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Isis

Rinascere
CulturaIn primo piano

Rinascere dalla distruzione: Ebla, Nimrud, Palmira

scritto da L'Interessante

Rinascere

Rinascere

Di Maria Rosaria Corsino

Vedere l’arte crollare a pezzi sotto la furia iconoclasta che negli ultimi anni ha colpito il Medio Oriente, è un colpo al cuore.

Neanche lei si è salvata dal conflitto siriano che da anni violenta una terra che storicamente e artisticamente è stata culla di immense civiltà.

Neanche l’archivio dello  Stato reale di Ebla, custode delle origini della scrittura dell’umanità, ce l’ha fatta.

Ma l’associazione “Incontro di civiltà” non si è arresa e ha ricostruito e riportato alla luce, grazie ad avanzate risorse tecno-scientifiche, quelli che erano considerati patrimoni dell’umanità.

Fino all’11 Dicembre, il Colosseo ospiterà la “resurrezione” di questi capolavori tra i quali metà del soffitto del Tempio di Palmira, il Toro di Nimrud e lo stesso archivio di Ebla

L’esposizione è stata ideata e curata da Francesco Rutelli e Paolo Matthiae, che hanno guidato nel 1964 la spedizione italiana che ha riportato alla luce i tesori di Ebla.

E’ finanziariamente sostenuta dalla Fondazione Terza Pilastro il cui presidente ha commentato:”Il nostro obiettivo finale è ricostruire i monumenti nel luogo in cui sono stati abbattuti.”

”La situazione in Siria adesso è drammatica – ha detto Matthiae – ma questa mostra è il primo segnale da parte di un paese occidentale che ciò che l’Isis ha distrutto può essere ricostruito”

Un compito che potrà essere perseguito, ha proseguito l’archeologo, solo in caso che finisca la guerra e sia garantito il massimo livello di sicurezza. A patto comunque che ogni intervento di recupero del patrimonio sia compiuto nel rispetto della sovranità dei singoli paesi, in modo coordinato e con una collaborazione ”possibilmente universale”.

Rinascere dalla distruzione: Ebla, Nimrud, Palmira was last modified: ottobre 18th, 2016 by L'Interessante
18 ottobre 2016 0 commenti
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Zia Titina e L'Isis Peppe Lanzetta
CulturaIn primo pianoLibri

Zia Titina e L’Isis: Peppe Lanzetta per Tullio Pironti Editore

scritto da L'Interessante

Peppe Lanzetta

Di Roberta Magliocca

Da Napoli in Francia, passando per Vietri sul Mare e la Siria, da Zia Titina a Varoufakis, con Giggino e la Merkel. Un libro che non è un libro, una storia che non è una storia.

“Zia Titina e L’Isis” di Peppe Lanzetta – edito dalla Tullio Pironti Editore – è un sorso d’acqua, che verso le ultime pagine diventa veleno per coscienze aride. 

Giggino l’elettrauto è scuro di carnagione e con la barba nera. Un giorno è lì che fa la spesa quando viene scambiato per un terrorista. Ritenuto potenzialmente pericoloso, viene trascinato in questura: <<Risultava una somiglianza bestiale con un Foreign Fighter che si chiamava Abdul Abdal Abdel Abdol Luigi, nato ad Aleppo e residente a Caivano, in via delle Rose […]>>.

Questo si legge nella seconda di copertina. Da questa breve introduzione e per chi conosce la penna di Peppe Lanzetta, è facile intuire l’ironia di quanto si sta per raccontare, il pizzico di sarcasmo che rende tutto un po’ più irriverente e satirico. Perchè non si può definire comico questo libro. E’, piuttosto, drammaticamente brillante, storicamente vero e purtroppo senza alcuna vena di esagerazione tipica di chi vuole raccontare la realtà facendo sorridere.

