conseguente evasione alla Harrison Ford ne “Il fuggitivo”), l’uomo decide di tornare a vivere nella sua bella magione, intrecciando sporadici rapporti con pochi esseri umani. A Lorenzo piace osservare le persone, cerca di capire tanto di loro, ma non è in grado di esternare le sue emozioni.
Una serie di coincidenze fortuite lo porta ad interagire con Fabio e Michela, i suoi nuovi vicini di casa, genitori di due figli decisamente irruenti e (leggermente) maleducati …
Lo dico subito: è davvero doloroso, in questa recensione, parlare male de “La tenerezza”, ma da un regista del calibro di Gianni Amelio, che ci ha regalato gioellini come “Il ladro di bambini”, “Porte aperte” (con uno straordinario Gian Maria Volonté) e “Lamerica” era lecito aspettarsi un po’, per non dire molto, di più.
Il film ha una serie di difetti assolutamente imperdonabili, che saltano immediatamente all’occhio: la sceneggiatura, in primis, è priva di ogni qualsivoglia tipo di pathos narrativo. Non si riesce mai a provare empatia nei confronti dei protagonisti della vicenda. E’ costruita (dallo stesso Amelio e Alberto Taraglio) su sequenze fini a se stesse. Non c’è sequenzialità. Si ha l’idea di una serie di riempitivi per portare il film alla lunghezza minima necessaria.
Lorenzo e Fabio camminano. Tanto. Troppo. Che cosa stanno provando? Non è dato saperlo.
I dialoghi sono quanto di più limitativo ed irritante si possa immaginare: soggetto, predicato e complemento. Stop.
È pur vero che i personaggi principali della vicenda sono tutti disadattati, infelici, insoddisfatti, ma allo spettatore non arriva nulla, se non una successione infinita di attimi di freddezza.
Alcuni personaggi compaiono e scompaiono senza motivo: che fine fa Aurora, la mamma di Fabio, ad esempio?
Quale significato attribuire alla sequenza conclusiva (che, ovviamente, non rivelerò)? Possibile che i 103 minuti di proiezione avessero come unico scopo quel (ridicolo) finale?
Amelio, in una recente intervista, ha rivelato che il suo sogno era quello di ambientare un suo film a Napoli, una città che ama moltissimo. Scegliere le zone meno curate e in completo restauro (vedasi la sequenza ambientata nella Galleria Umberto I, sinceramente un po’ forzata tra le altre cose) non ha reso giustizia ad una delle città più belle del mondo.
Anche l’occhio meno esperto non avrà difficoltà a notare evidenti errori di montaggio.
E’ mia ferma opinione che il realizzare un’opera cinematografica non sia necessariamente un fatto obbligatorio. Se le idee mancano, è preferibile un dignitoso silenzio, soprattutto tenendo conto del passato importante del cineasta.
Altrettanto doloroso è, infine, constatare la deludente performance di un cast di tale caratura: Elio Germano, Micaela Ramazzotti, Giovanna Mezzogiorno e Greta Scacchi appaiono in difficoltà, danneggiati da dialoghi al limite del ridicolo e da una scarsa caratterizzazione dei personaggi che gli sono stati affidati.
Un applauso a Maria Nazionale che affronta, invece, in maniera spigliata e realistica il suo compito, regalando alla sua Rossana la giusta dose di veracità. Vincente l’intonazione, convincente la postura.
“La Tenerezza” è però, a tutti gli effetti, un film con Renato Carpentieri: l’attore recita con il corpo, la voce e gli occhi. I segni del tempo sul suo viso aggiungono espressività ad un solido professionista, troppo spesso sottovalutato.
Aspettiamo Gianni Amelio con un ritorno in grande stile dopo questa pellicola che speriamo sia un caso unico nella sua bella carriera.
Termino con una domanda: perché dare così tanto spazio, sulla locandina, alle figure di contorno di Germano, Mezzogiorno e Ramazzotti, quando il protagonista della vicenda è, al contrario, Lorenzo?
Meditate gente, meditate …