Veronesi
di Antonio Andolfi
ll più grande oncologo italiano, uno dei migliori del mondo, è morto a 90 anni. Era stato ministro della Sanità ed è stato uno dei principali fautori delle leggi contro il fumo.
Umberto Veronesi è morto a Milano martedì 8 novembre all’età di 90 anni. Era nato a Milano il 25 novembre 1925 (avrebbe compiuto 91 anni tra meno di un mese) ed era uno dei più noti oncologi del mondo.
Dopo aver diretto l’Istituto dei Tumori di Milano nel 1991, sempre a Milano, aveva fondato l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), un modello di ospedale oncologico innovativo che si basa su 3 principi: centralità del paziente, integrazione fra la ricerca di laboratorio e ricerca clinica, prevenzione. Ministro della Salute tra il 2000 e il 2001 nel governo Amato (allora si chiamava ancora Ministero della Sanità), si era battuto per far approvare le norme che limitano il fumo nei locali pubblici.
Veronesi e la scienza
Se la figura di Umberto Veronesi è molto nota e stimata in Italia è anche per il ruolo che ha avuto nella vita pubblica: come divulgatore infaticabile; come protagonista del dibattito etico sui temi della medicina, dell’eutanasia, della cura dei malati; come medico e imprenditore della sanità. Ma il suo ruolo scientifico è altrettanto importante e noto soprattutto al di fuori dei confini nazionali. Perché prima di tutto Umberto Veronesi era un chirurgo. Un grandissimo chirurgo. È a lui che dobbiamo la tecnica della quadrantectomia per estirpare il tumore alla mammella. Si tratta di un intervento che ha un impatto estetico (e pertanto anche psicologico) molto meno invasivo ma altrettanto efficace della mastectomia, ovvero l’asportazione chirurgica del seno.
Nel 1981 pubblica i dati della sua ricerca sulla quadrantectomia sul New England Journal of Medicine, uno studio condotto dai medici e chirurghi italiani dell’Istituto dei Tumori di Milano. Il New York Times riprende la notizia in prima pagina e la notorietà di Veronesi, fino ad allora relegata al pubblico degli addetti ai lavori, decolla. E decolla anche la sua tecnica, rivoluzionaria, che cambia per sempre la chirurgia del tumore alla mammella.
È questo il periodo in cui l’Italia, Milano, l’Istituto dei Tumori fa scuola a tutti i medici del mondo, statunitensi compresi. Merito di un oncologo, Gianni Bonadonna, di un grande chirurgo, Umberto Veronesi, e della sua idea rivoluzionaria: il cancro non si combatte da soli, ma in gruppo. E si vince con la ricerca.
Nel 1993, all’IEO, la sua creatura nel quale anche a 90 anni si recava per 3 giorni alla settimana, sviluppa la tecnica del “linfonodo sentinella”. Come funziona questa tecnica? Veronesi e gli altri ricercatori dello IEO si resero conto dell’importanza di intercettare tempestivamente i carcinomi piccoli perché in questi casi le cellule cancerose non facevano in tempo a raggiungere i linfonodi dell’ascella, per cui non era necessario asportarli. Mentre il paziente è ancora in sala operatoria, si inietta un liquido radioattivo che individua il linfonodo sentinella, quello più vicino al tumore, lo si analizza e se è sano si evita di togliere tutti gli altri, che sono una barriera protettiva naturale del nostro sistema immunitario.
Nel 2000 Veronesi rivoluziona la radioterapia con la cosiddetta radioterapia intraoperatoria, resa possibile quando un gruppo di ingegneri e fisici romani riesce ad assemblare un macchinario per la radioterapia così piccolo e mobile da poterlo portare in sala operatoria. Grazie a questa tecnica le pazienti non devono tornare in ospedale ogni giorno per 6 settimane circa dopo l’operazione per le consuete (e fondamentali) sedute di radioterapia. Ma l’efficacia della tecnica, naturalmente, non è limitata soltanto al confort delle pazienti: la radioterapia intraoperatoria riduce il campo dell’irradiazione del seno e limita al minimo l’irradiazione nelle zone vicine che potrebbero essere danneggiate senza ricevere benefici.
Proprio per queste innovazioni ha ricevuto tredici lauree honoris causa, nazionali e internazionali.
Veronesi. L’importanza della sua figura
Difensore dei diritti degli animali, vegetariano e molto attento al ruolo dell’alimentazione nella prevenzione dei tumori e nella tutela della salute, sostenitore del testamento biologico, dell’eutanasia e dei diritti del malato, della fecondazione eterologa, nel 2003 ha anche creato la fondazione Veronesi per sostenere la ricerca e la divulgazione scientifica.
Il suo ruolo nel dibattito etico ha travalicato il campo della medicina e della salute: si è battuto contro la pena di morte, l’ergastolo e per la riforma del sistema carcerario. Per questo motivo ha creato e sostenuto l’iniziativa Science for Peace.
Fervente antiproibizionista, ha promosso la depenalizzazione dell’uso delle droghe leggere e più volte sostiene l’importanza di una regolamentazione dei derivati della cannabis, soprattutto per i suoi usi terapeutici in materia di terapia del dolore.
Nel campo della sanità ha sostenuto la centralità della ricerca. Per questo ha promosso la creazione degli Irrcs, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e ha cercato di convincere la politica (prima da ministro della salute, poi da senatore) che la ricerca pubblica è una priorità: senza sono le aziende a fare il bello e il cattivo tempo.
Umberto Veronesi faceva parte di una generazione di medici che hanno fatto la storia della medicina in Italia e che sono cresciuti all’interno dell’Istituto Tumori di Milano, il primo luogo di cura che ha approcciato la malattia oncologica con l’occhio della modernità.
Tutti i malati oncologici, e AIRC in particolare, devono molto alla sua lungimiranza di medico e scienziato e alla sua instancabile tenacia nel perseguire l’obiettivo di terapie più umane, efficaci e accessibili a tutti.
A Veronesi si deve la nascita della Giornata per la Ricerca sul Cancro nel 1998, una delle attività più qualificanti di AIRC, che ancora oggi ogni anno informa la cittadinanza sui risultati raggiunti per la cura del cancro e sull’importanza di sostenere il lavoro dei ricercatori.