E si sorride leggendo queste pagine, a volte si ride davvero. Ma la risata lascia quel retrogusto amaro di verità e tristezza. Quello che si legge, oltre alla storia dello sfortunato Giggino, è la paura post attentati. Charlie Hebdo prima, il Bataclan poi hanno innescato questa bomba chiamata odio in primis, paura subito dopo, diffidenza sempre. Traducendo tutto il mondo in un contesto napoletano euforico e senza filtri, Lanzetta ci serve su un piatto d’argento la nostra incapacità di fidarci, di aprirci e di conoscere. Ci siamo chiusi nella paura e nel luogo comune, dei clichè ne abbiamo fatto posti sicuri dove vivere. E diciamolo, il terrore generale lo si è usato spesso come scusa per giustificare razzismo ed odio, per una lotta tra poveri, per portare voti ad un partito.

Ma nessun dito puntato, nessun giudizio. C’è solo una tenace zia Titina che proprio non ci sta a vedere il proprio nipote in prigione. Ma nelle ultime pagine del libro c’è una guerra nel mondo che non fa ridere. C’è un Natale che commuove. C’è una scelta di vita. 

Zia Titina e L’Isis: Peppe Lanzetta per Tullio Pironti Editore was last modified: settembre 28th, 2016 by L'Interessante
28 settembre 2016 0 commenti
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Se questo è un uomo
AttualitàIn primo pianoParliamone

Se questo è un uomo, anzi, un’umanità

scritto da L'Interessante

Se questa è un’umanità

Se l’Apocalisse potesse raccontare l’inizio del suo libro, guarderebbe il film di questa sciagura? Se solo Dio potesse “stancarsi della pace”, punirebbe questo supplizio?

Probabilmente “Allah”, così come ci viene rappresentato e raccontato dalle sacre scritture, risponderebbe di no, continuerebbe a predicare l’”amore per il prossimo”, farebbe crocifiggere nuovamente il proprio messia pur di espiare i peccati degli uomini, quegli stessi uomini che, al contrario, provocherebbero eternamente le leggi della natura, rifletterebbero la ferita più profonda del paradiso e condurrebbero la loro vita a mille senza aver paura di far scattare l’ultimo secondo della “personale bomba atomica”, la stessa con la quale un Kamikaze oggi crea, con il suo suicidio e con l’omicidio di tante altre vittime innocenti, quell’”inferno terrestre” chiamato Terrorismo. Perciò, se la risposta a queste domande è tanto difficile da dare quanto necessariamente importante da scoprire, la “virgola” che continua a permettere la scrittura di questa storia così difficile da affrontare è impossibile da cancellare: se il “giusto” è un concetto conforme ad un diritto naturale e positivo, allora questo mondo corrotto di oggi è soltanto lo specchio di ciò che l’uomo è stato capace di creare nel corso della sua storia, nel corso del suo percorso dal momento in cui ha posto, da una parte, tutti i suoi errori e le sue barbarie come funzione primaria, e dall’altra gli infiniti tribunali che hanno giudicato in maniera “divina” questa <<umanità sbagliata nata nel terrore della morte>>, spinta allo sfinimento dalle sue ultime lacrime di terrore.

L’ISIS pertanto sta iniziando a scrivere, sulla scia dei comandamenti antichi, le proprie “Leggi delle XII Tavole” del 21° secolo, senza tuttavia ripercorrere la medesima lealtà e determinazione con le quali furono originariamente redatte: le loro leggi non hanno nulla a che vedere con la giustizia, non possono coesistere con i significati di “società libera” e “dignità umana” ma vanno ben oltre le più oscure motivazioni; fondano sulla paura il loro vero moto di rivoluzione, abbandonando qualsiasi credo e ritirando dal mercato ogni fonte di avvicinamento al “Dio Cristiano”: solo agli occhi del loro vero Dio, Allah, si può ritrovare la salvezza e in suo nome si deve riscoprire l’essenza pura della vita; reclamano la “vittoria della fede”, quella fede tanto sconsacrata che arriva a reclutare fedeli sulla basi di orrori e omicidi di massa, continua a proclamare giustizia negli occhi insanguinati di chi muore innocente, termina la sua missione uccidendo la società e soffocando la decisione di chi non ha scelto di avere come “colpa” quella di pregare un Dio “infedele”. Ci troviamo di fronte a una guerra da affrontare come tale e senza mezzi termini? Mario Calabresi ricordava le motivazioni per cui questi “spiriti eletti” giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere quelle anime votate ad una nobile utopia, senza riuscire a capire perché i veri “figli del popolo” erano i bersagli della loro stupida follia; Papa Francesco, ancora, spiegava che questa forma di violenza e sopraffazione non poteva avere come ascia di guerra la parola di Dio, non poteva affondare i suoi colpi con la spada della religione, non poteva difendersi usando lo scudo del sacro perché non rappresentavano un pretesto per le azioni contrarie alla dignità umana e ai sui diritti fondamentali, quei stessi diritti che hanno sempre portato a pensare che <<quando un uomo prega, non spara>>; John Kerry si domandava invece sul perché una generazione così avanzata fosse ritornata ad assaporare lo stesso sangue versato in passato, testimoniando un “fascismo medievale e moderno” allo stesso tempo, una terza guerra mondiale contro un fantasma che non ha più rispetto per la vita, non vuole creare altro che disordine e caos, non vuole cibarsi di nulla se non della paura. Come un circolo vizioso, la minaccia terroristica si trasforma in ispirazione per un nuovo terrorismo, disseminando sulla propria strada quantità sempre maggiori di terrore e masse sempre più vaste di gente terrorizzata: i terroristi di oggi non sono persone libere, non si propongono alcun futuro e non hanno alcun passato sociale e politico da ricordare ma vivono soltanto un presente trasformato in carneficina di corpi, una strage che <<non ha come scopo riempire i cimiteri o buttare giù i nostri grattacieli ma distruggere la nostra anima, le nostre idee, i nostri sentimenti, i nostri sogni>>.

La Francia è stato il paese europeo più colpito dagli attentati fino a questo momento: dal gennaio 2015 in poi nel paese transalpino sono state uccise circa 230 persone e altre centinaia sono rimaste ferite in razzie compiute dallo stesso gruppo e con le stesse modalità o dai cosiddetti “Lone Wolf”, i “lupi solitari” che agiscono da soli e ispirati da materiale di propaganda trovato online. Nella notte tra giovedì e venerdì, così, il presidente francese François Hollande ha annunciato l’estensione di altri tre mesi dello stato di emergenza, che permette alle forze di polizia di avere ulteriori poteri per condurre le indagini e arrestare i sospetti di questo assurdo eccidio: una nuova “guerra santa” sembra essere alle porte, una nuova battaglia appare vicina, una nuova vittoria deve essere portata a casa, non attraverso l’uccisione dei terroristi stessi ma eliminando le ragioni che li rendono tali. Le vicende che hanno raccontato la storia quasi romanzata di una tragedia dai molti annunciata si vanno susseguendosi su una catena di morte senza ancora una fine: tra il 7 e il 9 gennaio del 2015, infatti, l’ISIS fece scoprire per la prima volta all’occidente intero la vera brutalità con la quale i suoi “sudditi” erano capaci di colpire e affondare la corazzata francese: lo scudo della penna non riuscì a difendersi dagli spari incontrollati delle pistole dei due fratelli Saïd e Chérif Kouachi, facendo morire così la libertà di espressione della redazione di Charlie Hebdo, travolta dall’emblema oramai insanguinato e sconfitto della “Libertè, Egalitè, Fraternitè”. Il 13 novembre del 2015 toccò, invece, al teatro Bataclan narrare uno degli attentati terroristici più gravi nella storia francese: quel giorno furono uccise 130 persone, diventate speciali per una notte per essere state capaci di affrontare la morte e volare in cielo dallo stesso Dio che gli attentatori tanto invocavano, un “Allahu Akbar” diventato slogan di tragedie e drammi troppo ingiusti. Ultimo, ma non di minore importanza, l’attentato recente del 14 luglio 2016 a Nizza che ha visto, questa volta, un camion essere il protagonista indiscusso della scena macabra realizzata durante l’anniversario della Presa della Bastiglia: nell’attacco sono state uccise 84 persone da uno zig-zag mortale che ha “investito la vita” e ha condannato per l’ennesima volta l’umanità ad un bilancio complessivo spaventoso, la rivendicazione devastante di un “diavolo nelle vesti di un finto angelo”. Se la Francia, così, viene torturata da un boia che le estirpa via un pezzo alla volta della sua esistenza sociale e culturale, dall’altra la Turchia si affaccia ad una visione addirittura peggiore, un presente che raffigura l’altra faccia della medaglia ma con un medesimo destino: il 12 gennaio del 2016 un esplosione nella piazza Sultanahmet, vicino alla Moschea Blu e a Santa Sofia, ha ucciso 13 persone e ha determinato l’inizio di una trasformazione radicale all’interno della nazione, vista non più come invulnerabile agli attacchi esterni ma soggetta alle usurpazioni islamiche con scopo chiaramente distruttivo; pochi mesi più tardi, il 28 giugno del 2016, un’altra esplosione all’interno dell’aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul ha sancito l’uccisione di 41 persone: quello che non doveva rappresentare un pericolo, si è trasformato lentamente nell’incubo peggiore di uno stato che ha visto divorare pian piano la paura negli occhi di coloro che hanno accolto i “foreign fighters” inconsapevoli di così tanta crudeltà, così tanta malvagità manifestata nel nero della loro bandiera e messa in risalto nel bianco della scritta “Non c’è altro Dio al di fuori di Dio”.

Dopo Nizza è ripartito pertanto il macabro rito del “toto-attentati”: dove, come e quando colpiranno i jihadisti legati all’Isis? Gli 007 europei sono in allarme e gli occhi sono ora puntati ancora una volta sul Belgio, che oggi, 21 luglio, festeggerà la sua festa nazionale: <<è probabile che i prossimi attacchi assumano sempre più una modalità ibrida composta da un gruppo di fuoco, attentatori suicidi e auto-bomba>>, afferma il capo sezione della polizia belga di Bruxelles, in procinto di prepararsi ad una nuova guerriglia armata per difendere la dignità di una nazione che, insieme al resto dell’Europa, non vuole chinarsi di fronte al “potere docile di un cane rabbioso”.
Tuttavia la domanda che più inneggia alla speranza di una realtà più forte in grado di sconfiggere la crescente debolezza dell’occidente è quella che ha una base ancora da costruire, delle mura già bombardate ma una fortezza tutta da migliorare: l’ISIS si può davvero sconfiggere? Lo Stato Islamico, infatti, sta mostrando due identità diverse di una stessa faccia: da una parte l’armata mussulmana ottiene vittorie su vittorie attraverso un arricchimento economico dovuto alle conquiste di città colme del cosiddetto “oro nero” e un feroce bombardamento dell’Europa infedele; dall’altra, cercando di dividere l’Occidente dai paesi musulmani, la stessa potrebbe aver provocato l’effetto contrario: compattare il mondo contro una comune minaccia, l’ISIS, un errore, questo, che gli potrà essere fatale. Davanti lo sdegno mondiale nei confronti dei recenti attentati terroristici gli Stati Uniti e gli alleati hanno ora finalmente la possibilità di costituire una forza unificata contro l’ISIS e contro altri gruppi estremisti: per sconfiggerlo sarebbe necessario un piano condiviso, un progetto ben definito sulla fiducia e sulla sicurezza che potrebbe essere ispirato da una nuova azione coordinata, una struttura di comando comune che unisca le risorse di Stati Uniti, Turchia,  Francia e di tutti gli altri stati colpiti dal terrorismo ISIS: se la speranza è l’ultima a morire, allora sarebbe compito universale renderla immortale.

Così i luoghi dei massacri si moltiplicano, si agganciano ad una spirale che non vede un termine ultimo: si fa fatica a ricordarli tutti e alla fine resta solo il dolore per le vittime e per i loro cari, civili innocenti e inermi che si aggiungono ai milioni di esseri umani vittime della violenza, vittime delle guerre del nostro tempo. Le vite spezzate di tutti loro ci impongono di riflettere, ci chiedono di agire per uscire dal vortice del terrorismo e di insistere a sperare che <<esista una umanità che non invoca la vendetta per ogni offesa, una umanità che accanto a tutte le vittime scopra come unica sensata prospettiva la pace>>: se questa è una utopia, allora in essa risiede la sola realistica, ragionevole speranza di un futuro umano migliore, la stessa speranza nel sapere che nulla viene dimenticato, tutto diviene storia da insegnare e “ciò che è morto, non muoia mai”.

Michele Calamaio

Se questo è un uomo, anzi, un’umanità was last modified: luglio 21st, 2016 by L'Interessante
21 luglio 2016 0 commenti
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orlando
AttualitàCulturaIn primo pianoLibri

Orlando: da Virginia Woolf ad oggi

scritto da L'Interessante

Scritto da Virginia Woolf nel 1928, l’Orlando è mai come ora un’opera più che attuale.

Il testo, che narra delle avventure del cortigiano Orlando, si articola in tre secoli e analizza lucidamente il rapporto di genere nella società inglese.

Orlando, prima cortigiano alla corte di Elisabetta I poi uomo innamorato della figlia dell’ambasciatore russo si sveglia, dopo un sonno durato una settimana, nel corpo di una donna.

L’elemento pricinipale è dunque l’androginia del protagonista. Mai romanzo fu più indiciato in un momento come questo dove in tutto il mondo, ma soprattutto in Italia si combatte per l’uguaglianza: innumerevoli sono le manifestazioni a cui partecipano persone che non chiedono altro che il diritto di sentirsi e di essere trattati come tutti gli altri.

In un’Italia che sembrava aver fatto un passo avanti approvando le unioni civili, migliaia sono le voci che vogliono farsi sentire.
Considerata una delle più belle lettere d’amore mai scritte, “Orlando” mette in mostra un sentimento d’amore profondo tra Vita Sackville-West, a cui l’opera è dedicata, e Virginia Woolf la quale sosteneva che in fondo in ognuno di noi convive una parte femminile e una maschile, l’importante è non aver paura di esplorarle.

Maria Rosaria Corsino

Orlando: da Virginia Woolf ad oggi was last modified: luglio 1st, 2016 by L'Interessante
1 luglio 2016 0 commenti
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Pulse
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Pulse, Orlando: ecco perchè gli omosessuali non dovrebbero aspirare al matrimonio

scritto da Roberta Magliocca

Pulse

Orlando. Come Charlie Hebdo fummo, oggi Orlando siamo. Come bandiere francesi e belghe abbiamo esposto nelle nostre case virtuali fino a qualche mese fa, oggi i colori americani diventano i nostri. Esprimiamo vicinanza in questo modo, esorciziamo quella paura che a nessuno ha mai evitato quell’assordante silenzioso pensiero “Domani potrebbe toccare a me”.

Non chiamatela follia

Già, perchè domani davvero potrebbe capitare a noi. Dopo le lacrime iniziali, subito è partita la difesa del mondo islamico. Al grido di “L’Islam non c’entra niente, l’Isis è solo un gruppo di folli” si cerca di non fomentare l’odio e di evitare danni ben più gravi di qualunque attentato. E ben si fa, certo. Ma anche nel tenere calmi gli animi non dobbiamo rischiare di ottenere l’effetto contrario, ossia abbassare la guardia e sottovalutare il pericolo.

Perchè se è vero che l’Islam, nella sua origine e nella sua evoluzione, non contempla omicidi di massa, è anche vero che – per interessi economici e di potere – c’è chi se ne sta servendo con lucidità e maestria, dimostrando al mondo intero che non ha limiti, nè confini di sorta, nè muro che lo possa fermare.

Quindi non chiamiamola follia, perchè se tale fosse stata non sarebbe andata così lontano, non conteremmo i morti che oggi contiamo. Nessuna follia. Lucidità spietata, crudele intelligenza, orribile teatrino dove chi muove i fili non ha nessuna intenzione di fermarsi qui.

Se abbiamo paura, facciamo bene ad averne. Non sentitevi in difetto rispetto ai tanti – troppi – che si dicono sicuri perchè convinti di pazzia per gli spietati aguzzini.

La vita non si deve fermare di fronte le tragedie, ma la paura è giusta. Perchè il nemico c’è. E non è folle, per niente folle.

Pulse, simbolo omosessuale da abbattere

La tragedia del Pulse, di certo, ha trascinato con se anche eterosessuali. Questo perchè, nel 2016, si sta tentando sempre di più di abbattere muri ed etichette e quelli che prima erano bar notturni destinati solo agli omosessuali, lontani dalle persone “normali”, oggi diventano locali frequentati indipendentemente dall’ orientamento sessuale.

Ma il Pulse, comunque, era un simbolo. Il simbolo di un’omosessualità da sradicare da quel mondo perfetto che l’Isis – nella sua tremenda visione del mondo – vuole costruire, distruggendo tutto il resto.

Omicidio culturale, dunque. Allora perchè? Perchè gli omosessuali scendono ancora in piazza per il riconoscimento di un’identità culturale che altro non è se non la barbarie del mondo?

Scrivo da giornalista che – da quando ha ragione – ha sempre combattutto per i diritti degli omosessuali, sempre in piazza accanto a loro affinchè si equiparasse la loro condizione alla nostra. Dopo il Pulse non lo farò più.

Perchè se la tragedia di Orlando è l’estremismo della violenza, ogni giorno ci sono violenze più sorde e senza sangue, che pure sono violenze. La discriminazione, il sentirsi eletti e superiori solo perchè etero, l’uccidere la propria moglie – un delitto ogni due giorni – solo perchè vorrebbe chiudere la porta dietro di sè.

É davvero questo che volete? Il riconoscimento di un’istituzione violenta, retrograda, cristiana anche quando civile, che definisce i ruoli ben distintamente tra cucina e accudimento dei figli e uffici e gestione delle finanze casalinghe. É proprio questo il modello a cui aspirate, è questo il coronamento del vostro amore?

Dopo il Pulse, sarò disposta a scendere in piazza solo accanto a quegli eterosessuali che combatteranno per l’abolizone del matrimonio. Dopo il pulse combatterò insieme a quelle persone – etero e omosessuali – che scenderanno in piazza per la libertà. Libertà da ogni religione, ogni vincolo contrattuale.

L’amore non ha bisogno di fedi, nè di firme, nè di pistole.

Roberta Magliocca

Pulse, Orlando: ecco perchè gli omosessuali non dovrebbero aspirare al matrimonio was last modified: giugno 14th, 2016 by Roberta Magliocca
14 giugno 2016 0 commenti
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Bruxelles
AttualitàIn primo pianoParliamone

Bruxelles il giorno dopo. Uno strano caso di insicurezza nazionale

scritto da L'Interessante

“Possiamo sconfiggere il terrorismo, e lo sconfiggeremo. Dobbiamo restare uniti! Il mondo, per sconfiggere il terrorismo, deve restare unito. Senza guardare alla nazionalità, alla razza o alla fede religiosa. Ed è proprio di fronte a questi ignobili attacchi, che il popolo americano farà di tutto per aiutare i nostri amici belgi”. Obama, a Cuba,  sugli attentati di Bruxelles. Il presidente americano da L’Avana ha chiamato il premier belga Charles Michel ponendogli le condoglianze del popolo americano dopo gli attentati nella capitale belga e per offrire tutta l’assistenza necessaria per quel che riguarda le indagini e per portare i responsabili davanti alla giustizia. (ANSA)

Parole rassicuranti, parole calde, quelle del quarantaquattresimo presidente. Atterrato poche  ore fa a l’Avana, non appena saputo di ciò che è accaduto a Bruxelles, decide di mostrare la sua solidarietà, nonostante sia in visita di un paese dove i rapporti non sono stati dei migliori.

D’altronde chi, meglio di Obama, riesce a infondere sicurezza e calore tramite una conferenza stampa. Non è di certo la prima volta che un presidente debba rassicurare la popolazione, americana e non, per via di fatti accaduti in circostanze similari.

Facciamo un salto indietro nel tempo.

Ritorniamo all’ 11/09/2001. Chiunque di noi ricorderà quel tragico momento in cui l’America, e non solo, piangeva lacrime per un attacco subito che causò migliaia e migliaia di vittime.

Da quel momento gli Stati Uniti hanno preso provvedimenti su larga scala in fatto di sicurezza, all’interno del territorio, dei confini e spazi aerei, anche dove la loro giurisdizione non arriva(va). Questi, hanno “influenzato” l’intero pianeta a macchia d’olio.

Il Patriot Act è il primo prodotto che prende di mira il terrorismo con l’obbiettivo di salvaguardare la sicurezza nazionale. È una composizione di leggi federali che permette alle agenzie governative, C.I.A., F.B.I.,  N.S.A., di intaccare la privacy di qualsiasi cittadino al fine di prevenire attacchi terroristici. Teniamo a far presente alcune quali: intercettazioni telefoniche, Accesso a informazioni personali, prelevamento impronte digitali.

La ripercussione che questo ha avuto in Europa è stata adottata da ogni paese a modo suo; ossia:

la Francia si è sempre allontanata, quasi retoricamente, dal Patriot Act, e successivamente agli ultimi attentati a Parigi, Hollande come primo rimedio annuncia l’immediata chiusura di qualsiasi sito on-line sospettato di fomentare il terrorismo;

la Germania decide di rafforzare i rapporti tra polizia e intelligence, al fine di sostenere una domanda di cooperazione;

il Regno Unito isola i sospetti terroristi e ne confisca beni e passaporti.

Bruxelles: problemi di sicurezza?

E il Belgio ? Il Belgio fino ad’ora non ha, forse, nemmeno rispettato i canoni standard delle misure antiterrorismo, ossia quelle del T.F.U.E. (trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). La legge belga secondo cui non si può arrestare e perquisire nessun individuo in una fascia oraria compresa tra le 23:00 e le 05:00, sta quasi a permettere, durante quelle ore, l’anarchia.

Gli Stati Uniti per la salvaguardia della sicurezza nazionale sono disposti a intaccare la privacy del cittadino.

La Francia addirittura sopprime la libertà di pensiero e di parola con la chiusura preventiva di siti che fomentano il terrorismo.

Germania incrementa, a modo suo, i rapporti tra intelligence e polizia.

Il Regno Unito reclude chiunque provi a pensare di attuare il terrorismo.

Intanto il governo belga piange le sue vittime per le sue leggi.

Antonio Mastropaolo

Bruxelles il giorno dopo. Uno strano caso di insicurezza nazionale was last modified: marzo 23rd, 2016 by L'Interessante
23 marzo 2016 0 commenti
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Bruxelles-Attentati-22-03-2016-07
AttualitàIn primo pianoParliamone

Bruxelles, prima di andare a dormire

scritto da L'Interessante

Bruxelles, 22 marzo 2016. L’Europa (ancora più) ferita.

Bruxelles

E’ mattino, sono circa le 9, quando la prima bomba esplode. Gli uomini e le donne in fila al gate dell’American Airlines fuggono terrorizzati in tutte le direzioni. E’ lì il centro dell’esplosione, è lì che l’attentatore si è fatto saltare in aria. O gli attentatori, pare fossero in tre, e che uno sia addirittura fuggito: ma in casi come questo, la verità viene sempre a galla a giorni di distanza.

Passano 30-40 minuti, e ad esplodere è un vagone della metropolitana. Fermata della metropolitana di Maelbeek, che chi scrive conosce molto bene.  Un uomo si fa saltare in aria. Insieme ad altre vite che ignare stavano andando a lavorare, a fare compere, a vivere la loro vita.

In totale, 34 morti e oltre 200 feriti. Ma il bilancio è provvisorio, e sicuramente destinato a salire. Questo è accaduto oggi. Questo è successo un martedì come tanti, quando il primo sole di primavera invoglia la gente ad uscire, a vivere con il sorriso sulle labbra le giornate che piano piano si fanno più lunghe. Questo è accaduto oggi, a poche ore di distanza dalla cattura di Salah Abdeslam, la “primula rossa” degli attentati di Parigi. E non è un caso: la rivendicazione dell’Isis, giunta puntuale a pochi minuti dalle detonazioni, parla chiaro: “avete catturato Abdeslam, noi vi colpiamo subito”.

Bruxelles non doveva essere l’obiettivo. Non il Belgio. Ma dopo la cattura di uno dei loro uomini-chiave, l’Isis ha colpito proprio lì, proprio in casa, proprio a pochi passi dai quartieri-ghetto dove i terroristi sono nati, dove sono cresciuti, dove hanno imparato ad odiare.

Odiare, sì. C’è chi rifiuta la definizione di “terrorista”, c’è chi non vuole sentire parlare di “combattenti islamici”: c’è chi li chiama semplicemente traditori. Già, traditori. Perché voltano le spalle al Paese in cui sono nati e cresciuti, perché tradiscono chi li ha accolti, chi li ha inseriti in una società che ha fatto dell’apertura verso le altre culture un punto di forza. Traditori, appunto. Nessuna altra definizione rende meglio l’idea.

Dopo Parigi, dopo la rappresaglia contro Charlie Hebdo, dopo le bombe allo stadio e nei ristoranti, l’Isis torna a colpire. E questa volta lo fa nel cuore pulsante d’Europa, a 500 metri dal Parlamento Europeo, dove gli eurodeputati si riuniscono giornalmente per decidere -anche- sulle questioni internazionali, dei migranti, di immigrazione controllata. Un atto dimostrativo, oltre che atto devastante: suona un po’ come “se riusciamo ad organizzarlo in 36 ore e farlo proprio qui, possiamo farlo ovunque”.

Ovunque. Perché la militarizzazione della città -come si è visto- non serve. non contro questo nemico. Contro i traditori non serve usare la forza bruta, pattugliare le strade, occupare militarmente le città: contro i traditori serve l’astuzia. Vanno potenziate le operazioni di intelligence, gli spionaggi, gli infiltrati: solo così si può davvero cercare di vincere questa lotta.

Ma ora, a poche ore di distanza dalle bombe, è difficile fare analisi imparziali: ora è difficile non farsi prendere dal nervosismo, dalla foga, dal “bombardiamoli tutti”. E’ difficile. Molto difficile. Ma questo è proprio quello che l’Isis vuole. La sua guerra, se agiamo così, l’ha già vinta. Se chiudiamo le frontiere, se ci isoliamo dal resto del mondo, se istituiamo una sorta di surrogato del “patriot act” americano a livello europeo, come chiedono a gran voce le destre di tutti i Paesi, in quel caso la guerra l’abbiamo già persa.

Perché Isis, come tutti i gruppi terroristici, sa benissimo quello che fa. E, come tutti i gruppi terroristici, obiettivo è terrorizzare. Fare paura, insinuare nella gente il timore di uscire per strada, di vivere serenamente; e, parallelamente, quello che cerca di fare è iniettare odio e intolleranza in tutti noi. E, purtroppo, ci riesce.

E’ questo il difficile. Resistere a questa spirale di odio, non farsi risucchiare dal mulinello della violenza, mantenersi lucidi anche se si viene colpiti: non cadere nel tranello, che significherebbe soltanto far vincere il Terrore.

Chi scrive, sa che sarà molto difficile riuscirci. Già dopo Parigi, le cose erano cambiate. E ora, dopo Bruxelles, sarà quasi impossibile affrontare le questioni estere con la necessaria imparzialità: soprattutto, da oggi sarà ancor più difficile non cedere ai richiami di chi non aspetta altro che eventi come questi per catturare l’attenzione mediatica e cercare consensi. Molto difficile. Eppure, è necessario. Perché violenza chiama violenza, sempre. Ci sono altri modi, esiste sempre un’altra soluzione: anche questa volta.

Sta alla politica -agli uomini di politica, non agli sciacalli mediatici- trovarla.

Fabrizio Gentile

Bruxelles, prima di andare a dormire was last modified: marzo 22nd, 2016 by L'Interessante
22 marzo 2016 0 commenti
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